Mentre gli occhi sono rivolti all’ Ucraina, c’è un’altra guerra dimenticata che pesa sui cristiani in Caucaso. La comunita cristiana armena.  La fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) si rivolge ai cattolici italiani con due progetti per aiutare la comunità cristiana armena.

Queste iniziative scaturiscono dalla visita di una delegazione di ACS che nell’ottobre 2021 ha acquisito in loco le informazioni necessarie a soccorrere i rifugiati provenienti dal Nagorno-Karabakh, piccola regione montana del Caucaso abitata prevalentemente da armeni, divenuta enclave contesa e teatro dell’ultimo scontro armato iniziato nel settembre 2020 fra la stessa Armenia (cristiana per il 94,4%) e l’Azerbaigian (musulmano per il 96,2%). Alla triste eredità conseguente l’implosione dell’URSS si sono progressivamente sovrapposti gli interessi delle tre potenze regionali: Russia, Turchia e Iran. Nel corso del conflitto i siti del patrimonio culturale e religioso sono diventati obiettivi privilegiati, primo fra tutti la cattedrale di Shusha, importante monumento storico e religioso, colpito per due volte dal fuoco dell’artiglieria. 

Il cessate il fuoco negoziato nel novembre 2020 non è stato sufficiente a evitare innumerevoli crimini di guerra, più di 4.000 soldati armeni caduti e circa 90.000 rifugiati, di cui solo 25.000 sono stati in grado di tornare alle loro case. Molti armeni si sentono delusi dai termini dell'armistizio in base al quale l'Azerbaigian dovrebbe mantenere il controllo dei territori conquistati in guerra e le truppe russe dovrebbero restare nel Nagorno-Karabakh per un periodo di cinque anni per garantire la pace. L’intervento di Aiuto alla Chiesa che Soffre è diventato sempre più urgente considerando che gli aiuti di Stato non sono più disponibili e molte organizzazioni caritative hanno abbandonato il territorio. Per questi motivi ACS si rivolge ai benefattori e a tutta la comunità cattolica italiana per raccogliere i fondi necessari ad aiutare i cristiani rifugiati a Goris. La città si trova vicino ai confini del Nagorno-Karabakh ed è qui che ACS vuole aiutare 150 famiglie cristiane per 15 mesi, in primo luogo fornendo cibo e assicurando un alloggio, e in secondo luogo facilitando l'incontro tra offerta e domanda di lavoro allo scopo di rendere i nuclei familiari autosufficienti nel più breve lasso di tempo possibile. Così facendo ACS contribuirà alle attività della Chiesa armena, la quale sopperisce alla carenza di aiuti da parte delle autorità civili assicurando alle migliaia di rifugiati cristiani non solo assistenza spirituale e psicologica ma anche il sostegno materiale.

Fedele alla propria missione di fondazione pontificia dedita in particolare a favorire la pastorale dove essa è ostacolata, ACS in Armenia vuole sostenere anche la formazione dei seminaristi. Il progetto proposto alla comunità italiana sarà realizzato d’intesa con l’Ordinariato della Chiesa Cattolica Armena. Come ricorda il direttore di ACS Italia Alessandro Monteduro, “Papa Francesco nel suo viaggio apostolico in Armenia ha affermato che oggi i cristiani in alcuni luoghi sono discriminati e perseguitati per il solo fatto di professare la loro fede. Il Pontefice in quella occasione ha aggiunto che il popolo armeno è fra quelli che hanno sperimentato sofferenza, dolore e persecuzione. È questo popolo che i futuri sacerdoti, con il sostegno dei benefattori di ACS, dovranno servire”, conclude Monteduro.