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Don Sorrentino: "Il quadro della Madonna di Pompei, lezione di umiltà e fiducia in Dio"

150 anni dell'arrivo del quadro di Pompei. Stamane la celebrazione con Parolin. L'intervista a don Sorrentino, autore di diversi saggi su Longo e il quadro della Madonna di Pompei

Quadro della Vergine del Rosario di Pompei | Quadro della Vergine del Rosario di Pompei | Credit Vatican Media Quadro della Vergine del Rosario di Pompei | Quadro della Vergine del Rosario di Pompei | Credit Vatican Media

 

AciStampa in occasione del 150° anniversario dell'arrivo del Quadro della Madonna a Pompei, ha intervistato don Salvatore Sorrentino, della Prelatura della Diocesi di Pompei. Don Sorrentino è autore di diversi volumi legati alla figura di Bartolo Longo e della stessa efige mariana. Uno degli ultimi suoi testi, "L'iconografia del Rosario, dagli inizi a Pompei. Percorso storico e fondamenti teologici" (Editrice Gaia, 2016) presenta, appunto, un accurato e prezioso studio sul quadro mariano di Pompei e non solo. 



Quale emozione “si respira” a Pompei, don Sorrentino, in questi giorni delle celebrazioni per i 150 anni dall'arrivo del quadro della Madonna del Rosario nella città campana?

 

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È ancora viva nel nostro cuore l'emozione provata nel momento in cui papa Leone XIV proclamava Santo Bartolo Longo in piazza san Pietro lo scorso 19 ottobre. Questa gioia si unisce in maniera mirabile con quella che promana da un altro evento, la celebrazione dei 150 anni dall'arrivo del quadro della Madonna del Rosario a Valle di Pompei, il 13 novembre 1875, proveniente da Napoli, su un umile carro di letame, condotto da Angelo Tortora, un contadino di Valle. Il letame è utilizzato per concimare il terreno e renderlo fertile affinché i semi piantati possano germogliare e portare frutto. È facile l'accostamento di questo fatto di natura con l'arrivo dell'icona mariana a Valle di Pompei. Maria, Madre della divina grazia, come si recita nelle Litanie lauretane, così come avvenne nella visitazione a santa Elisabetta, porta in quella desolata valle, dove, come scrive san Bartolo, «insieme alla Religione era frammista la più grossa superstizione; i pregiudizi e le credenze tenevano luogo delle massime evangeliche» e si ricorreva «senza rito alle stregonerie» ( Storia del Santuario , copia anastatica, 1981, 47), il frutto del suo grembo, Gesù, unico Salvatore del mondo. In occasione della sua visita pastorale a Pompei, il 19 ottobre 2008, papa Benedetto XVI, parlando dell'opera pompeiana, nella sua omelia, ebbe a dire: «Chi avrebbe potuto pensare che qui, accanto ai resti dell'antica Pompei, sarebbe sorto un Santuario mariano di portata mondiale? E tante opere sociali volte a tradurre il Vangelo in servizio concreto alle persone più in difficoltà? Dove arriva Dio, il deserto fiorisce!». E Dio arriva attraverso Maria, colei attraverso la quale Dio aveva fatto aveva rifiorire l'anima di san Bartolo smarritasi nel deserto dello spiritismo. A 150 anni da quell'arrivo, ancora oggi i nostri occhi si levano verso l'icona della Madonna del Rosario, per contemplare, uniti al suo cuore immacolato, quel Bambino divino che ella regge sulle sue ginocchia, i cui misteri si snodano lungo la corona del rosario. Una gioia, un'emozione corroborata da un altro grande dono, la visita del Legato Pontificio, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, che presiederà la santa Messa in occasione del felice evento. Di questo dono ringraziamo il Romano Pontefice Leone XIV.



"Roccaforte di Pace", così è stata definita Pompei da papa Leone XIV nella sua recente Lettera indirizzata al cardinale Pietro Parolin, Legato Pontificio per le celebrazioni dei 150 anni dell'arrivo del quadro. La pace. Ne abbiamo molto bisogno. E dove c'è la Vergine Maria, non può che esserci pace…

San Bartolo Longo aveva compreso che per farsi santo occorreva stringere una forte relazione con Maria, presente insieme a Gesù nella sua anima. Come ogni cristiano, anche lui aveva ricevuto il dono dello Spirito Santo a cominciare dal battesimo. Nel grembo della Chiesa, prolungamento mistico del grembo verginale di Maria, anche Bartolo, come Giovanni Battista in seno ad Elisabetta, udì il saluto della giovane figlia di Sion: shalom , pace. E la pace, cioè Gesù, morto e risorto, venne ad abitare nel suo cuore per opera dello Spirito Santo. E con Gesù c'era anche Maria, anch'ella risorta; uniti nella gloria, con tutta la loro storia relazionale, unica e irripetibile, a cominciare dal mistero dell'incarnazione. Una pace ritrovata dopo la parentesi buia dello spiritismo, proprio grazia a Maria, Regina della Pace. Dopo la conversione, avvenuta il 29 maggio 1865, il santo, infatti, scrive: In quel giorno che mai si cancellerà dalla mia memoria, la Madre dei peccatori, la Regina delle rose celesti, operò un gran prodigio nella persona di quel colpevole; e con un tratto di magnificenza, che Dio solo possiede, elesse quel medesimo sciagurato a promulgare le sue glorie, a fondare un Santuario ove altri colpevoli trovassero perdono e la pace ( I Quindici Sabati , 1883, 18)». La parola Pax campeggia oggi sotto la statua della Madonna che sormonta la maestosa facciata del Santuario, volutamente fortemente da san Bartolo come monumento dedicato alla pace universale, inaugurata il 5 maggio 1901. A partire dal cuore pacificato di san Bartolo, l'opera pompeiana diventa l'opera della pace universale. Scrive, infatti, il Santo: «Augurar la pace in tempo di pace è certo il più bel saluto: ma invocar la pace quando intorno ci rumoreggia la guerra, quello è l'augurio dell'animo credente che ha fede in Dio, speranza nella preghiera universale e confidenza nel patrocinio della Vergine del Rosario, Madre dell'umanità, arbitra delle grazie divine, Regina della Pace ( Il Rosario e la Nuova Pompei , 1901, 6)». Si comprende quindi la definizione di Pompei come “Roccaforte di pace” data da Leone XIV.

