Generalmente il Papa saluta col nome di figli i fedeli adunati alla sua presenza: Noi invece oggi preferiamo salutare i presenti col nome di fratelli”. Così Papa Benedetto XV nel settembre 1921 salutava – con un incipit del tutto informale per l’epoca – i terziari francescani convenuti per il 700/mo anniversario della loro fondazione.

Con uno sguardo alla attualità, il Papa esprimeva dolore nel “constatare le agitazioni che il mal seme della discordia, alimentato da fazioni di parte, ha suscitato in mezzo a popolazioni fino a ieri calme e tranquille: stringe il cuore l’aspetto di fratelli che si dilaniano e si uccidono: è certamente alieno dagli usi dei popoli civili il continuare atteggiamenti di guerra fra sudditi di nazioni che, se ieri furono belligeranti, oggi sono strette da trattati di pace. Donde deriva tanta enormità di mali? Dipende dall’oblìo dell’ordine che deve regnare nel mondo; dipende dal non volersi praticamente riconoscere la diversità delle classi che Iddio pose nella società; dipende dall’errato concetto che tutto finisce quaggiù, senza che i beni dell’esilio si riconoscano ordinati all’acquisto di quelli della patria. Ma a questi errori dell’intelletto, a questi vizii del cuore si oppone direttamente lo spirito di San Francesco, opportunamente definito spirito di concordia, di amore e di pace”.

“Il miglioramento degli individui – aggiungeva il Pontefice - è ordinato a quello delle famiglie, e le famiglie migliorate non possono non darci migliorata la società, perché questa si compone di famiglie, come le famiglie sono formate dagli individui. Ma chi non vede quanto potrà essere agevolata la riforma delle famiglie e della società, se gli individui all’immancabile lezione del buon esempio congiungeranno anche l’opera dell’apostolato? Questa cara speranza è così fortemente radicata nell’animo Nostro, che accresce le ragioni, per le quali oggi abbiamo voluto rallegrarCi coi numerosi Terziari Francescani convenuti al Congresso Internazionale di Roma”.

A favorire lo sviluppo della fiamma dello zelo, che deve sprigionarsi dal fuoco di carità acceso nel petto di ogni Terziario – concludeva Benedetto XV - non può mancare l’aura soave della divina grazia, perché lo spirito di San Francesco è spirito di Gesù Cristo. Nondimeno Noi non ci contenteremo che quest’aura spirasse solo in maniera comune nei singoli fratelli nostri in San Francesco”.