“Insegnare è un lavoro bellissimo”, dice Papa Francesco ai professori dell’Uciim chiamandoli “colleghi”: “Peccato che gli insegnanti siano malpagati”; “E’ un’ingiustizia”. Questa mattina in Aula Paolo VI, i membri dell’Unione cattolica italiana degli insegnanti medi sono stati ricevuti in udienza dal Papa in occasione del settantesimo anniversario dell’Associazione.


Papa Francesco ha parlato della sua esperienza, “anch’io sono stato insegnante come voi e conservo un bel ricordo delle giornate passate in aula con gli studenti”, ma anche della dignità degli insegnanti, spesso mal pagati: “Perché non c’è soltanto il tempo che spendono per fare scuola, poi devono prepararsi, poi devono pensare ad ognuno degli alunni: come aiutarli ad andare avanti”.

Serve investire nella scuola, perché si sente il bisogno di “grandi educatori” per le nuove generazioni, che sappiano avere l’”atteggiamento” dell’amore e andare nelle “periferie delle scuole”, perché “per imparare i contenuti è sufficiente il computer, ma per capire come si ama, per capire quali sono i valori e quali abitudini sono quelle che creano armonia nella società ci vuole un buon insegnante”.

Il pensiero va all’Argentina. “Io penso al mio Paese, che è quello che conosco: poveretti, per avere uno stipendio più o meno che sia utile, devono fare due turni! Ma un insegnante come finisce dopo due turni di lavoro?”.

Ma in fin dei conti, quello dell’insegnante, secondo Papa Francesco, “è un lavoro malpagato, ma bellissimo perché consente di veder crescere giorno dopo giorno le persone che sono affidate alla nostra cura. È un po’ come essere genitori, almeno spiritualmente. E’ anche una grande responsabilità!”.

“Insegnare – continua Papa Francesco - è un impegno serio, che solo una personalità matura ed equilibrata può prendere. Un impegno del genere può incutere timore, ma occorre ricordare che nessun insegnante è mai solo: condivide sempre il proprio lavoro con gli altri colleghi e con tutta la comunità educativa cui appartiene”.

Riferendosi alla storia dell’Associazione, fondata dal professor Gesualdo Nosengo, Bergoglio fa notare come, anche se “in 70 anni l’Italia è cambiata, la scuola è cambiata”, tuttavia “ci sono sempre insegnanti disposti ad impegnarsi nella propria professione con quell’entusiasmo e quella disponibilità che la fede nel Signore ci dona”.

Gli insegnanti devono partire “dal proprio prossimo, gli studenti”; ecco perché “fra i compiti dell’UCIIM” c’è “quello di illuminare e motivare una giusta idea di scuola, oscurata talora da discussioni e posizioni riduttive”. Infatti, “la scuola è fatta certamente di una valida e qualificata istruzione, ma anche di relazioni umane, che da parte nostra sono relazioni di accoglienza, di benevolenza, da riservare a tutti indistintamente. Anzi, il dovere di un buon insegnante – a maggior ragione di un insegnante cristiano – è quello di amare con maggiore intensità i suoi allievi più difficili, più deboli, più svantaggiati”. “A voi chiedo – ripete con forza il Papa - di amare di più gli studenti “difficili”, quelli che non vogliono studiare, quelli che si trovano in condizioni di disagio, i disabili , gli stranieri, che oggi sono una grande sfida per la scuola”.

Anche la scuola ha le sue “periferie”, “che non possono essere abbandonate all’emarginazione, all’ignoranza, alla malavita. In una società che fatica a trovare punti di riferimento, è necessario che i giovani trovino nella scuola un riferimento positivo”. E “può esserlo o diventarlo se al suo interno ci sono insegnanti capaci di dare un senso alla scuola, allo studio e alla cultura, senza ridurre tutto alla sola trasmissione di conoscenze tecniche ma puntando a costruire una relazione educativa con ciascuno studente, che deve sentirsi accolto ed amato per quello che è, con tutti i suoi limiti e le sue potenzialità”.