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Dalle diocesi, la Solennità dell' Assunta occasione per i vescovi di dare speranza

Una iniziativa particolare nella Calabria ferita dagli incendi

La festa dell' Assunta a San Nicola di Mendicino  |  | FB
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La Solennità dell’Assunta, che si è celebrata domenica scorsa, è stata l’occasione per tanti vescovi di rivolgere messaggi alle diocesi con l’invito a guardare alla Madre di Dio e alla sua Assunzione.

E in Calabria una bella iniziativa, in occasione della Festa dell’Assunta è arrivata dalla parrocchia San Nicola di Mendicino. In un periodo in cui la Calabria, insieme a tante regioni italiane, ha sofferto a causa di numerosi incendi la comunità di questo piccolo centro alle porte di Cosenza, ha deciso di impegnare i soldi dei fuochi d’artificio per piantare nuovi alberi intorno al Santuario di Santa Maria dell’Accoglienza. Le feste religiose – dice il parroco, don Enzo Gabrieli - in tempo di covid si stanno svolgendo nel segno della giusta sobrietà, ma quanto sta accadendo nella regione a causa di piromani, “assassini e criminali che attentano alla natura” ha spinto a devolvere l’intera somma dei fuochi d’artificio, anche se di quelli ecologici e autorizzabili, a favore dell’ambiente”. Sarà “un piccolo segno, ma ne varrà la pena come risposta al crimine violento commesso dagli incendiari, come scelta educativa e anche di fede perché il Creato ci parla di Dio, è il primo Vangelo scritto direttamente da Lui”. La storia dei nostri giorni sta dando segni di “regressione, con il ritorno a forme di egoismo e a conflitti anacronistici che si ritenevano superati.

In particolare si sta sfilacciando l’alleanza tra le generazioni, per cui quello che hanno insegnato gli anziani, non si considera più valido e ciò che desiderano i più giovani viene definito sogno dagli adulti e non un’esperienza concreta e propositiva per il futuro”, ha scritto il vescovo di Foggia-BovinoVincenzo Pelvi, nel suo messaggio alla città di Foggia in occasione della festività patronale, dedicata agli adolescenti che “avvertono l’urgenza di aprirsi agli altri, di incontrarsi e vivere nuove amicizie”. Il presule si è rivolto non ai giovani che “possiedono già risorse scolastiche e lavorative per progettare oltre le difficoltà”, ma agli adolescenti che “noi adulti stiamo facendo crescere nel mito della prestazione, all’ombra dell’onnipotenza, del risultato a tutti i costi, nella logica della competizione e dell’accumulo che deve nascondere ogni difficoltà e ignorare ogni limite. Ci troviamo, così, con ragazzi angosciati, incapaci di far fronte alla durezza della realtà, presi da disturbi di insonnia e autolesionismo, perché non aiutati ad affrontare il dolore.

Nell’animo degli adolescenti, infatti, troviamo impressi fallimenti e ricordi tristi, molte le ferite delle sconfitte della propria storia, dei desideri frustrati, delle ingiustizie subite, del non essersi sentiti amati”. L’invito è quello di accendere i riflettori su di loro: “più che di psicofarmaci hanno bisogno di ascolto, accoglienza, dialogo”.

Maria – ha detto l’arcivescovo di Rossano-CariatiMaurizio Aloise, in occasione della solennità che a Rossano è venerata con il titolo di Achiropita - è una donna della “ ‘nostra pasta’ impastata come noi di terra e cielo”.

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Il presule ha ricordato che, tra i titoli con cui è venerata a Rossano la madre di Dio, ce n’è uno in particolare: “scuotitrice di dormienti”, che “ci richiama a tenere fermi principi morali e codici di comportamento, oggi più che mai irrinunciabili”. Aloise si riferisce “ai valori dell’unità e della coesione sociale, dell’identità originaria e dell’appartenenza, del ritrovarsi in sensibilità e aspirazioni condivise, del sentirsi parte integrante di un sistema territoriale, nazionale, europeo, mondiale. Scegliamo la speranza, la responsabilità, la gioia. Sperimentiamo il dono del dare e dell’esserci”.

 

Festa dell’Assunta ancora con limitazioni anti covid nella diocesi di Sassari: “per quanto privata dalla presenza festosa di popolo, non le è tolta la bellezza di Maria, di Colei che ‘sottrae dalle bruttezze che degradano l’esistenza negli abissi del male, nella chiusura egoistica in sé stessi’. Ma pur senza la festosa discesa danzante, dal centro storico alla chiesa di Santa Maria di Betlem, con i ceri votivi trasportati a spalla dai gremianti accompagnati dai suoni dei tamburi e dai canti, lo scioglimento dell’antico Voto alla Vergine Assunta per aver salvato Sassari dalla peste del 1652 è stato celebrato”, ha detto il vescovo Franco Saba invitando a riflettere sul ‘kerygma urbano’, “l’annuncio cristiano nella nostra città e sul significato che può assumere la Faradda, importante appuntamento non solo religioso ma anche civile”. Per il vescovo sardo la fede “ci insegna che Dio vive nella città, in mezzo alle sue allegrie, ai desideri e alle speranze, come anche in mezzo ai suoi dolori e alle sue sofferenze.Nella Faradda, espressione della ‘mistica popolare’ possiamo cogliere la modalità in cui la fede ricevuta si è incarnata nella cultura di una città e continua a trasmettersi tra le diverse generazioni”.

