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A Palermo "il sorriso di Don Pino è quello dei bambini di Brancaccio"

Il Centro Padre Nostro a Brancaccio |  | Daniel Ibanez CNA
Il Centro Padre Nostro a Brancaccio | | Daniel Ibanez CNA
Il Centro Padre Nostro a Brancaccio |  | Daniel Ibanez CNA
Il Centro Padre Nostro a Brancaccio | | Daniel Ibanez CNA
La Parrocchia di San Gaetano |  | Daniel Ibanez CNA
La Parrocchia di San Gaetano | | Daniel Ibanez CNA

Sabato pomeriggio Papa Francesco ha visitato la Parrocchia di San Gaetano a Brancaccio, periferia di Palermo, e la casa dove ha vissuto fino alla sua uccisione - il 15 settembre di 25 anni fa - Padre Pino Puglisi, ucciso in odio alla fede dalla mafia. Per le strade di Brancaccio tutto parla ancora di Don Pino: la sua parrocchia, il suo centro “Padre Nostro”. E di tutto questo ACI Stampa ha parlato con una giovane volontaria della Parrocchia di San Gaetano, Valentina Casella.

I miei genitori hanno conosciuto Don Pino, mio papà ha fatto la Prima Comunione con lui. Io non lo ho conosciuto però posso dire di averlo incontrato nel 2010: suona strano, ma quando - arrivata a un certo punto - scegli il tuo quartiere, cominci a camminare per le strade del tuo quartiere, incontri i bambini, allora riconosci quel sorriso e capisci che Don Pino è ancora presente a Brancaccio.

Come si vive oggi a Brancaccio, 25 anni dopo l’uccisione di Don Pino?

Allora, certe cose senza ombra di dubbio sono cambiate: ci sono alcuni servizi in più come la scuola media. Però c’è ancora tanta strada da fare, ecco perché noi vogliamo essere un segno nel quartiere e dire che noi ci siamo, che siamo ancora qui. L’hanno ammazzato, ma noi ci siamo. 

Che vuol dire per voi ricevere la visita del Papa?

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E’ una emozione grandissima. E’ un dono così grande che noi pensiamo di non aver meritato. Però  ci rendiamo conto che questo è uno dei grandi regali che Don Pino ci ha fatto e ci continua a fare. 

Come si riparte dopo questo incontro con il Papa?

Continuando a scegliere il quotidiano, continuando a fare quello che facciamo ogni giorno impegnandoci fino alla fine, perché è questo che ci insegna Don Pino. Lui muore perché fa il sacerdote e lo fa fino alle fine, ed è quello che noi proviamo nel quotidiano ognuno nel proprio ruolo. E’ un impegno quotidiano che ti spinge a scegliere il bene.

Quali difficoltà incontrate? 

Spesso le difficoltà vengono da chi non conosce quello che facciamo, poi però la gente si apre, ti affida i bambini, te li portano volentieri. Noi andiamo anche a casa a prenderli e così nasce il rapporto di fiducia. All’inizio è solo perché non ci conoscono.

Cosa fate per Brancaccio?

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Noi facciamo principalmente attività di oratorio e di catechismo, con una piccola particolarità: siamo noi che andiamo per la strada a chiamare i bambini. 

Quanti siete in questo centro?

Siamo una decina, tutti giovani dai 14 ai 24 anni. C’è chi studia, chi lavora, chi frequenta il liceo…La gente è disponibile con noi, ma questo è dovuto anche alle suore di Madre Teresa che insieme a noi fanno attività oratoriali e ci danno una grande mano. Si può dire alla fine che Don Pino ci apre tante case: Don Pino continua a lavorare qui a Brancaccio.