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Libri, quando i viaggi non erano turismo, il racconto del Beato Odorico e mille paesi

Un dettaglio della copertina  |  | Edizioni Messaggero di Padova Un dettaglio della copertina | | Edizioni Messaggero di Padova
"Incomincia il libro delle cose nuove e meravigliose che frate Odorico dell'Ordine dei Frati Minori disse di aver trovato nei paesi al di là del mare e nelle tre Indie e in molti altri regni durante i quattordici anni del suo viaggio in Oriente".
 
E' questo l'incipit quasi fiabesco del racconto dei viaggio di questo frate e beato, Odorico da Pordenone, sorprendente protagonista e narratore, le cui memorie devono essere collocate tra i più straordinari diari di viaggio del Medioevo. Un itinerario, quello da lui seguito nei primi anni del Trecento,  che sembra ricalcare, almeno in parte,  le orme del più noto Marco Polo, che a sua volta era stato preceduto in quell'itinerario nei favolosi mondi dell'Asia e della Cina proprio da altri frati francescani.
 
Mossi certo non dal desiderio di scoprire quali ricchezze e commerciali si nascondessero e potessero essere sfruttate, dallo spirito imprenditoriale e mercantile, ma dal "fuoco" dell'evangelizzazione.

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Il viaggio è sempre un tema-principe per la letteratura e per le biografie della maggioranza degli uomini , oltre a quelli più famosi, ed e' la clonna portante delle vite di moltissimi santi e beati. E' costitutivo dell'animo umano, anche se ai nostri giorni il viaggio è quasi sempre ridotto a "turismo", e di massa, perdendo il suo significato più profondo e originario. In questo scorcio di estate,  comunque, riflettere sul significato del viaggio, e magari farsi ispirare per una reale esperienza in tal senso, è ancora più stimolante. 
 
Le memorie del beato Odorico sono appena state ristampate in una edizione nuova di zecca a cura delle Edizioni Messaggero di Padova, quindi si tratta di un'ottima occasione per scoprirle. Il frate nacque probabilmente intorno al 1280 nel territorio friulano di Pordenone. Viaggio' a lungo nel mondo orientale , al ritorno decise di fare una relatio,  una relazione, da inviare alla curia papale che in quel periodo si trovava ad Avignone - si era nel 1330 -  e trovandosi proprio nel convento di Sant'Antonio a Padova, volle dettare le sue memorie di viaggio allo scriba frate Guglielmo da Solagna.
 
Un parallelo di quanto accade a Marco Polo che detto' i propri ricordi a Rustichello da Pisa. Il Papa e la curia, come tutti del resto,  erano particolarmente curiosi e affascinati dall'Oriente e desiderosi di tessere buoni rapporti con quel mondo. Quindi sono state molte le missioni di frati e sacerdoti prima di fra' Odorico e molte altre seguiranno le sue orme.

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Se si getta un'occhiata alla mappa che tratteggia il cammino, via terra, e le traversate per mare di frate Odorico si resta impressionati. Sfilano davanti agli occhi nomi magici e leggendari: Costantinopoli, Trebisonda, Hormuz,  Ceylon,  Giava, Borneo, canton, Nanchino, Pechino. .. e poi le terre del Tibet, del Pamir. Tutti attraversati, con grandi pericoli e grande senso dell'avventura,  dal fraticello sempre attento, curioso, annnotando gli usi e i costumi, senza pregiudizio, sempre animato dal desiderio di far conoscere Cristo.
 
Con poche, vigorose pennellate scaturite da una lingua semplice ed efficace, davanti ai nostri occhi di lettori smaliziati appaiono le meraviglie e i miracoli. Il martirio di quattro confratelli che vengono torturati e uccisi varie volte dalle autorità islamiche, mentre il popolo li acclamata già come santi, e che rimangono illesi tra fuoco, scimitarre  e impiccagioni e quando alla fine sono trucidati, sono i loro corpi,  le loro ossa a operare ancora miracoli per frate Odorico,  salvandolo da incendi e naufragi. 
 
E in poche righe ecco balzare davanti a noi città fantasmagoriche, frutti dalle misteriose proprietà,  mari immensi, carovane nei deserti. Fino ai palazzi del Gran Kahn della Cina, l'impero del Catai e le terre del Tibet. Ci sono rischi, minacce di morte, incredulità e violenze, ma anche incontri memorabili, accoglienza nelle case di gente umile e di grandi principi e re, dialogo e incontro, tanto che Odorico, pensando al futuro, spera di poter tornare in queste contrade remote e qui finire i suoi giorni.  
 
"Molte altre cose ho tralasciato e non le ho fatte scrivere, poiché per alcuni sembrerebbero incredibili, a meno che non le vedessero con i propri occhi", sottolinea l'autore. Lo sguardo è sempre vigile, attento alle piccole cose e ai grandi eventi, mentre osserva, ad esempio, nella, penisola indiana da lui definita Ormes,  l'attuale Hormuz,  i leoni "in grande quantità", i pipistrelli "grandi come le nostre colombe" e i topi dalle dimensioni di serpenti,  tanto che qui non vengono cacciati dai gatti, ma dai cani. 
 
Quatttordici anni di viaggi, poi il ritorno per far conoscere quello che ha visto e vissuto, nel nome di Cristo e della sua Chiesa, e ritorna a Padova, nel convento dei frati antoniani,  "poiché era stato avvertito da un angelo che presto sarebbe morto", come spiega all'inizio delle sue memorie.  Il segno del miracoloso, della bellezza e della fiducia nella misericordia divina resta impresso e non sbiadisce mai.
 

 

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