“La vita nel seminario è un cammino di rettificazione interiore. Bisogna lasciare che il Signore scruti il cuore e mostri con chiarezza che cosa muove le nostre decisioni… Questo richiede un discernimento continuo. La sincerità davanti a Dio e davanti ai formatori protegge dall’autogiustificazione e aiuta a correggere per tempo ciò che non è evangelico. Un seminarista che impara a vivere in questa chiarezza diventa un uomo maturo, libero dall’ambizione e dal calcolo umano, libero di donarsi senza riserve. In questo modo, l’ordinazione sarà la conferma gioiosa di una vita configurata con Cristo fin dal seminario, e l’inizio di un cammino autentico”, dice il Papa.
“Il cuore del seminarista si forma nel rapporto personale con Gesù. La preghiera non è un esercizio accessorio: in essa si impara a riconoscere la sua voce e a lasciarsi guidare da Lui. Chi non prega, non conosce il Maestro; e chi non lo conosce, non può amarlo veramente né configurarsi con Lui. Il tempo dedicato alla preghiera è l’investimento più fecondo della vita, perché lì il Signore modella i sentimenti, purifica i desideri e rafforza la vocazione. Non può parlare di Dio chi parla poco con Dio! Cristo si lascia incontrare in modo privilegiato nella Sacra Scrittura. È necessario accostarsi ad essa con riverenza, con spirito di fede, cercando l’Amico che si rivela nelle sue pagine”, continua il Pontefice.
“La Chiesa ha sempre riconosciuto che l’incontro con il Signore deve radicarsi nell’intelligenza e diventare dottrina. Per questo lo studio è un cammino indispensabile affinché la fede diventi solida, ragionata e capace di illuminare gli altri. Chi si forma per essere sacerdote non dedica tempo allo studio per mera erudizione, ma per fedeltà alla propria vocazione. Il lavoro intellettuale, specialmente quello teologico, è una forma di amore e di servizio, necessario per la missione, sempre in piena comunione con il Magistero”, ricorda il Papa.
“Una pietà senza dottrina diventa sentimentalismo fragile; una dottrina senza preghiera diventa sterile e fredda. Coltivate entrambe con equilibrio e passione, sapendo che solo così potrete annunciare autenticamente ciò che vivete e vivere con coerenza ciò che annunciate”, questo il consiglio del Pontefice.
“Voi, candidati al sacerdozio, siete chiamati a fuggire la mediocrità, in mezzo a pericoli molto concreti: la mondanità che dissolve la visione soprannaturale della realtà, l’attivismo che sfinisce, la dispersione digitale che ruba l’interiorità, le ideologie che deviano dal Vangelo e, non meno grave, la solitudine di chi pretende di vivere senza il presbiterio e senza il proprio vescovo. Un sacerdote isolato è vulnerabile. La fraternità e la comunione sacerdotale sono intrinseche alla vocazione. La Chiesa ha bisogno di pastori santi che si donino insieme, non di funzionari solitari; solo così potranno essere testimoni credibili della comunione che predicano”, continua il Pontefice.
“Cari figli, nel concludere desidero assicurarvi che avete un posto nel cuore del Successore di Pietro. Il seminario è un dono immenso ed esigente, ma non siete mai soli in questo cammino. Dio, i santi e tutta la Chiesa camminano con voi, e in modo particolare il vostro vescovo e i vostri formatori, che vi aiutano a crescere «finché Cristo sia formato in voi» (Gal 4,19). Accogliete da loro la guida e la correzione come gesti d’amore. Ricordate anche la sapienza di san Toribio di Mogrovejo, tanto amato a Trujillo, che amava dire: “Il tempo non è nostro, è molto breve, e Dio ci chiederà stretto conto del modo in cui lo abbiamo impiegato” , conclude il Papa.
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