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Cile, incendiate due chiese durante le manifestazioni

Alla vigilia di un importante appuntamento alle urne che cambierà la costituzione del Paese, durante manifestazioni pacifiche due chiese sono state incendiate nel centro di Santiago

Chiesa a fuoco in Cile | Una immagine dell'interno di una delle chiese bruciate in Cile lo scorso 18 ottobre  | PD Chiesa a fuoco in Cile | Una immagine dell'interno di una delle chiese bruciate in Cile lo scorso 18 ottobre | PD

La parrocchia dei Carabineros e de La Asuncion a Santiago del Cile sono state oggetto di attacchi incendiari domenica 18 ottobre, giorno in cui i manifestanti erano scesi in piazza per ricordare l’anniversario dei moti sociali del 2019 e celebrare il prossimo referendum costituzionale, che si terrà il 25 ottobre. L’attacco alle chiese, effettuato da uomini incappucciati e che ha causato vasti incendi, e persino la caduta di un campanile.

Non è la prima volta che le chiese vengono attaccate, a Santiago del Cile, e già lo scorso anno le chiese erano state obiettivo di attacchi incendiari.

Questa volta, sono state prese di mira due chiese nel centro della capitale, che sono state al cuore delle proteste di fine 2018. Prima è stata data alle fiamme la chiesa di San Francesco di Borgia, che è la chiesa usata regolarmente dai carabinieri cileni per le cerimonie istituzionali. Ore dopo, è stata presa di mira la chiesa dell’Assunta, una delle più antiche di Santiago dall’alto del suo secolo e mezzo di vita. Si è subito sospettato ad una provocazione in vista delle votazioni, tanto che la Conferenza Episcopale del Cile ha diramato una nota in cui chiede a tutti i fedeli di non farsi intimidire e di partecipare al voto. Uno dei cinque sospettati dell’incendio è un funzionario attivo dell’esercito.

L’arcivescovo Celestino Aos di Santiago del Cile ha lanciato, a seguito degli attacchi, un messaggio in cui ha sottolineato che “la violenza è cattiva, e ciò che è violenza causa distruzione, dolore e morte. Non giustificheremo mai alcuna violenza”.

L’arcivescovo Aos ha ricordato la sofferenza che la Chiesa ha dovuto affrontare già un anno fa, che ha incluso anche il costo di “ricostruire le installazioni”, chiedendo ai più poveri “sacrifici e scomodità costanti”, rendendo così la vita più dolorosa”:

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L’arcivescovo di Santiago ha detto di soffrire per “la distruzione dei nostri templi e di altri beni pubblici”, ma soprattutto per “il dolore di tante persone cilene di pace e generosità. Queste immagini non solo colpiscono e fanno soffrire il Cile, ma colpiscono e fanno soffrire anche altri Paesi e altra gente del mondo, specialmente i fratelli cristiani”.

Una nota della Conferenza Episcopale Cilena ha invece voluto sottolineare che i gruppi violenti “contrastano con molti altri che hanno manifestato pacificamente”, perché “l’immensa maggioranza del Cile anela alla giustizia e a mezzi efficaci che contribuiscano a far superare le brecce delle disuguaglianza: non si desidera più corruzione né abusi, ma si spera un trattamento degno, rispettoso e giusto”.

I vescovi hanno poi ricordato poi l’appuntamento alle urne del 25 ottobre, sottolineato che nessuno si lascerà intimidire e chiesto a tutti di contribuire, nei loro spazi familiari, di lavoro e sociali, con una riflessione che ci permetta di prendere abbastanza distanza dalla irrazionale violenza che accerchia la nostra amicizia civile”.