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Diario dall’Ucraina, al confine con la Russia dove la guerra si sente ancora

Viaggio tra Kharkiv e Izium, a una manciata di chilometri dal confine, città ancora sotto coprifuoco che hanno vissuto un martirio

Guerra in Ucraina | Il murales del "Cosacchetto" in restauro sull'edificio del sindacato di Izium | AG / ACI Group
Guerra in Ucraina | Il murales del "Cosacchetto" in restauro sull'edificio del sindacato di Izium | AG / ACI Group
Guerra in Ucraina | L'ingresso ad Izium  | AG / ACI Group
Guerra in Ucraina | L'ingresso ad Izium | AG / ACI Group
Guerra in Ucraina | I sotterranei della stazione di polizia di Izium, dove le persone venivano torturate durante la presa della città | AG / ACI Group
Guerra in Ucraina | I sotterranei della stazione di polizia di Izium, dove le persone venivano torturate durante la presa della città | AG / ACI Group
Guerra in Ucraina | Parco giochi distrutto ad Izium | AG / ACI Group
Guerra in Ucraina | Parco giochi distrutto ad Izium | AG / ACI Group
Guerra in Ucraina | L'ingresso della stazione di polizia di Izium, distrutta dai bombardamenti | AG / ACI Group
Guerra in Ucraina | L'ingresso della stazione di polizia di Izium, distrutta dai bombardamenti | AG / ACI Group
Guerra in Ucraina | Le icone mariane lasciate lì dove ci sono state le vittime di un bombardamento a Izium | AG / ACI Group
Guerra in Ucraina | Le icone mariane lasciate lì dove ci sono state le vittime di un bombardamento a Izium | AG / ACI Group

C’era un cartone in tempo sovietico, definito con un termine che può essere tradotto in italiano con la parola “Cosacchetto”, piccolo cosacco. Rappresentava, in realtà, una sorta di “Braccio di Ferro” in salsa ucraina, un cosacco con i baffi e i muscoli a testimoniare la grandezza del popolo ucraino. C’era un murales che lo rappresentava sulla casa del sindacato, nella piazza centrale di Izium. La casa è stata distrutta, i russi, che hanno assediato Izium per 31 giorni (dal 3 marzo all'1 aprile) e sono rimasti nella città fino a settembre, quando le forze ucraine hanno ripreso il controllo. Ora la prima preoccupazione, prima ancora di ricostruire dalle macerie, è quella di restaurare il murales. Perché la decisione è di costruire una identità, prima che gli edifici.

E certo che di costruire gli edifici ci sarebbe bisogno. L’80 per cento dei palazzi più alti sono andati distrutti, il 30 per cento delle case private anche. Alcuni rapporti arrivano a dire che sono stati anche gli ucraini a bombardare, e che alla fine molti degli edifici civili sono stati attaccati per la presenza di militari. Se pure fosse vero, va considerato che gli ucraini attaccavano una città in mano ai russi. Gli edifici civili in cui si stabilivano, poi, erano stati evacuati.

Questi, però, sono dettagli politico-strategici, che nulla tolgono o aggiungono ai fatti che sono successi. Con l’Operazione Militare Speciale, i russi hanno aggredito da quella frontiera, trovando, dopo Izium, una aperta campagna fino a Kharkiv. A Izium hanno bombardato un posto di polizia, e poi ne hanno usato i sotterranei distrutti come prigioni e camere per le torture. Lì, in celle dove potevano stare massimo due persone, venivano stipate sette persone, in condizioni igieniche precarie. Quei sotterranei, infatti, non erano stati rinnovati e non venivano utilizzati. In quel che resta di quelle stanze, si trovano anche libri, oggetti dei prigionieri. C’erano anche donne. Sei stupri sono stati ufficialmente riconosciuti, su altri si sta indagando.

Anche l’ospedale è stato danneggiato dalle bombe, lì dove c’era il reparto di chirurgia. Ora funziona a metà, non accoglie più bambini, ha una settantina di pazienti.

E, su via Primo Maggio, c’è stato un bombardamento massiccio nel marzo 2021 che ha praticamente buttato già una intera ala di un palazzo. Ha causato 51 morti, di cui cinque trovati subito e altri dopo varie ricerche nelle macerie. Tra loro, due bambini, uno nato nel 2016 e uno nel 2019.

