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Combattere la lebbra, le conclusioni del simposio in Vaticano

Conferenza sulla lebbra | Presentazione della Conferenza sulla Lebbra in Vaticano | Daniel Ibanez / ACI Group Conferenza sulla lebbra | Presentazione della Conferenza sulla Lebbra in Vaticano | Daniel Ibanez / ACI Group

No a nuovi casi di malattia di Hansen (ovvero, di lebbra), no ad ogni stigma della malattia, no ad ogni legge discriminante. Queste, in sintesi, le Conclusioni e Raccomandazioni del Convegno Internazionale sulla Lebbra dal titolo “Per una cura olistica delle persone affette dal Morbo di Hansen rispettosa della loro dignità.

Il Convegno, organizzato dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, si è tenuto il 9 e il 10 giugno. Co-organizzatori, la Fondazione Il Buon Samaritano e la Fondazione Nippon, in collaborazione con la Fondazione Raoul Follereau, il Sovrano Ordine di Malta e la Fondazione Sasakawa Memorial Health.

A presentare le conclusioni è stato il Professor Michele Aramini. Il quale ha sottolineato che i numeri relativi alle persone affette dalla malattia “sono in declino”, ma questo potrebbe nascondere “una minore attività nella ricerca dei nuovi casi”, quindi è essenziale “mirare alla precocità della diagnosi”, così come è necessario creare “borse di studio finalizzate alla specializzazione sulla malattia”.

“Lo stigma è spesso associato alla visione religiosa della vita - ha aggiunto, - ma è l'insegnamento di Cristo che ha spinto i cristiani, soprattutto negli ultimi due secoli, a sviluppare una grande opera di assistenza e cura per le persone affette” dal Morbo di Hansen. In merito alla presenza di gravi forme di discriminazione in varie parti del mondo, il Prof. Aramini ha continuato lanciando un appello affinché si arrivi “all'abrogazione delle leggi discriminatorie”, un punto questo “urgentissimo e non più rinviabile”.

“L'ignoranza circa la malattia e lo stigma connesso - ha fatto notare - contribuiscono a ritardare la diagnosi e la cura” con gravi ripercussioni per i malati che vengono così segnati indelebilmente dal Morbo. A tal proposito è anche importante “utilizzare un nuovo linguaggio”, visto che è stato messo in evidenza durante i lavori come “le vecchie percezioni della malattia continuano ad essere rinforzate da un linguaggio inappropriato”.

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Sono quattro le raccomandazioni conclusive. “Dato il loro ruolo è importante che i leader di tutte le religioni, nei loro insegnamenti, scritti e discorsi contribuiscano all'eliminazione della discriminazione contro le persone colpite dal Morbo di Hansen”. In merito ai Principi e Orientamenti approvati dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2010 per l'eliminazione della discriminazione contro le persone malate e i membri delle loro famiglie, “è necessario incoraggiare gli Stati a fare grandi sforzi”, concretizzando i principi “con specifici piani attuativi, che coinvolgano le persone malate”. La terza raccomandazione ribadisce la necessità di cambiare le politiche “familiari, lavorative, scolastiche, sportive e di ogni altro genere che discriminano direttamente o indirettamente” queste persone. Infine è fondamentale “implementare la ricerca scientifica per sviluppare nuovi farmaci” e ottenere “migliori strumenti diagnostici”. Per questo occorre “unire le forze tra tutte le Chiese, le comunità religiose” e tutte le maggiori istituzioni.

Alcune voci del simposio. Dall’India arriva la voce preoccupata del Dottor Arputham Arulsamy, Direttore Aggiunto della Catholic Health Association of India, che ha sottolineato come siano “stati spesi milioni, ma le persone affette dal Morbo di Hansen sono ancora discriminate”.

Ma ha poi agguinto che “molte suore in India si sacrificano per curare i malati, sono il volto visibile della cura compassionevole di Cristo”. Eppure, “nel 2011 il 58% dei nuovi casi mondiali di lebbra è stato registrato nel Paese – ha aggiunto –, ma per mancanza di fondi molte strutture hanno dovuto chiudere, i pazienti sono tornati nelle strade. Lo Stato non ha dedicato risorse adeguate al problema”. “La Chiesa Cattolica indiana – ha concluso - può farsi promotrice dei diritti di questi pazienti”.

Problematica anche la situazione in Indonesia, dove “ogni anno in Indonesia ci sono ancora quasi 20mila casi di persone affette dal Morbo di Hansen”, ha raccontato Vivian Velema-Andyka, Direttore Nazionale Netherland Leprosy Relief, organizzazione che può vantare il primo studio pilota al mondo di chemioprofilassi.

Dall’Asia all’Africa. “Il ruolo della Chiesa Cattolica in Congo è fondamentale per la presa in carico delle persone affette dal Morbo di Hansen”. Ha rilevato Suor Jeanne Cécile, Medico e Coordinatore del Bureau Diocésain des Œuvres Médicales (BDOM) di Bunia, Ituri.

Padre Giorgio Abram, sacerdote, medico e missionario ha ricordato così il suo impegno in Ghana: “Negli Anni Ottanta c'erano pazienti che non volevano essere guariti perché credevano che la lebbra fosse causata da interventi soprannaturali. I malati si rivolgevano più agli stregoni che ai medici”. Abram ha quindi raccontato una serie di guarigioni insperate, come quelle di bambini presi dalle loro capanne e portati in ospedale, “battaglie durissime, quasi sempre vinte da noi medici”. Infine un aneddoto legato a un uomo che scappò dall'ospedale per andare ad accudire le sue quattro galline. Alla domanda su cosa fosse più importante tra queste e la possibilità di salvare il suo piede, l'uomo rispose: “Senza piede posso vivere, senza lavoro no”.

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Toccante la testimonianza di Masao Ishida: “Da bambino mi fu diagnosticato il Morbo di Hansen e oggi, ad 80 anni, ho l'onore di parlare a questo Simposio Internazionale. La malattia, definita allora incurabile, è oggi curabile”.