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Davide Rossi canta il carisma di Federico Ozanam

La carità di San Vincenzo de Paoli raccontata con la musica e le canzoni

Ho smesso di essere solo  |  | pd Ho smesso di essere solo | | pd

Da alcune settimane è disponibile nelle piattaforme digitali l’album ‘Ho smesso di esser solo’, un viaggio musicale nella profonda umanità di Federico Ozanam, fondatore della Società di San Vincenzo De Paoli, che il pianista e compositore Davide Rossi ha realizzato con la collaborazione negli arrangiamenti e nella produzione di Fabio Nuzzolese, (Cristiano De André, Rossana Casale, Franco Mussida, Giorgia) e il coinvolgimento della cantautrice Leyla Tommasi, curatrice dei testi che vanta importanti collaborazioni (Enrico Ruggeri, Alexia, Paolo Vallesi), della cantante lirica Carmela Iacono e della cantante soul Annamaria Sotgiu:

“Ho voluto dar voce e suono all’impegno di servizio ai poveri di Ozanam, che si alimenta al santuario d’amore della famiglia per aprirsi alla dimensione sociale, vincendo gli egoismi e superando le differenze. E’ proprio fondando la sua famiglia che lo stesso Federico afferma di non ‘essere più solo’, di pensare solo a se stesso, e si dedica a costruire una rete di carità”.

Da tale intuizione nascono i brani ‘Ho smesso di esser solo’ e ‘Rete di carità’, affidati a Leyla Tommasi, dai quali matura la decisione di prediligere nell’intero album arrangiamenti in linea con il pop sinfonico per far emergere la gamma delle emozioni attraverso la delicatezza di strumenti classici come violini, flauto e violoncello, e produrre canzoni orecchiabili dalle sonorità attuali.

Davide Rossi è membro del consiglio direttivo della Comunità Mondiale per la Meditazione Cristiana (WCCM – Italia) e conduce un gruppo di meditazione cristiana a Milano, esperienza che influenza il suo modo di comporre. E’ attivo nel volontariato in campo sociale con l’associazione Società di San Vincenzo De Paoli di Milano, di cui è presidente della conferenza della parrocchia ‘Santa Maria Assunta in Turro’. Nel 2017 pubblica il primo album ‘Connections’. Da quell’anno realizza cinque album, spaziando dal genere meditativo a quello di ispirazione cristiana. La sua musica, che nasce dalla personale ricerca artistica e spirituale e dalla collaborazione con altri artisti, vuole creare un contesto adatto per momenti di riflessione, preghiera e meditazione.

Per quale motivo ha smesso di essere solo?

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“Ho scelto questo titolo per lanciare un messaggio chiaro: è solo abbandonando progressivamente la centratura su sé stessi e sviluppando le relazioni che l’uomo e le sue opere possono fiorire. La storia che racconto nelle canzoni dell’album ha una forte componente autobiografica; infatti anche io, come Federico Ozanam, quando ho deciso come strada della mia vita il matrimonio ho cessato di ‘essere solo’ e di vivere unicamente per me stesso. E così facendo ho trovato il vero me stesso nella bellezza e nella fatica del percorso quotidiano della costruzione della famiglia. Ho iniziato a lavorare all’album nei primi anni del mio matrimonio e in corso d’opera è nata anche mia figlia! Per cui per me questo album ha avuto una vera e propria ‘gestazione’ ed ho attraversato parecchi momenti di difficoltà, tra cui la pausa forzata del periodo pandemico: comunque perseverando tutte le canzoni si sono realizzate come in un grande disegno”.

Perché ha deciso di raccontare la carità di Federico Ozanam?

“Questo lavoro discografico prima di essere musica nasce come pensiero; più precisamente da un mio interesse verso la raccolta delle sue ‘Lettere’ che raccontano Federico Ozanam non solo dal punto di vista sociale con la costituzione della Società San Vincenzo De Paoli, ma anche dal punto di vista umano, intimo ed emotivo: Federico dedica pagine di grande tenerezza alla moglie e alla figlia, spingendosi ad affermare che ‘la stessa Società San Vincenzo De Paoli è anche la mia famiglia’. Credo che la famiglia, quale nucleo fondamentale della comunità umana e della società civile, non deve ripiegarsi su sé stessa ma aprirsi agli altri ed espandersi alla vita sociale. La carità, per dirla con le parole di Federico, si alimenta a quel santuario di amore che è la famiglia”.

Come nascono le sue canzoni?

“La prima canzone che ho scritto è la versione in musica della ‘Preghiera dei vincenziani’, che ho composto di getto; la melodia che avevo in mente si è adattata pressoché perfettamente al testo e in mezz’ora avevo il brano. Per altre canzoni invece ho avuto mesi e mesi di continue revisioni, ripensamenti e confronti con i parolieri dell’album. Il filo conduttore è stato quello di trasporre in musica i grandi temi che ho citato prima: cosa ha spinto Federico Ozanam a pensare in termini di ‘rete di carità’ e a voler portare nella società questo impegno nei confronti degli ultimi? Ed ancora: dove risiede l’attualità del suo pensiero per una società sempre più frammentata come la nostra? Non esiste nel mio caso una ‘ricetta’ prevedibile nella creazione di un’opera musicale.  Anzi, in questa imprevedibilità si nasconde la bellezza e il mistero dell’ispirazione artistica. Di solito compongo al pianoforte e registro le mie idee in tante bozze a cui nel tempo provo a dare forma. Ma molte volte le melodie mi arrivano in momenti inaspettati, anche quando cammino per strada, e così le registro al volo sul cellulare”.

Quanto ha inciso nella sua professione il carisma vincenziano?

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“Tantissimo. Specialmente in questi ultimi anni sento quasi come una missione quella di mettere al servizio la mia arte per la causa sociale, e chiaramente l’impegno in un’organizzazione come la Società San Vincenzo mi permette di toccare con mano i temi dell’impegno civile e delle disuguaglianze sociali. Un’altra area di interesse che sto approfondendo è quella dell’ ‘ecologia integrale’, uno dei grandi temi dell’enciclica ‘Laudato Sì’ di papa Francesco che ci invita a riflettere che non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Mi sento stimolato a tradurre queste ed altre tematiche della spiritualità cristiana in musica, per cercare di offrire orizzonti di senso attraverso un mezzo di immediata fruizione come una canzone”.

Quanto è importante il ‘diritto di amare’?

“Il diritto di amare è fondamentale: il bisogno di amare e di essere amati che ogni persona porta con sé è il motore della vita stessa e ci indirizza verso i fratelli e verso Dio. Senza questo anelito la vita diventa come una musica senza melodia, priva di anima”.