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Diplomazia pontificia, la visita del Cardinale Stella a Cuba

Alla fine di gennaio, il Cardinale Beniamino Stella è stato a Cuba come inviato del Papa, per celebrare i 25 anni del viaggio di Giovanni Paolo II. La situazione in Nicaragua. L’appello per l’Ucraina

Cardinale Stella | Il Cardinale Stella durante il suo viaggio a Cuba | Vatican News / Twitter Cardinale Stella | Il Cardinale Stella durante il suo viaggio a Cuba | Vatican News / Twitter

Venticinque anni fa, ci fu la prima, storica visita di Giovanni Paolo II a Cuba. Papa Francesco ha mandato come suo inviato per le celebrazioni il Cardinale Beniamino Stella, che al tempo del viaggio di Giovanni Paolo II nel 1998 era il nunzio en la isla. Stella ha fatto anche un appello per la liberazione dei prigionieri in carcera dalle proteste antigovernative del 2021.

Dopo la condanna di cinque sacerdoti in Nicaragua, la COMECE ha inviato una lettera di sostegno alla Conferenza Episcopale locale, chiedendo la liberazione dei sacerdoti.

Dall’Assemblea Sinodale Continentale di Praga, arriva anche un appello per l’Ucraina.

                                                FOCUS AMERICA LATINA

Il Cardinale Stella a Cuba, un appello per la liberazione dei prigionieri

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C’è stato anche un appello per la liberazione dei prigionieri politici, durante il viaggio del Cardinale Beniamino Stella a Cuba come inviato di Papa Francesco per celebrare il venticinquesimo del primo, storico viaggio di un Papa en la isla, il baluardo comunista al tempo guidato da Fidel Castro.

Molti gli incontri politico diplomatici del soggiorno del Cardinale Stella. Il primo segretario del Comitato Centrale del Pario Comunista e presidente della Repubblica di Cuba, Miguel Diaz-Canel Bermudez, ha ricevuto il Cardinale Stella nel Palazzo della Rivoluzione, sottolineando “tutta la volontà che esiste di continuare a portare avanti le relazioni dello Stato cubano e la Santa Sede, e anche con la Chiesa Cattolica a Cuba.

Diaz-Canel ha detto anche di voler “continuare a costruire con mutuo beneficio” cammini per portare avanti “la soluzione delle aspettative da entrambe le parti”, enfatizzando che “la visita arriva in un momento molto particolare di questa relazione”.

Ricordando la visita di Giovanni Paolo II, il segretario del Partito Comunista Cubano ha detto che questa “lasciò un forte segno nel popolo cubano”, e di ricordare anche i dettagli organizzativi, compresi quelli della Messsa a Santa Clara, una Messa “belle con molta partecipazione popolare”.

L’incontro è avvenuto prima dell’evento dell’Aula Magna dell’Università di Habana per il 25esimo della visita di Giovanni Paolo II. Ma Diaz –Canel ha ricordato anche la visita di Benedetto XVI nel Paese, e il fatto che anche lui critico l’embargo su Cuba, fino a menzionare la relazione di affetto con Papa Francesco. Fu, in effetti, con la mediazione della Santa Sede che si ristabilirono le relazioni Cuba- Stati Uniti.

A sua volta, il Cardinale Stella ha sottolineato la “gratitudine” per parecipare all’incontro, lui che era nunzio apostolico en la isla al tempo della visita di Giovanni Paolo II, e che ha dunque potuto “rivivere quell’esperienza” e sentire “la calorosa ospitalità del popolo cubano. Ogni diocesi visitata ha risvegliato nella mia memoria diversi e grati ricordi”.

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Il Cardinale Stella ha anche detto, parlando con i media, che la Chiesa Cattolica “desidera molto” che Cuba “liberi quanti sono stati condannati per le protestet anti-governative dell’11 luglio 2021”. E ha aggiunto: “Il Papa desidera molto avere una risposta positiva. È importante che i giovani che in un momento manifestarono il loro pensiero sotto forma di condanna possano ornare a casa”.

Il cardinale ha rivendicato anche l’importanza del dialogo, a partire da “bontà e rispetto”, e ha affermato che la Santa Sede desidera che “chi ha potere possa parlare e ci si possa ascoltare mutuamente, in modo che sappiano le cose che fanno bene al popolo cubano”.

Il Cardinale Stella era arrivato all’Avana il 23 gennaio, e tra le cose ha anche visitato le diocesi cattoliche del Paese e parlato con i responsabili.

I vescovi europei domandano la liberazione dei sacerdoti detenuti in Nicaragua

Lo scorso 8 febbraio, la Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (COMECE), presieduta dal Cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo, ha fatto un appello chiedendo l’immediata liberazione dei sacerdoi detenuti dal governo nicaraguense.

I vescovi hanno detto che avrebbero fatto “qualunque cosa in loro potere” per fare pressione sulle istituzioni dell’Unione Europea nel lavorare per liberare i detenuti.

