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Il Papa ai consacrati: "Sconfiggiamo la tentazione della sopravvivenza"

Il Papa presiede la Messa per la XXI Giornata Mondiale della Vita Consacrata |  | Daniel Ibanez CNA
Il Papa presiede la Messa per la XXI Giornata Mondiale della Vita Consacrata | Daniel Ibanez CNA
Il Papa presiede la Messa per la XXI Giornata Mondiale della Vita Consacrata |  | Daniel Ibanez CNA
Il Papa presiede la Messa per la XXI Giornata Mondiale della Vita Consacrata | Daniel Ibanez CNA
Il Papa presiede la Messa per la XXI Giornata Mondiale della Vita Consacrata |  | Daniel Ibanez CNA
Il Papa presiede la Messa per la XXI Giornata Mondiale della Vita Consacrata | Daniel Ibanez CNA

L'incontro tra Gesù Bambino e l'anziano Simeone rappresenta "l’incontro di Dio col suo popolo" che "suscita la gioia e rinnova la speranza". Lo ha detto il Papa nell'omelia della Messa celebrata in San Pietro per la Festa della Presentazione del Signore e XXI Giornata Mondiale della Vita Consacrata. La Messa si è aperta con la benedizione delle candele e la processione dal sagrato all'Altare della Confessione.

Simeone abbracciando Gesù conferma - ha spiegato Francesco - che "la speranza in Dio non delude mai, Egli non inganna. Simeone e Anna, nella vecchiaia, sono capaci di una nuova fecondità, e lo testimoniano cantando: la vita merita di essere vissuta con speranza perché il Signore mantiene la sua promessa".

Questa speranza l'abbiamo ricevuta - ha aggiunto il Pontefice - dai nostri padri. Noi "siamo eredi dei nostri anziani che hanno avuto il coraggio di sognare; e, come loro, oggi vogliamo anche noi cantare: Dio non inganna, la speranza in Lui non delude. Dio viene incontro al suo popolo".

Questo sogno va accolto anche oggi, in maniera profetica. "Sogno e profezia - ha osservato Papa Francesco - insieme. Memoria di come sognarono i nostri anziani, e coraggio per portare avanti, profeticamente, questo sogno. Questo atteggiamento ci renderà fecondi, ma soprattutto ci preserverà da una tentazione che può rendere sterile la nostra vita consacrata: la tentazione della sopravvivenza. Un male che può installarsi a poco a poco dentro di noi, in seno alle nostre comunità".

Questo è un male - è il monito del Papa gesuita - che "ci fa diventare reazionari, paurosi, ci fa rinchiudere lentamente e silenziosamente nelle nostre case e nei nostri schemi. Ci proietta all’indietro, verso le gesta gloriose – ma passate – che, invece di suscitare la creatività profetica nata dai sogni dei nostri fondatori, cerca scorciatoie per sfuggire alle sfide che oggi bussano alle nostre porte".

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I carismi non vanno nè addomesticati, nè resi facili. Non dobbiamo "proteggere spazi, edifici o strutture" evitando che siano così "possibili nuovi processi". In questo modo saremo "professionisti del sacro ma non padri, madri o fratelli della speranza che siamo stati chiamati a profetizzare". Non saremo più capaci di sognare e di essere profeti.

"La tentazione della sopravvivenza - sintetizza il Papa - trasforma in pericolo, in minaccia, in tragedia ciò che il Signore ci presenta come un’opportunità per la missione. Questo atteggiamento non è proprio soltanto della vita consacrata, ma in modo particolare siamo invitati a guardarci dal cadere in essa".

Simeone e Anna non restano chiusi per paura, incontrano Gesù e sperimentano la gioia. Oggi - ha detto ancora il Pontefice - anche noi comportandoci così avremo "la gioia e la speranza, solo questo ci salverà dal vivere in un atteggiamento di sopravvivenza. Solo questo renderà feconda la nostra vita e manterrà vivo il nostro cuore. Mettere Gesù là dove deve stare: in mezzo al suo popolo".

Come consacrati dobbiamo "essere lievito. Certamente potranno esserci farine migliori, ma il Signore ci ha invitato a lievitare qui e ora, con le sfide che ci si presentano. Non con atteggiamento difensivo, non mossi dalle nostre paure, ma con le mani all’aratro cercando di far crescere il grano tante volte seminato in mezzo alla zizzania".

L'obiettivo - ha concluso Francesco - deve essere quello di "mettere Gesù in mezzo al suo popolo" avendo "un cuore contemplativo, capace di riconoscere come Dio cammina per le strade delle nostre città, dei nostri paesi, dei nostri quartieri", aiutando "a portare la croce dei nostri fratelli. E’ voler toccare le piaghe di Gesù nelle piaghe del mondo, che è ferito e brama e supplica di risuscitare. Non come attivisti delle fede, ma come uomini e donne che sono continuamente perdonati, uomini e donne unti nel battesimo per condividere questa unzione e la consolazione di Dio con gli altri". Come consacrati dobbiamo essere in mezzo al popolo insieme a Cristo e uscire da noi stessi perchè "non solo fa bene, ma trasforma la nostra vita e la nostra speranza in un canto di lode. Ma questo possiamo farlo solamente se facciamo nostri i sogni dei nostri anziani e li trasformiamo in profezia".