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Quando Paolo VI invitò i padri sinodali a pranzo per creare fraternità

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Si era già arrivati al 1974, la quarta assemblea sinodale, la terza ordinaria e Papa Paolo VI che il Sinodo l’aveva reso realtà dopo il Concilio Vaticano II, invitò i circa duecento padri sinodali a pranzo.

Iniziava così una consuetudine di fraternità conviviale che si è mantenuta fino Benedetto XVI.

Il Sinodo dei vescovi si era riunito per la prima volta nel 1967. La lingua del dibattito e degli interventi era il latino, lingua che i padri sinodali maneggiavano con facilità e, come ancora oggi, si svolgeva nel mesi di ottobre.

Il documento di magistero che lo istituiva era il Motu proprio di Montini “ Apostolica sollicitudo” ed è stata firmata il 15 settembre 1965, quando il Concilio non era ancora stato chiuso.

Paolo VI aveva molto amato nonostante le difficoltà l’atmosfera di scambio del Concilio: “In questa nostra età, veramente turbinosa e piena di pericoli, ma tanto largamente aperta ai soffi salutari della grazia divina, esperimentiamo ogni giorno quanto giovi al Nostro dovere apostolico una tale unione con i sacri Pastori, che perciò noi intendiamo in ogni modo promuovere e favorire”, scriveva nel Motu proprio. “E ora- scriveva- volgendo ormai il Concilio Ecumenico Vaticano II alla conclusione, riteniamo sia giunto il momento opportuno per tradurre finalmente in realtà il progetto da tempo concepito; e ciò facciamo tanto più volentieri in quanto sappiamo che i Vescovi del mondo cattolico appoggiano apertamente questo Nostro progetto, come risulta dai pareri di molti sacri Pastori, che a tal proposito sono stati espressi nel Concilio Ecumenico”.

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Ci vollero due anni per aprire il primo nel 67 dedicato alla fede, nel 69 assemblea straordinaria per parlare delle collegialità episcopale, nel ’71 sacerdozio e giustizia, e nel 74 il tema era l’evangelizzazione. Ecco perché il Papa chiamò tutti i padri a colazione all’ Urbaniana sul Gianicolo.

Fu la notizia più popolare del Sinodo del 1974. Anche se proprio da qual Sinodo uscì il primo documento significativo: la Evangelii nuntiandi datata 1975.

Paolo VI ne guidò solo un’altra nel 1977 dedicata alla catechesi e il documento fu firmato da Giovanni Paolo II: Catechesi tradendae, nel 1979. 

Il Sinodo del 1967 era incerto. Non si sapeva bene chi della Curia dovesse partecipare ad esempio. I cardinali residenti a Roma pensavano di sostenere il loro diritto di intervento anche se non erano capi dicastero. L’assemblea si svolgeva in quella che veniva chiamata allora “Sala delle Teste Rotte”  conosciuta oggi come “ Aula vecchia del Sinodo” nel Palazzo Apostolico.

Solo nel 1971 si arrivò all’Aula nel grande edificio di Nervi. E si decisa di creare un vero bollettino del Sinodo con i maggiori interventi grazie al “ Comitato per l’informazione”.

Nel 1971 il tema “caldo” era quello del celibato sacerdotale oltre quello della giustizia nel mondo. Due temi abbastanza distanti in effetti, ma che in quegli anni si intrecciavano spesso, erano i tempi dei preti operai ad esempio. Ai vescovi vengono inviati per la prima volta degli “schemi preparatori”.

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Il dibattito si accende sulla giustizia, e sul celibato. I vescovi nonostante i venti del ’68 che soffiano ancora forti, dicono con Paolo VI si al celibato. Ma la battaglia sembra che in aula sia stata forte. Le voci dai cattolici perseguitati in Sudan cercano spazio tramite il Sinodo e arriva anche il tema del ruolo della donna.

Il Sinodo del 1974 fu turbato anche dalla questione cilena. I due vescovi nominati dissero di non poter venire per motivi pastorali e sarebbero arrivati i supplenti. Ma il problema era politico, perché al tempo in Cile c’era Pinochet e molti pensarono che il cardinale Silva e il vescovo Ascarza di fatto vennero impediti e al loro posto arrivarono due vescovo meno “antigovernativi”.

Il dibattito dovette essere acceso in aula tanto che il documento in un primo momento venne bocciato.

Ma fu anche l’anno in cui per la prima volta al Sinodo parlò un pastore luterano. Era il  giamaicano Philip Potter all’epoca segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese. La Chiesa è una minoranza o è in via di divenirlo, disse, occorre un cambiamento radicale di stile per la evangelizzazione.

L’assemblea sinodale non ha mai tenuto lavori “pubblici” ma i testi venivano diffusi. Ma alcuni chiesero il totale riserbo, come il cardinale Wyszynski. Erano tempi difficili in Polonia, ma la gente voleva sapere, anche gli uomini di Chiesa capivano la importanza dei media. E i media di questo testo cercarono a lungo di capire il contenuto.

Quando si arrivò al Sinodo del 1977 l’atmosfera sembrava diversa. Tre anni prima sembrava che il Sinodo fosse stato un fallimento perché i contrasti tra i padri avevano impedito la redazione di un documento finale. Ma nel 1977 successe il contrario, troppo poco dibattito si disse. A “guidare” l’assemblea oltre il Papa che però già anziano e malato sarebbe morto l’agosto successivo, erano stati i cardinali Baggio, Thiandoum e Riberio. E Baggio spiegò che i Padri avevano lavorato “ senza condizionamenti di qualsiasi genere, nemmeno quello di certi cliches pubblicistici”.

Si parlava di catechesi e i temi sono talmente attuali che a leggere i resoconti sembra siano stati stampati ieri a cominciare dalla necessità di coinvolgere nella formazione religiosa tutte le componenti della società.