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I palazzi sono rovinati, le finestre divelte, ma gli appartamenti, quando hanno retto, hanno mantenuto pezzi di vita. Una signora arriva con due borse della spesa con le rotelle e porta via alcuni dei suoi oggetti personali. Un armadio è ancora pieno di vestiti. C’è un parco giochi, con scivoli, altalene, anche quelli colpiti dalle bombe. Una ala di un palazzo non c’è, e sono state messe delle icone mariane a memoria. Sullo sfondo, una scuola, anche quella distrutta, e una chiesa ortodossa.

Ma Izium è anche la città delle fosse comuni. Poco fuori città, nei pressi di un cimitero, ci sono 447 tombe di massa, di cui 425 di civili. Sono persone morte nei bombardamenti, che non si sapeva dove mettere, e che sono state seppellite alla bell’e meglio, senza bara, senza copertura, solo con un po’ di terreno. Erano tombe minate, e solo dopo lo sminamento si sono potute esumare. In alcune è stata messa una bara, in molte è stato messo il nome della persona. Ci si trova gente comune, di ogni tipo, anche se ormai i loro cadaveri non ci sono più.

È una città martire, Izium. Eppure, si continua ad andare avanti, si cerca di ricostruire. C’è ancora il coprifuoco. E c’è a Kharkiv, la città che fa da riferimento per la regione. È una città a maggioranza di lingua russa, che aveva 50 mila abitanti prima dell’invasione e che ora ne ha appena 25 mila. Il coprifuoco è stato portato avanti, fino alle 23, ma la Messa di Natale sarà celebrata presto, per evitare di andare oltre il coprifuoco, e in piccoli gruppi, in varie parrocchie, per evitare assembramenti.

“I russi – dice il vescovo Pavlo Hončaruk di Kharkiv – conoscono bene le nostre feste e magari vogliono mandare un regalo, come fecero con i missili a Pasqua”.

Se la città è in maggioranza di lingua russa, dopo l’aggressione in molti hanno smesso di mantenere le posizioni russe. Nei locali della Chiesa armeno cattolica dell’Assunta hanno dormito 40 bambini durante i giorni dell’assedio. Tina vive in un albergo di amici. Ha una bambina di 10 anni, e già il 3 marzo 2022 aveva perso la casa per i bombardamenti ed era andata via, venendo destinata in Italia, a Rieti. È rimasta qualche mese, ha avuto difficoltà a trovare lavoro. Ed è tornata, anche senza casa, perché “mi mancava troppo qui”.

Si capisce da questi dettagli il perché il popolo ucraino continui a combattere e continui a non considerare nemmeno un cedimento, nonostante tutto. Da Izium a Kharkiv ci sono due deviazioni, a causa di un ponte distrutto e di una strada danneggiata, e diversi checkpoint militari e cavalli di frisa. Ma c’è traffico, la gente ha ripreso a muoversi, affronta anche la paura.

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La guerra finirà in due o tre mesi, quando l’Occidente avrà capito cosa abbiamo fatto”, sostiene il vice capo dell’amministrazione militare della Regione. L’idea, nemmeno troppo nascosta, è un impegno massiccio di forze contro la Russia. Ma davvero potrebbe bastare?

Non lo sanno i soldati, e nemmeno i cappellani che ogni giorno vanno al fronte a dire Messa, in maniera discreta, quasi nascosta, e lo faranno anche a Natale.

Sarà comunque un Natale difficile, e il vescovo sottolinea anche che in questo Natale è necessario vedere Gesù nel nemico. Ma come fare quando il nemico ha stuprato, fatto violenza e non ha chiesto perdono? “Non è razionale. È una cosa che devo vivere io per primo nella mia vita. Io ho smesso di sfidare Dio con la domanda del perché succede tutto questo, anche se a volte sono sconfortato. Sono chiamato a credere”, risponde il vescovo.

Izium, Kharkiv, tutta la zona, porta ferite ancora aperte. Qualche ora dopo la visita della delegazione di giornalisti, un altro attacco ha causato quattro feriti. Eppure, proprio da lì è arrivato un primo appiglio per una speranza di riconciliazione. È da lì che si può ripartire.

 

(3- fine)