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Assemblea CEI, la fotografia del Cardinale Zuppi sulla Chiesa italiana e sul Paese

Ieri pomeriggio era stato il Papa ad intervenire, con un botta e risposta con i vescovi rigorosamente a porte chiuse come accade ormai da qualche anno per volere dello stesso Pontefice

L'Assemblea Generale CEI - ACISTAMPA |  | L'Assemblea Generale CEI - ACISTAMPA
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Il Cardinale Matteo M. Zuppi - ACISTAMPA |  | Il Cardinale Matteo M. Zuppi - ACISTAMPA
Il Cardinale Matteo M. Zuppi - ACISTAMPA | | Il Cardinale Matteo M. Zuppi - ACISTAMPA

Il Cardinale Matteo Maria Zuppi ha aperto stamane con una lunga introduzione il secondo giorno di lavori della 77/ma Assemblea Generale della CEI. Ieri pomeriggio era stato il Papa ad intervenire, con un botta e risposta con i vescovi rigorosamente a porte chiuse come accade ormai da qualche anno per volere dello stesso Pontefice. 

Il pensiero del porporato è andato immediatamente alla tragedia dell’alluvione in Emilia Romagna per passare poi alla guerra in Ucraina, ma non solo, prendendo spunto dalla Pacem in Terris di Giovanni XXIII di cui tra pochi giorni ricorre il 60/mo della morte. 

“Siamo chiamati a una fervente e insistente preghiera per la pace in Ucraina. C’è una cultura di pace tra la gente da generare e fortificare. La solidarietà con i rifugiati – quelli ucraini, ma non solo – è un’azione di pace. I conflitti si moltiplicano. Penso al Sudan e al suo dramma umanitario. In un mondo come il nostro non possiamo prescindere da una visione globale. Seguire le vicende dolorose dei Paesi lontani, con la preghiera e l’informazione, è una forma di carità. Del resto la cultura della pace è un capitolo decisivo della cultura della vita, che trae ispirazione dalla fede”, ha detto il Cardinale Presidente.

Sul fronte del cammino sinodale, il Cardinale Zuppi ha ribadito che esso “perché funzioni, deve avvenire nell’esperienza concreta, accettando l’imprevedibilità dell’incontro, misurandosi con le domande che agitano le persone e non quello che noi pensiamo vivano, per trovare assieme le risposte. Il Cammino sinodale non corrisponde a una logica interna né mira a un riposizionamento in tono minore, difensivo o offensivo, ma alla compassione di fronte alla grande folla che accompagna sempre la piccola famiglia di discepoli”.

Il cammino sinodale entra ora nella fase sapienziale. “Non ci sarà vero discernimento - ha osservato il Presidente della CEI - se non sapremo continuare ad ascoltare cosa lo Spirito continua a chiederci anche in questa seconda fase del nostro percorso. Non possiamo nascondere che in questa prima fase del Cammino sinodale sono emerse fatiche, in vari ambiti e per varie ragioni. Dobbiamo registrare alcune difficoltà nei nostri presbiteri, che ovviamente ci devono far riflettere. Il processo, però, è avviato e procede, grazie alla dedizione di tanti. Il Cammino sinodale ci educa al discernimento e alla lettura dei segni dei tempi. Timidezza e pessimismo non sono fondati, perché c’è una chiamata della Chiesa espressa da tanti segni, tante voci, domande e situazioni”.

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La Chiesa sinodale - ha detto ancora Zuppi - deve essere comunicativa. L’evangelizzazione nasce e vive tanto nelle parole dei credenti. Sembra un compito semplice, ma è esigente, perché richiede fedeltà al colloquio: il compito di una Chiesa profetica”.

Poi il tema triste degli abusi. “Non dimentichiamo certo - ha chiosato - la vergogna per lo scandalo degli abusi e per la sofferenza da essi provocata che spinge ad affrontarli con un rinnovato impegno, senza opacità, ingenuità, complicità e giustizialismo. L’incontro da poco vissuto con alcune vittime, familiari e sopravvissuti, è conferma della nostra scelta di continuare nel dialogo intrapreso con chi ha vissuto in prima persona questo dramma”.

Preoccupa poi la situazione della denatalità. “Spesso le giovani coppie non riescono a costituire una famiglia semplicemente per la precarietà del lavoro o la mancanza di politiche di sostegno, a cominciare dalla casa. Quello della

famiglia ha una ricaduta diretta su un altro tema, che ormai si presenta come una drammatica tendenza negativa pluriennale: si tratta della crisi demografica. Accoglienza e natalità, ha ricordato Papa Francesco, non solo non si oppongono ma si completano e nascono dal desiderio di guardare al futuro. L’accoglienza della vita nascente si accompagna alle porte chiuse a rifugiati e migranti. È la triste società della paura. Chiudere le porte a chi bussa è, alla fine, nella stessa logica di chi non fa spazio alla vita nella propria casa. Del resto abbiamo bisogno di migranti per vivere: li chiedono l’impresa, la famiglia, la società. Non seminiamo di ostacoli, con un’ombra punitiva, il loro percorso nel nostro Paese! C’è un livello di difficoltà burocratica che rende difficile il percorso d’inserimento, i ricongiungimenti familiari, il tempo lungo per ottenere i permessi di soggiorno, mentre si trascurano i riconoscimenti dei titoli di studio degli immigrati o ancora si rimanda una decisione sullo ius culturae”.

“La vita ha bisogno -ha ribadito il Cardinale Zuppi - per crescere e generare vita, di casa e di lavoro. Qui la centrale problematica del lavoro povero e della precarietà. Non c’è vita degna e non c’è famiglia senza casa. Il piano della costruzione di alloggi pubblici è rimasto abbandonato da anni. C’è un’Italia che soffre: i giovani, le famiglie, gli anziani, i senza casa, i precari, i poveri. La solitudine è una povertà in più”.

Alla politica la CEI ribadisce “disponibilità costante al dialogo e alla collaborazione leale” a cui “si accompagnano le richieste pressanti di adottare politiche che abbiano un’attenzione particolare ai più deboli: non solo a quanti si trovano in uno stato di povertà economica, ma anche a quanti sono segnati dalla malattia, a quanti vedono violati i propri diritti fondamentali, a quanti attendono una sentenza giusta e celere”.

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Il Cardinale Zuppi, infine, rileva le difficoltà che vivono i vescovi, alcuni “coinvolti in prima linea nell’accorpamento delle diocesi: una sfida per il futuro ma anche un’opportunità per ripensare nuove forme di prossimità, in ascolto delle fatiche che questo processo può portare al popolo di Dio e anche al nostro stesso ministero”.