A Trento il vescovo, Lauro Tisi, ha parlato dell’attuale situazione che si vive in Afghanistan evidenziando che le cronache di queste ore “sanciscono l’ennesimo fallimento del potente di turno. Siamo di fronte all’impressionante ipocrisia occidentale capace di produrre armi per tutti,  ma pane per nessuno”.“Lo scenario davanti al quale si trovava Maria nel momento in cui elevava a Dio il suo Magnificat per aver ‘rovesciato i potenti dai troni e innalzato gli umili’ non sembra affatto differire da questo momento storico”, ha aggiunto il presule rinnovando il proprio appello a non lasciarsi fagocitare dal vortice del male. “Provocati da Maria – ha sottolineato – abbiamo la possibilità di riconciliarci con i tanti segni di bene che sono sotto gli occhi di tutti: la resilienza degli anziani e la creativa generosità dei giovani, padri e madri che ogni giorno si spendono per le loro famiglie, lavoratrici e lavoratori che ogni mattina affrontano la vita e il proprio dovere con senso di responsabilità e coscienza”. “Queste donne e questi uomini sono i segni del Regno già presente: la Storia è nelle loro mani!”, si appassiona il presule, prima di un’ulteriore appello carico di speranza: “Dopo duemila anni il tempo rimanda alla profezia della fraternità come vero e unico antidoto al male”. Mons. Tisi, lo scorso mese di giugno, ha anche consegnato alla diocesi la sua nuova lettera pastorale “Occhi”.

In occasione della festa di San Vigilio, alla fine di giugno, il presule trentino aveva raccontato di di essere rimasto particolarmente colpito da un incontro con un gruppo di giovani impegnati in un campo solidale accanto a persone affette da disagio psichico. “Non posso tacere quanto ho visto e udito” sottolinea affidando “come tesoro prezioso a ogni comunità della Diocesi e al nostro Trentino lo sguardo entusiasta di quei giovani”, i quali al ‘grazie’ dell’Arcivescovo rispondono, in modo quasi disarmante: “Siamo noi a dire grazie, per avere avuto finalmente la possibilità di metterci in gioco!”. Famiglia, frontiera dell’essere Chiesa” è il titolo della lettera pastorale alla diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo del vescovo Gerardo Antonazzo e che farà da guida ai lavori sinodali. “E’ ormai maturo il tempo – scrive il vescovo - di riprendere a sentire la gioia e la pienezza di respirare con due polmoni: la Chiesa particolare, cioè la diocesi, e la Chiesa domestica. Bisogna riconoscere che la presenza più diffusa e più capillare della Chiesa diocesana sul territorio è concretizzata dalle singole comunità domestiche”. Per mons. Antonazzo è necessario che in famiglia avvenga l’annuncio del Vangelo: “Il rinnovamento della catechesi in tempo di pandemia chiede di passare da un modello di proposta della fede assimilabile ad una ‘catena di montaggio’, dove basta assemblare i diversi pezzi per un prodotto sempre uguale a se stesso, ad un ‘laboratorio artigianale’ nel quale l’iniziazione all’esperienza della fede prende forma, grazie alla capacità artistica di un rapporto creativo, prezioso, unico e irripetibile. La proposta di catechesi domestica impegna in una creazione artigianale da realizzare ‘a misura’ di persona”. 

Puntare sulle buone notizie per far rinascere la speranza” è l’invito del vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi,  nella sua nuova lettera pastorale dal titolo “Non lasciamoci rubare la speranza”. “Intercetto tre tentazioni contro la speranza”, scrive Lambiasi: “il pessimismo sterile, la nostalgia del passato e la paura del futuro”. In maniera meno sintetica, “ci ritroviamo in pochi e con le chiese ancora più vuote”. In secondo luogo, “un tempo tutto andava meglio e la Chiesa funzionava al meglio”. Terzo, “la tentazione del tutto e subito, dell’affanno e dell’impazienza. È vero, la Chiesa ha bisogno di riformarsi. Ma d’altra parte, quando soffia forte il vento del cambiamento, alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento”. “Evangelizzare si deve e si può. Con un metodo: il Vangelo deve essere annunciato da persona a persona, con ‘fatti di Vangelo’, ossia con la testimonianza di una vita credente e credibile”.

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