Quale lezione ci lascia per il mondo contemporaneo la storia del quadro di Pompei?

La storia del quadro della Madonna di Pompei lascia al mondo contemporaneo una lezione di umiltà e di fiducia in Dio, che in Gesù Cristo si è rivelato come il Dio vicino all'uomo, bisognoso di conoscenza, di perdono e di guarigione. “L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio ​​Salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva ( Lc 1, 46-48)”. Sono le parole iniziali del Magnificat , il cantico di Maria, intessuto di citazioni provenienti dall'Antico Testamento, che testimoniano l'amore salvifico di Dio per il suo popolo, Israele, e lodano l'Altissimo che compie grandi cose per chi confida in lui. È in Maria, la Vergine figlia di Sion, che si realizza in pienezza la salvezza di Dio, non solo per Israele, ma a partire da questo popolo per tutta l'umanità. In lei, la piena di grazia, si compiono le profezie antiche, si inaugurano i tempi messianici, e l'umanità viene visitata direttamente da Dio, che nel Figlio si fa carne, per opera dello Spirito Santo, e viene ad abitare in mezzo a noi. Tutto ciò avviene attraverso la fede della giovane fanciulla di Nazareth che dice il suo “sì”, libero e responsabile, all'angelo che le annunziava la divina maternità. Maria è da annoverare tra i cosiddetti Poveri del Signore (gli anawim), credenti poveri di risorse materiali, ma ricchi di un atteggiamento spirituale di totale fiducia nell'onnipotenza di Dio e piena disponibilità alla sua volontà. Ella è la vera “povera in spirito”. Proprio guardando all'umiltà della sua serva, e alla ricchezza della sua fede, Dio compie in lei grandi cose. Il quadro della Madonna del Rosario arriva a Valle di Pompei su un umile carro di letame. È inizialmente un quadro bruttissimo e malandato. Tanto è vero che san Bartolo non lo esporrà subito alla venerazione dei fedeli. Inizierà un periodo di restauri, condotti sotto l'attenta guida del santo avvocato di Valle. Il primo avverrà nel 1876 ad opera di Guglielmo Galella, un discreto pittore di Valle, senza però sortire il risultato sperato da san Bartolo. Il secondo restauro fu realizzato nel 1879 da Federico Maldarelli, un esperto pittore di Napoli, con esito questa volta positiva. Il passaggio dalla bruttezza iniziale del quadro al suo definitivo restauro ad opera del Mardarelli è la metafora della trasformazione interiore di Bartolo Longo, che da spiritista diventa apostolo del rosario. Ma è anche una profezia sull'opera caritativa del Santo, in particolare mondo con l'istituzione benefica a favore dei figli dei carcerati (1892), attraverso la quale Longo smontò, con un approccio sperimentale, la teoria di Cesare Lombroso, che attraverso la fisiognomica gettò le basi della scienza criminale. Il Lombroso mette in relazione le anomalie fisiche, anatomiche e strutturali dell'individuo con la degenerazione morale del delinquente. Di conseguenza, la sua condotta malavitosa non è da scrivere a un atto di volontà, ma promana da deviazioni di struttura. Lo scienziato positivista, inoltre, rilegge tutto questo sotto la prospettiva ereditaria, la “degenerazione ereditaria”, per cui i comportamenti delinquenziali sono chiamati “caratteri degenerativi”. Bartolo Longo, il santo educatore dell'infanzia sofferente, con il suo metodo basato sulla preghiera e sul lavoro, dimostrerà infondate e quindi non scientifiche le supposizioni del Lombroso. La redenzione di Cristo salva veramente l'uomo.

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Un anno importante, questo, il 2025 per Pompei: prima la canonizzazione di Bartolo Longo, ora le celebrazioni per il quadro della Vergine del Rosario. Quali sono i prossimi appuntamenti che vedono Pompei protagonista?  

 

Un anno straordinario il 2025. Ricco di grazie celesti. In particolare per la Chiesa particolare di Pompei. L'anno che verrà, il 2026, non sarà da meno. Ci accingiamo, infatti, alla celebrazione del centenario della morte di san Bartolo Longo, avvenuta il 5 ottobre 1926. Si profila, quindi, un anno ricco di impegni. Un anno nuovo che fa nascere nel cuore di noi pompeiani un pio desiderio, quello di ricevere la visita del Santo Padre Leone XIV il prossimo 8 maggio, giorno della sua elezione a Pastore della Chiesa universale, giorno della Supplica alla Madonna di Pompei. L'auspicio è che il nostro desiderio sia anche quello di Dio.

 

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