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Don Nicola Rotundo: l’educazione al tempo dell’Intelligenza Artificiale

Perché per la Chiesa l’educazione ‘non è attività accessoria, ma forma la trama stessa dell’evangelizzazione’?

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“Viviamo in un ambiente educativo complesso, frammentato, digitalizzato. Proprio per questo è saggio fermarsi e recuperare lo sguardo sulla ‘cosmologia della paideia cristiana’: una visione che, lungo i secoli, ha saputo rinnovare sé stessa e ispirare positivamente tutte le poliedriche sfaccettature dell’educazione. Fin dalle origini, il Vangelo ha generato ‘costellazioni educative’: esperienze umili e forti insieme, capaci di leggere i tempi, di custodire l’unità tra fede e ragione, tra pensiero e vita, tra conoscenza e giustizia. Esse sono state, in tempesta, àncora di salvezza; e in bonaccia, vela spiegata. Faro nella notte per guidare la navigazione”.

Prendendo spunto da questo paragrafo del proemio della lettera apostolica ‘Disegnare nuove mappe di speranza’, che papa Leone XIV ha scritto per il 60^ anniversario della Dichiarazione conciliare ‘Gravissimum educationis’ sull’educazione, abbiamo iniziato un dialogo con don Nicola Rotundo, presbitero dell’arcidiocesi metropolitana di Catanzaro-Squillace, dottore in Teologia Morale presso l’Accademia Alfonsiana in Roma e Cultore della Materia all’Università della Calabria, ed autore di libri sul rapporto tra teologia ed intelligenza artificiale, quali ‘Per una econom-IA etica’, ‘Intelligenza Artificiale. Un punto di vista etico-sociale’, ‘Etica Armonica. Riflessioni per innovare l’economia e il lavoro’.

Perché per la Chiesa l’educazione ‘non è attività accessoria, ma forma la trama stessa dell’evangelizzazione’?

“La Chiesa deve andare, fare discepoli, battezzare, insegnare ciò che Cristo Gesù ha comandato. Senza insegnamento non c’è evangelizzazione. Evangelizzare è porre il Vangelo e la verità di ogni Parola del Vangelo nel cuore di ogni uomo. Le parole del Santo Padre nella ‘Lettera Apostolica’ affermano come l’educazione sia il modo concreto in cui il Vangelo possa diventare esperienza personale e tessuto sociale. Infatti, educare significa accompagnare la crescita integrale (intelligenza, affettività, volontà e spiritualità) e così rendere visibile la carità evangelica nella vita quotidiana. In questo senso l’annuncio cristiano trova nella scuola, nella famiglia, nelle comunità formative il laboratorio in cui prende forma una vita buona per sé e per gli altri”.

Per quale motivo il papa ha invitato a ‘disegnare nuove mappe di speranza’?

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“Ogni discepolo di Gesù è chiamato a dare pieno sviluppo e pieno compimento alla sua personale mappa già disegnata dallo Spirito del Signore. L’invito di papa Prevost nasce dalla constatazione che il mondo sia cambiato profondamente e che le risposte educative del passato non siano più sufficienti. Disegnare mappe nuove significa inventare percorsi e cammini capaci di orientare in contesti complessi: crisi ambientali, disuguaglianze, fragilità identitarie, innovazioni tecnologiche. E’ un’esortazione a coltivare un umanesimo creativo, corale e profetico che sappia immaginare futuri sostenibili e inclusivi, ridisegnando relazioni educative, spazi formativi e priorità sociali”.

In quale modo l’educazione può ‘navigare nuovi spazi’?

Ogni persona che si lascia evangelizzare è un ‘nuovo spazio’. E’ quindi necessario seminare sempre la Parola di Dio, anche attraverso nuove metodologie e alleanze sociali. Si tratta di promuovere approcci interdisciplinari, imparare ad intessere collaborazioni tra famiglia, scuola, università, parrocchie e realtà civili. Significa anche coltivare capacità di ascolto, discernimento e responsabilità. L’educazione diventa una sorta di ‘navigazione accompagnata’: mappe condivise, con compagni di viaggio competenti e misericordiosi”.

Quale sfida lancia l’Intelligenza Artificiale al mondo educativo?

Dobbiamo ricordare che l’Intelligenza Artificiale è una tra le tante invenzioni dell’uomo; la sfida per il mondo educativo è sapere usare e insegnare a sapere usare questa nuova invenzione.  E’ l’uomo che governa l’Intelligenza Artificiale e non è l’Intelligenza Artificiale che deve governare l’uomo, altrimenti l’uomo diviene schiavo e prigioniero di una macchina. E’ altresì necessario integrare le tecnologie per potenziare apprendimento e accesso, senza perdere il primato della relazione, della creatività, della capacità di errore e del giudizio etico che definiscono la persona. Gli educatori devono diventare mediatori critici, capaci di usare l’Intelligenza Artificiale come alleata e non come surrogato dell’incontro formativo.

Come si mantiene la dignità della persona in un mondo sempre più tecnologizzato?

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Per mantenere la dignità umana, è necessaria una tecnologia «antropocentrica». Questo implica regole etiche nella progettazione tecnologica, educazione alla cittadinanza digitale, e coltivazione di competenze critiche e relazionali. In tal senso le scuole e le comunità devono assumersi la responsabilità di formare cittadini capaci di scegliere e non solo di subire gli output provenienti dai sempre più performanti chatbot”.

Allora, come fare buon uso della tecnologia?

“Ogni invenzione dell’uomo è sempre dall’uso bivalente e anche multivalente. Occorre quindi formare la coscienza morale, insegnando all’uomo che ogni suo atto ha delle conseguenze eterne. Attraverso una formazione di chi è deputato a formare le nuove generazioni, ricordando che tutto è dono di Dio e poi anche dono dell’uomo all’uomo, sarà possibile fare un buon uso della tecnologia”.

Concludendo l’intervista chiediamo un’ultima parola di speranza: “L’educazione rimane la grande risorsa per tracciare mappe di speranza: è attraverso la pazienza formativa, la capacità di ascolto e la creatività educativa che possiamo orientare le nuove generazioni verso un futuro più umano e solidale. Papa Leone XIV, concludendo l’udienza con gli studenti partecipanti al Giubileo del Mondo Educativo nello scorso 30 ottobre, ha rafforzato il concetto: ‘Anche l’Intelligenza Artificiale è una grande novità (una delle ‘rerum novarum’, cioè delle cose nuove) del nostro tempo: non basta tuttavia essere ‘intelligenti’ nella realtà virtuale, ma bisogna essere umani con gli altri’”.

 

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