La lettera di Hollerich è stata inviata al presidente della Conferenza Episcopale Nicaraguense il giorno dopo che quattro sacerdoti del Paese sono stati condannati a 10 anni di prigione con accuse di cospirazione nate dalle accuse del governo che la Chiesa avrebbe appoggiato le illegali proteste pro-democratiche. La scorsa domenica, un altro sacerdote era condannato.

Fino ad ora, la Santa Sede ha mantenuto un profilo basso sulla situazione in Nicaragua. Dopo la repentina espulsione del nunzio apostolico, l’arcivescovo Waldemar Sommertag, già destinato ad una nuova nunziatura, la Santa Sede non ha provveduto a nominare un nuovo “ambasciatore del Papa” a Managua. Questo è anche un segnale diplomatico, perché la Santa Sede vuole mantenere le relazioni con il Paese ma senza dare l’impressione di legittimare il governo e le sue azioni.

L’ultima volta che Papa Francesco ha parlato del Nicaragua è stato lo scorso settembre, di ritorno dal viaggio in Kazakhstan, commentando sull’arresto del vescovo Rolando Alvarez di Matagalpa, avvenuto ad agosto.

Nella lettera inviata al presidente della Conferenza Episcopale Nicaraguense, Hollerich ha sottolineato che “le azioni del governo stanno violando la libertà religiosa”, e che i vescovi stanno “seguendo da vicino lo sviluppo della situazione in Nicaragua, segnata dalla persecuzione della Chiesa Cattolica e i suoi fedeli”, che i vescovi univano le loro voci chiedendo la fine dell’ingiustizia cui i nostri fratelli in Nicaragua sono soggetti, e chiedendo il loro immediato rilascio

                                                FOCUS EUROPA

L’arcivescovo Gallagher segnala le condizioni vaticane per un incontro con il Patriarca di Mosca

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Parlando con la corrispondente vaticana dell’agenzia di stampa governativa russa TASS, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario Vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha fatto sapere che "Papa Francesco non ha rinunciato all'idea di incontrare il Patriarca Kirill di Mosca e di tutte le Russie, ma solo in una situazione di pace, in modo che il colloquio riguardi solo questioni teologiche". 

Il “ministro degli Esteri” vaticano ha anche sottolineato che non ci saranno ulteriori preparativi per l’incontro (si parlava di un incontro da fare a Gerusalemme a giugno, poi annullato e rivelato dallo stesso Papa) se non ci saranno condizioni di pace.

Lo stesso Gallagher ha fatto sapere di essere in costante contatto con il metropolita Anonij di Volokolamsk, capo del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca.

Il grido dell’Ucraina durante l’Assemblea Sinodale Continentale di Praga

Lo scorso 9 febbraio, prendendo la parola durante la discussione sulla relazione finale dell’Assemblea Sinodale Continentale di Praga, il vescovo Teodor Martynyuk, vescovo ausiliare greco cattolico di Kyiv, ha ricordato la guerra in Ucraina, chiedendo con forza che un riferimento ancora più forte al conflitto fosse inclusa nel documento finale.

Centinaia di migliaia di uccisi tra cui 460 bambini”, ha detto il vescovo. “Circa 12 milioni di profughi, sia interni che quelli che sono partiti all’estero e che voi avete accolti generosamente. Una tragedia insopportabile al centro del continente europeo. Sono stati distrutti dai russi 1.100 ospedali. Sono state occupate le nostre parrocchie, due sacerdoti sono incarcerati, alcuni sacerdoti sono detenuti nei campi di filtrazione in Russia, alcuni sacerdoti, religiosi e religiose, sono stati feriti”.

Per questo è stato richiesto che “nel documento finale si usino affermazioni chiare per quanto riguarda l’invasione russa in Ucraina. Chiediamo sinceramente che la necessità della pace giusta in Europa sia inserita nel Documento finale. Chiediamo che la gratitudine del popolo ucraino a tutte le nazioni d’Europa che sono solidali con l’Ucraina nella sua sofferenza sia menzionata nel Documento”.

Il primo ministro della Repubblica Ceca scrive all'Assemblea Plenaria Continentale Europea

Il primo ministro della Repubblica Ceca Pietr Fiala si è reso presente all'assemlea sinodale continentale dei vescovi con un messaggio letto da Vaclav Kolaja, ambasciatore di Repubblica Ceca presso la Santa Sede, che è stato presente pressoché per tutta la durata dei lavori.

Scusandosi per l'impossibilità di essere presente a causa di impegni di lavoro, il primo ministro ceco ha sottolineato che "il cristianesimo è stato fondamentale per la formazione dell'Europa, inclusi i valori su cui la civiltà europea è costruita oggi, come la libertà umana, il rispetto per gli esseri umani e la solidarietà".

Per Fiala, è importante che "la visione dei cristiani sul mondo e sull'uomo" resti forte nell'arena pubblica, e che i cristiani continuino ad essere luce del mondo e sale della terra, come ricordano i temi del Sinodo.

