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C’è una Ong in Kosovo da più di 15 anni aiuta i cristiani perseguitati

Solidarité Kosovo lavora per i cristiani perseguitati, e non solo, in una regione dove la popolazione cristiana vive da anni marginalizzata e perseguitata

Solidarité Kosovo | Una foto dei beneficiari della Ong Solidarité Kosovo | Solidarité Kosovo Solidarité Kosovo | Una foto dei beneficiari della Ong Solidarité Kosovo | Solidarité Kosovo

Da poco più di 15 anni, i cristiani in Kosovo possono contare su un aiuto di eccezione: quello di Solidarité Kosovo, la Ong fondata nel 2004 da Arnaud Guillon, che allora aveva 19 anni, e che oggi, naturalizzato serbo, è stato nominato recentemente nominato dal governo Segretario di Stato per la diaspora.

È una piccola minoranza, quella dei cristiani in Kosovo, che dai tempi della guerra del Kosovo nel 2009, in una escalation iniziata durante le guerre yugoslave che si sono protratte nel decennio 1991 – 2001, si trovano in situazioni di persecuzione. Sono di etnia serba, quasi tutti ortodossi, e si sono trovati a dover coesistere con la maggioranza di etnia islamo-albanese.

Il picco delle violenze si è avuto con i pogrom del marzo 2004, quando 935 case e 30 tra chiese e monasteri ortodossi sono stati bruciati, facendo sfollare circa 4000 serbi. Ed è stato allora che Arnaud Guillon, che aveva 19 anni, ha deciso di fondare l’Organizzazione Non Governativa “Solidarité Kosovo”.

Con circa 12 mila donatori in tutta la Francia, l’associazione ha dato istruzione scolastica a centinaia di bambini kosovari nel corso degli anni, fornito circa 400 tonnellate di cibo e abiti ai villaggi cristiani.

Parlando con il National Catholic Register, Guillon ha sottolineato la difficile situazione dei serbi in Kosovo. “Hanno sperimentato una lenta pulizia etnica che si è accelerata a seguito della guerra del 1999. Oggi ci sono poco più di 100 mila serbi, vivono in enclavi che sono prigioni a cielo aperto e da cui non possono uscire senza rischiare una piccola schermaglia. Sono regolarmente attaccati, colpiti, derubati e forzati a lasciare”.

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La Santa Sede guarda con attenzione alla situazione in Kosovo. Il Kosovo ha proclamato la sua autonomia nel 2008, ma la Santa Sede ancora non lo ha riconosciuto come Stato sovrano e indipendente. La Santa Sede però non ha ancora visto l’opportunità di fare un passo del genere, anche considerando i rapporti con la Chiesa Ortodossa Serba, che ritiene il Kosovo come suo territorio sorgivo.

La Santa Sede ha deciso per ora di non riconoscere lo Stato, pur mantenendo cordiali rapporti. Lo farà quando ci sarà un quadro di rapporti internazionali migliorata e un reale vantaggio per le persone.

In Kosovo, i cattolici sono il 3 per cento. Il 5 settembre 2018, Papa Francesco ha elevato l’amministrazione apostolica di Pristina a diocesi, direttamente soggetta alla Santa Sede. La diocesi è parte della Conferenza Episcopale dei Santi Cirillo e Metodio. Il 10 febbraio 2010, la Santa Sede aveva nominato delegato apostolico in Kosovo l’arcivescovo Juliusz Janusz, un incarico collegato a quello di nunzio in Slovenia. “La nomina di un delegato apostolico – spiegava la Santa Sede – “rientra tra le funzioni di organizzazione della struttura della Chiesa Cattolica e pertanto assume carattere prettamente intra-ecclesiale”.

La dichiarazione di indipendenza del Kosovo non ha fermato la persecuzione anti cristiana, Il monastero di Vysokie Decani è stato bombardato e profanato con iscrizioni nello stile: Il califfato si avvicina, mentre nel 2016, le truppe della NATO sono riuscite a fermare i jihadisti kalashnikov al cancello.

Arnaud Guyon ha sottolineato che “la maggior parte degli albanesi è tollerante, ma gli estremisti sono molto forti. Le autorità albanesi condannano molto raramente le loro azioni”.

E ha aggiunto: "Da un punto di vista culturale, la distruzione del patrimonio serbo e ortodosso del Kosovo, patrimonio mondiale dell'UNESCO, sarebbe una grande perdita per l'umanità perché è un valore universale”.

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