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Coronavirus, la epidemia in Ghana come l'affrontano i missionari

Un colloquio con don Nicola Ciarapica missionario salesiano a Sunyani, capoluogo della regione di Brong-Ahafo

Don Nicola Ciarapica con i bambini prima della pandemia |  | Salesiani Don Nicola Ciarapica con i bambini prima della pandemia | | Salesiani

Il coronavirus si sta inesorabilmente allungando verso l’Africa, ed è corsa contro il tempo per fermare il dilagare della pandemia che provocherebbe una strage dalle dimensioni catastrofiche, una preoccupazione fortemente sentita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, colpita dal trend crescente osservato: 52 Paesi finora toccati dal virus, per un totale di oltre 33.200  contagi, con 1.470 morti.

E molti Stati stanno prendendo precauzioni per evitare la pandemia come ha fatto il Ghana, tantoché domenica 31 maggio il presidente del Ghana, Akufo-Addo, a proposito della situazione del coronavirus, ha precisato le misure che il governo sta mettendo in atto per frenare la diffusione del virus: “Il consenso della consultazione delle parti interessate raccomanda un approccio graduale per allentare le restrizioni anti Covid-19”. Quindi fino all’ultima domenica di maggio nel Paese sono stati effettuati 218.425 test anti Covid-19, dai quali risultano 5.087 positivi; 2.947 guariti e 36 deceduti.

Per comprendere meglio la situazione ghanese abbiamo contattato don Nicola Ciarapica, missionario salesiano a Sunyani, capoluogo della regione di Brong-Ahafo, chiedendo di raccontarci la situazione nel Paese: “Le megalopoli più infettate (Accra, Kumasi, Kasoa) sono state dichiarate dal presidente Akufo-Addo ‘zona rossa’ per tre settimane e i confini chiusi fino a data da destinarsi. Il Governo dal 19 aprile ha revocato il blocco parziale della capitale e delle altre due metropoli chiave del paese iniziando a preparare la popolazione a convivere con il virus. Nel Paese ci sono ampie regioni dove non si riportano ancora casi di infezione come qui a Sunyani! Diciamo che siamo ancora agli inizi, la diffusione è lenta; i casi che hanno bisogno di attenzione medica sono pochi e fino ad ora pochissimi i deceduti solo lo 0,5%!

Inoltre da venerdì 5 giugno, il Ghana inizierà l’attuazione di un graduale allentamento delle restrizioni: gli studenti universitari dell’ultimo anno dovranno presentarsi a scuola il 15 giugno 2020; le diverse fedi religiose possono  iniziare il culto comune, rispettando i protocolli di allontanamento sociale e igiene. Tutte le scuole, sia private che pubbliche, rimangono chiuse. Solo gli studenti dell’ultimo anno possono accedere  a tali strutture. Possono essere organizzati matrimoni con non più di 100 ospiti; mentre le attività politiche pubbliche, ad eccezione dei raduni, potranno riprendere con meno di 100 persone, osservando i protocolli di allontanamento sociale e igiene”.

In tale situazione in quale modo la Chiesa è vicina alla gente?

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“In Ghana le chiese cristiane coinvolgono la maggioranza delle persone e la Chiesa Cattolica è seguita da un 10% della popolazione. I vescovi delle diocesi hanno invitato a continuare a celebrare le messe nelle chiese ma con non più di 5 partecipanti e per la messa domenicale si propone di trasmetterla in diretta per coloro che possono seguirla tramite radio o la televisione.  Molte diocesi tramite la Caritas ed anche in collaborazione con le Organizzazioni non governative, si sono mosse per istruire la popolazione sui comportamenti e precauzioni da prendere per prevenire il contagio, collaborare per la disinfestazione di ambienti, fare corsi per insegnare a  preparare igienizzanti, saponi, mascherine... I parroci, anche se non possono celebrare i sacramenti, continuano a rimanere  in contatto tramite telefono e mezzi di comunicazione sociale, e nelle zone, dove non c’è il lockdown totale, possono ricevere nei loro uffici parrocchiali o andare a visitare i malati in ospedale  le famiglie”.

In cosa consiste la vostra opera in questa situazione?

“Le nostre Scuole Tecniche e anche gli Hostel sono vuoti,  ma abbiamo preso la decisione di rimanere insieme alla popolazione locale sia ad Ashaiman-Accra nel Sud, sia a Sunyani al Centro-ovest, sia Tatale nel Nord-est del Ghana. Questo ci permette di continuare a condividere, di essere disponibili alle persone, di  portare avanti attività per Local Economic Empowerment di donne, giovani e gruppi vulnerabili. 

Collaboriamo al progetto co-finanziato con l’8x1000 della Chiesa Cattolica tramite la Conferenza Episcopale Italiana, che coinvolge gli operatori del VIS (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo)  insieme ai Salesiani dell’Ispettoria ‘Africa Occidentale Anglofona’ (AFW), le diocesi di Sunyani e Teichman, la municipalità di Berekum e la sua ‘Queen Mother’, Nanah Owusu (la ‘Queen Mother’ è una donna dotata di grande autorevolezza e considerazione, che svolge un ruolo di governo locale nei villaggi ghanesi).

Altra attività che continuiamo a realizzare è la formazione di insegnanti sulle tematiche della migrazione irregolare, chiave per creare una cultura della pianificazione coscienziosa del proprio percorso educativo-professionale, non precludendo, allo stesso tempo, la possibilità di partire per l’estero se ci sono i presupposti di poter viaggiare regolarmente. Con l’aiuto di benefattori abbiamo distribuito alle famiglie più povere attrezzi per l’agricoltura, semi, fertilizzanti”.

Quale sfida comporta questa pandemia per la fede?

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“Ci sono stati casi originali di parroci, dove non arrivano le radio, che hanno installato, in alcuni punti dei villaggi nel territorio della parrocchia, altoparlanti, collegati via cellulare con la sede della parrocchia.

Come prete, condivido con semplicità un nuovo modo di esistenza;  un forte richiamo a vivere la messa come il cuore della vita;  una ‘solitudine celebrativa’ che non è lontananza, ma che crea ‘comunione mistica’ con le persone malate, con chi muore solo, con tutti coloro che sono in prima linea, che si rendono disponibili per non far mancare i servizi di base, con le famiglie; un essere facilitatore della solidarietà con i più bisognosi e vulnerabili; una spinta ad adattare la pastorale alle circostanze.

Mi pare che l’immagine pastorale più eloquente di questo periodo possa essere la porta aperta delle nostre cappelle di adorazione del Santissimo Sacramento: in questi mesi di provvedimenti che limitano assembramenti in luoghi di culto a non più di 5 persone, il segno di quelle porte aperte ci ha messo davanti alla costante presenza di Cristo Eucaristico che permette sempre di portare le nostre vicende terrene presso il cuore del Padre e di farci riempire della sua Vita di Amore in quella misura scossa e traboccante che scorre in tanti rivoli per raggiungere ‘molti’ e dare Vita”.