Il primo ministro ha ricordato che la discussione sinodale stessa, a partire dal basso, è "una grande testimonianza per il mondo" che si devono creare nuovi patti, buttare giù muri, ma "allo stesso tempo non ci si deve fermare di nominare il bene e il male"

                                                FOCUS AFRICA

Il presidente del Malawi loda le iniziative della Chiesa

Il presidente del Malawi Lazarus McCarthy Chakwera, in un incontro con l’arcivescovo Gianfranco Gallone, “ambasciatore del Papa” in Malawi e Zambia, ha lodato “l’enorme impatto socio economico” delle iniziative della Chiesa cattolica nel Paese, effettuate “nel corso di decenni con un numero di interventi in numerosi settori chiave dello sviluppo umano”, ha scritto il presidente in un messaggio pubblicato su Facebook l’1 febbraio.

Il presidente ha anche detto di aver incontrato il nunzio per discutere di come “consolidare il rapporto cordiale di lavoro tra il Malawi e la Chiesa Cattolica.

Da parte sua, ha detto il presidente, l’arcivescovo Gallone “si è impegnato a continuar a collaborare con il mio governo e il popolo del Malawi nel migliorare gli Stati di vita a livello, domestico e comunitario”.

Tra le ultime iniziative dei vescovi del Malawi, la pubblicazione delle Politiche di Salvaguardia per Bambini e Adulti Vulnerabili.

FOCUS NUNZIATURE.

Un nuovo “ambasciatore del Papa” in Thailandia.

È l’arcivescovo Peter Bryan Wells il nuovo nunzio aposolico in Thailandia e Cambogia, incarico che include quello di delegato apostolico in Laos.

Wells, per diversi anni assessore della Segreteria di Stato e una delle persone più influenti del Vaticano, era dal 2016 nunzio in Sud Africa, Botswana, Lesotho, Namibia ed eSwatini.

Sacerdote dal 1991, nel 1998 entrò nella Pontificia Accademia Ecclesiastica, la “scuola degli ambasciatori del Papa”, per poi cominciare il suo lavoro nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 1999.

Ha lavorato nella nunziatura in Nigeria, e poi è stato chiamato nel 2002 nella sezione degli Affari Generali della Segreteria di Stato come capo del desk di lingua inglese.

Nel 2009 era stato nominato assessore della Segreteria di Stato, e in quella funzione è anche stato segretario della Pontificia Commissione Referente sull’Istituto delle Opere di Religione, e ha seduto nel Comitato per la Sicurezza Finanziaria della Santa Sede.

Era nunzio in Sudafrica dal 2016.

                                                FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede sull’antisemitismo nella regione OSCE

Il 7 febbraio, a Skopje, in Macedoni del Nord, si è tenuta la sessione conclusiva della Conferenza sull’affrontare l’antisemitismo nella regione OSCE.

Monsignor Janusz Urbanczyk, rappresentante permanente della Santa Sede presso le organizzazioni internazionali di Vienna, prendendo la parola a nome della Santa Sede ha analizzato il rapporto dell’Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani dell’OSCE (ODIHR) riporta ogni anno un “crescente e allarmante numero di crimini antisemiti”, e che quasi tutti i casi sono “crimini di odio anti-religioso”.

Gli odi antisemiti sono “ampiamente registrati al ribasso”, e quindi la Santa Sede chiede maggiore accuratezza e si dice “particolarmente preoccupata dal crescente numero di attacchi contro sinagoghe, cimiteri ebrei, e altri siti della comunità ebrea”.

La Santa Sede ha anche notato una crescente erosione della liberà per gli ebrei di “coltivare le loro tradizioni religiose e di vivere in accordo con i dettati della coscienza”, considerando che “alcune delle limitazioni non dovute sulla libertà religiosa o di credo sembra basata sulla falsa idea che le azioni basate sul comportamento religioso non dovrebbero avere un poso nella nostra società”.

E invece, la Santa Sede è “convinta che la libertà religiosa è essenziale specialmente in una società secolare, sia per credenti che per non credenti, dato che protegge la realtà più intima di ogni persona e l’identità di differenti comunità religiose che vivono nella nostra società”.

La Santa Sede mette in luce anche la tendenza preoccupante alla “banalizzazione, la diminuzione e la disappropriazione dell’Olocausto”, e questo in particolare contro le misure pubbliche sanitarie riguardo il COVID 19. L’Olocaustto, per la Santa Sede, è incomparabile con ogni altra forma di fenomeno.

Quindi, si mette in luce che espressioni anti-Semite sono sempre esistite, ma ora con internet e l’uso dei social network ttutto si è amplificato.

“La Santa Sede – ha detto monsignor Urbanczyk – ha frequentemente chiesto che la libertà di espressione, come ogni diritto umano, viene con responsabilità che non possono essere ignorate. Se gli stessi diritti goduti offline devono essere protetti online, allora i corrispondenti doveri e responsabilità che le persone hanno offline devono essere richieste online.

Una special attenzione, insomma, va data anche ai provider internet e ai servizi di social network, stabilendo codici di condotta adeguati.