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Dalle diocesi, le celebrazioni delle feste patronali in questi mesi estivi

In questi mesi estivi sono molte le comunità diocesane che festeggiano i propri patroni

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In questi mesi estivi sono molte le comunità diocesane che festeggiano i propri patroni. Occasioni per riscoprire tradizioni, condividere momenti di preghiera anche se con tante difficoltà a causa della pandemia che proprio negli ultimi giorni sta evolvendosi con un aumento dei contagi su tutto il territorio nazionale.

In molte diocesi continua a rimanere il divieto delle processioni nelle feste patronali. Le comunità dovranno limitarsi alle sole celebrazioni liturgiche. In Calabria, nella diocesi di Locri-Gerace, il vescovo Francesco Oliva, ha scritto una lettera al clero e ai fedeli per confermare la sospensione delle processioni e di tutte quelle manifestazioni legate alla pietà popolare che possono creare assembramenti. “Non potendo assicurare nello svolgimento delle processioni il rispetto delle misure precauzionali determinate dalle Autorità sanitarie, civili e religiose”, scrive il presule “confermo la sospensione fino a nuovo provvedimento. Nel rispetto della norma del distanziamento fra le persone attualmente vigente, diventa infatti impossibile organizzare processioni, trasferimento pubblico di immagini sacre, fiaccolate o momenti di preghiera che rischiano assembramenti. Pertanto le feste patronali si devono limitare alle sole celebrazioni liturgiche”.

Oliva invita quindi a provare a “vivere i momenti di festa con sobrietà,
privilegiando gesti significativi di carità soprattutto verso coloro che, a causa della pandemia e della precarietà del lavoro, vivono situazioni di grave disagio. Sappiamo bene che la carità è la migliore destinazione dell’obolo della vedova. Lasciamoci guidare da prudenza, consapevolezza e responsabilità. La prudenza ci aiuta a prenderci cura di noi stessi e degli altri. La consapevolezza allontana da noi l’ingenuità di pensare che tutto sia finito, e ci porta a guardare in faccia le conseguenze che la pandemia ha provocato nella vita delle persone e delle famiglie sul piano della salute fisica, psicologica e relazionale, come anche a livello economico. La responsabilità c’invita a fare passi concreti per superare sospetti e paure che ci isolano gli uni dagli altri e per abbracciare uno stile di vita solidale e rispettoso verso quanti sono in difficoltà, evitando sprechi e condividendo quanto possiamo”.

A Lecce l’arcivescovo, Michele Seccia, agli inizi del mese – prima della ripresa dei contagi – avev inviato una nota per invitare ad una responsabile ripresa delle celebrazioni all’aperto purché ci sia il necessario distanziamento. Intanto in questi giorni si è celebrato a Palermo il 397mo festino di santa Rosalia che rimanda al 1624. Quando, come scrive il parroco della cattedrale di Palermo, mons. Filippo Sarullo, la città “veniva infestata dalla peste che seminava morte e distruzione”. Da qui la richiesta di intercessione della Santa: “Le sue reliquie rinvenute sul Monte Pellegrino il 15 luglio del 1624 e portate in processione il 9 giugno 1625, placarono le malattie e improvvisamente la peste svanì”.

“In modi che comprendiamo e in modi che non comprendiamo, la storia ci insegna che Dio si prende cura dell’uomo, continuamente lo cerca e lo ricerca”, ha detto l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, nel suo messaggio alla città evidenziando che “ad ogni calamità – e conosciamo bene la durezza di questa pandemia che sembra lasciarci eppure continua a minacciarci – Dio ci fa capire che abbiamo dimenticato la gratitudine e la vita nuova che Egli ci apre e ci chiede”. “Come i nostri giovani spesso danno ascolto con maggiore fiducia ai messaggi dei loro coetanei – ha quindi aggiunto il presule palermitano - allo stesso modo Dio manda a noi i Santi come compagni e maestri. Santa Rosalia, con la sua dolcezza di sorella e di tenera amica, è come se fosse stata mandata tra di noi per renderci più comprensibile, per invitarci ad accogliere il suo messaggio di amore e di felicità”.

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Festa patronale di San Vitaliano, ieri, a Catanzaro. Una città che “sta uscendo con difficoltà dall'emergenza coronavirus che, per intercessione dell'Immacolata - subito da noi implorata perché preservasse la Città come fece durante la peste del XVII secolo – e del nostro Santo Patrono, ci sta consentendo una progressiva ripartenza, anche dal punto di vista delle manifestazioni religiose. Dobbiamo riscoprire il senso di sorellanza e fraternità proprio in questa ripartenza, che potrebbe essere occasione di scivolamento nell’inimicizia, nei contrasti”, ha detto l’arcivescovo, Vincenzo Bertolone, evidenziando che l’emergenza “ha creato tante nuove fasce di povertà, aggravando la crisi della città che da anni ha un difficile quadro sociale ed economico facendole perdere la sua antica identità di centro vitale animata da tante intelligenze di una borghesia illuminata e di un ceto artigiano e produttivo di grande vivacità urbana. Catanzaro sta vivendo, come ogni altro centro tradizionale, una delicata fase di transizione, aggravata dalla mancata ‘ricucitura’ tra le sue diverse anime: il centro storico sempre più svuotato di abitanti e di occasioni di impresa; un quartiere marinaro che sta perdendo la sfida dello sviluppo turistico, la periferia sempre più slegata dal centro, il sud alle prese con forti fenomeni di degrado sociale e di malvivenza organizzata”.

A questi testimoni della fede si rivolgono oggi tante persone anche se spesso lo fanno in silenzio. La tomba del beato Carlo Acutis ad Assisi ogni giorno è “meta” di messaggi che arrivano da tante parti del mondo. Messaggi e richieste di preghiera, richieste di reliquie, ringraziamenti. Messaggi che arrivano anche attraverso i canali social della diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e del santuario della Spogliazione di Assisi e anche telefonicamente. Si attende la riapertura della tomba per rendere visibile il corpo. Una riapertura che verrà attuata il prima possibile “in modo che la visibilità del corpo del beato sarà resa permanente. In un primo tempo si era ipotizzato di realizzarla con il prossimo mese di agosto. Le circostanze legate al decorso della pandemia in Italia e nel mondo hanno suggerito tuttavia al vescovo, Domenico Sorrentino, di aspettare un periodo più conveniente”, spiegano al santuario evidenziando che anche questo “differimento aiuta a ricordare che, se la devozione può essere favorita dalla vista delle spoglie mortali di santi e beati, come nella più antica tradizione della Chiesa, non è tuttavia legata a questi aspetti sensibili, in ogni caso la missione di santi e beati – nel nostro caso di san Francesco e del beato Carlo – non è quella di additare se stessi, ma di orientare a Gesù. Si invitano inoltre i fedeli che giungeranno alla tomba del beato in questo periodo ad attenersi rigorosamente a tutte le norme di sicurezza e ad intensificare la preghiera anche per i tanti che nel mondo ancora stanno vivendo situazioni difficili”.

Di nuove figure in questi giorni si è parlato nella diocesi campana di Nocera Inferiore-Sarno dove si è insediato il Tribunale per le cause dei santi e il processo sulla vita, le virtù e la fama di santità dei servi di Dio don Enrico Smaldone e Alfonso Russo.