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Cinema e coronavirus, " Al Dio ignoto" racconta come elaborare il lutto

Una donna cura i malati terminali e supera così il lutto per la morte della figlia

La locandina del film |  | pd La locandina del film | | pd

Una madre, Lucia, vive sola con il figlio adolescente Gabriel. Nella loro casa aleggia l’assenza di  Anna, morta di leucemia. Anche il marito, incapace di reggere questo evento, li ha lasciati soli. Lucia tenta di sopravvivere al lutto dedicandosi interamente alla cura di malati terminali dell’hospice nel quale lavora come infermiera. Sono loro che riescono a strapparle un sorriso e saranno per lei maestri inconsapevoli.

E’ questa la premessa del film “Al Dio Ignoto” di Rodolfo Bisatti. La programmazione in sala è stata rimandate per la pandemia, ma proprio in questo periodo in cui la morte ha colpito molte famiglie il film assume un significato particolarmente intenso.

L’anteprima nella mostra “Della Materia Spirituale dell’Arte” a fine 2019, e ora la possibilità di vederlo a casa, sulla piattaforma Chili sia nella versione acquistabile, sia a noleggio.

Si tratta del quinto lungometraggio di Bisatti che spiega:  Ho voluto girare in Hospice reali, a contatto con i pazienti, ed è stata un’esperienza molto intensa perché c’è una grande pace quando l’osservazione si concentra sulla sacralità del dono della Vita nel momento in cui si spoglia dell’accessorio.

Con umiltà e riguardo, io e i miei collaboratori, ci siamo posti di fronte a chi è prossimo a quell’incredibile passaggio e abbiamo osservato le loro mani, i loro gesti, gli occhi, ascoltato le loro parole”. Il regista  ha lavorato a lungo con Ermanno Olmi che gli ha dato l’idea del progetto  e ha coinvolto Bisatti nelle riprese di uno dei primi Hospice esistenti, una vera rarità dell’epoca perché le cure palliative non erano ancora state riconosciute ed inserite nel nostro Sistema Sanitario Nazionale.

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“Penso che l’argomento di questo film sia fondamentale per attivare una ricostruzione consapevole della società” commenta il regista Bisatti “La paura e l’allarmismo, come vediamo in questi giorni, portano al panico e alle barbarie, mentre la consapevolezza conduce alla capacità di preservare e ricostruire con intelligenza”

Girato in ambientazioni reali e a stretto contatto con i pazienti, il film è anche una testimonianza di come la cura palliativa debba restare vicina all’umanità delle persone senza mai diventare la sola esecuzione di un rigido protocollo. E una poetica esortazione a guardare avanti affrontando una delle sfide più difficili da elaborare.

La piattaforma Chili, che aveva già pre-acquistato il film a gennaio 2020, presenta contemporaneamente il film anche in Polonia, Regno Unito, Germania e Austria.