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Ebrei e cristiani. Arcivescovo Nosiglia: “Confermiamo l'impegno comune per il dialogo"

L'Arcivescovo Nosiglia |  | Bohumil Petrik CNA L'Arcivescovo Nosiglia | | Bohumil Petrik CNA

“La Giornata nazionale di dialogo ebraico-cristiana è un appuntamento divenuto tradizionale, nel senso più forte del termine: scandisce cioè la nostra vita dandole un contributo specifico di significato”. Cosi l’Arcivescovo di Torino, Monsignor Nosiglia ha salutato tutti i presenti in occasione della visita alla comunità ebraica di Torino.

“L’incontro che stiamo vivendo qui a Torino – sottolinea l’Arcivescovo -  in sinergia con tanti altri incontri che si stanno tenendo in questi giorni nelle diverse città italiane, testimonia infatti ancora una volta la scelta convinta e irrevocabile di tutta la Chiesa di vivere rapporti di fraternità e di stima con il popolo ebraico, confermando l’impegno comune per il proseguimento di un dialogo fecondo”.

Questa giornata è “nostra”, cosi la definisce monsignor Nosiglia, “perché condivisa nella riflessione e nella fraternità, e perché esprime la reciproca responsabilità di ebrei e cristiani di tutte le confessioni nel vivere la comunione e la solidarietà da concretizzare in forme differenziate nel tempo e nelle diverse situazioni di vita”.

Per i prossimi cinque anni la commissione ebraico-cristiana incaricata di curare questa Giornata a livello italiano, ha scelto di proporre alla comune riflessione un brano preso da cinque libri biblici, che nella Bibbia Ebraica costituiscono le cinque “meghillot” (i rotoli): Rut, Cantico dei Cantici, Qoelet, Lamentazioni, Ester.

“Il libro di Ruth – spiega l’Arcivescovo di Torino - ci propone una storia antica e nuova: quella di una famiglia di Betlemme che, spinta dalla carestia, si sposta nella terra di Moab, e in tale terra mette le prime radici: i due figli della famiglia ebraica emigrata sposano donne locali esprimendo la scelta di inserirsi in tale contesto pur mantenendo la propria fede. La morte del padre e poi dei due figli maschi pone fine a questo progetto, e si apre per l’anziana madre vedova, Noemi, la decisione di ritornare a Betlemme, lasciando le nuore libere di rimanere nella loro terra. Tra esse Ruth sceglie di seguire Noemi, rinunciando al proprio popolo e ai propri dei, e accettando di essere straniera in terra di Israele. Grazie all’affetto e alla devozione verso la suocera – che la ricambia – e attraverso l’incontro con Booz, Ruth ritroverà una rinnovata integrazione nella famiglia del marito di cui era rimasta vedova, e dunque nel popolo di Israele, tanto da divenire antenata del re Davide”.

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Questa storia fa riflettere e rimanda all’attuale presente. “Il primo punto – spiega monsignor Nosiglia -  è l’esperienza dell’emigrazione, con la conseguente esperienza dell’estraneità e la sfida di sviluppare rapporti con l’altra persona “straniera”. È un’esperienza chiave nel libro di Ruth, che rimanda immediatamente all’esperienza attuale delle migrazioni, in cui tutti siamo coinvolti. Il secondo punto è come reagire sul piano in primo luogo personale di fronte alla sfida posta dalle migrazioni? Le migrazioni, i movimenti di persone e di popoli, sono un fatto che ci interpella e a cui dobbiamo scegliere di dare delle risposte”.

Conclude l’Arcivescovo di Torino: “Sono infatti le relazioni interpersonali la trama fondamentale che sostiene il tessuto della società:  noi credenti nell’unico Signore di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, siamo chiamati insieme a sviluppare relazioni di accoglienza, di riconciliazione, di promozione della pace, di lotta contro ogni forma di violenza, per moltiplicare le situazione concrete di inclusione in cui sperimentare forme rinnovate e talora inedite di fraternità tra gli uomini e le donne del nostro tempo”.