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È Beato padre McGivney, martire del coronavirus ante litteram

Il fondatore dei Cavalieri di Colombo morì a 38 anni per le complicazioni di una influenza del tipo “corona” nel 1890. L’organizzazione da lui fondata ha oggi 2 milioni di membri

Un momento della beatificazione di padre McGivney, nella cattedrale di St. Joseph, Hartford (Connecticut) | Un momento della beatificazione di padre McGivney, nella cattedrale di St. Joseph, Hartford (Connecticut) | EWTN / YouTube
Un momento della beatificazione di padre McGivney, nella cattedrale di St. Joseph, Hartford (Connecticut) | Un momento della beatificazione di padre McGivney, nella cattedrale di St. Joseph, Hartford (Connecticut) | EWTN / YouTube
Beatificazione McGivney | Un momento della beatificazione di padre McGivney, nella cattedrale di St. Joseph, Hartford (Connecticut)  | EWTN / YouTube
Beatificazione McGivney | Un momento della beatificazione di padre McGivney, nella cattedrale di St. Joseph, Hartford (Connecticut) | EWTN / YouTube

Il primo parroco statunitense ad essere beatificato nella storia è un sacerdote che, con il suo impegno, ha dato vita ad una organizzazione che oggi conta 2 milioni di membri, e che potrebbe essere considerato un martire del coronavirus, essendo morto a 38 anni per una polmonite nata da una complicazione di una influenza del tipo “corona”, la cosiddetta influenza russa.

La beatificazione è avvenuta il 31 ottobre, con una Messa celebrata nella cattedrale di Hartford (Connecticut) dal Cardinale Joseph Tobin, arcivescovo di Newark.

“Quello che celebriamo oggi è prima di tutta la fedeltà di Dio nei confronti del suo popolo,” ha detto il Cardinale Tobin. E padre McGivney è “stato il volto delle famiglie immigrate”, è un testimone che “stato un apostolo che si è curato delle vittime di una epidemia a costa della sua vita”, e che si è manifestato attraverso l’intercessione per un miracolo ad un bambino ancora non nato. Così, “la breve vita di questo uomo, un secolo e mezzo dopo, parla eloquentemente”.

Nella lettera apostolica che sanciva la beatificazione, Papa Francesco ha sottolineato che “lo zelo per la proclamazione del Vangelo e la generosa preoccupazione per i suoi fratelli e sorelle” ha fatto di padre McGivney “uno straordinario testimone della solidarietà cristiana e l’assistenza fraterna”.

Padre McGivney sarà commemorato il 13 agosto – tra il suo giorno di nascita, il 12 agosto, e quello della morte, il 14 agosto.

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La pandemia in corso ha fatto sì che la cerimonia nella cattedrale fosse solo ad inviti. Si è trattato comunque di una Messa partecipata se animata orgogliosamente dai Cavalieri di Colombo, la associazione di laici che McGivney fondò nel 1882 per aiutare vedove ed orfani e che oggi conta 2 milioni di membri nel mondo, sponsorizzando una vasta quantità di attività educative, caritative e religiose.

Il miracolo attribuito alla sua intercessione che lo ha portato alla beatificazione ha avuto luogo nel 2015, e riguardava un bambino statunitense, Mikey Shachle, 13esimo figlio di una coppia, che aveva una idrope fetale e non aveva praticamente speranze di sopravvivenza. I genitori del bambino hanno chiesto l’intercessione di padre McGivney, e oggi Mikey ha cinque anni, ed è in buona salute. La sua guarigione, già nel feto, è stata considerata inspiegabile.

Padre McGivney è il primo parroco statunitense beatificato. Oltre che patrono dei parroci, potrebbe essere considerato un martire della pandemia, perché morì di polmonite durante lo scoppio di una influenza a Thomaston,, che alcune ricerche recenti hanno classificato come una influenza causata da un virus di tipo corona.

“Tutti noi possiamo trovare incoraggiamento nella vita di padre McGivney”, ha detto il Cardinale Tobin. Che ne ha anche tratteggiato la vita, sottolineando che la sua formazione è nata in famiglia, lui, studente brillante, che ha però anche conosciuto il lavoro dei campi, conoscendo così “il semplice requisito di un pastore: amare il suo popolo”.

Ha infine sottolineato il Cardinale Tobin: “In tempo di divisione e sofferenza, guardiamo il suo volto, e notiamo che la vita non è transizionale, ma un dono da condividere”,