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Egitto: tra instabilità e pugno di ferro

Il Presidente egiziano Al Sisi |  | U.S. Department of State Il Presidente egiziano Al Sisi | | U.S. Department of State

Instabilità e pugno di ferro. E’ questa in sintesi la fotografia della situazione politica dell’Egitto nel 2017. Da un lato il presidente - il generale Al Sisi - governa il Paese con il pugno di ferro, dall’altro - dopo aver praticamente messo al bando i Fratelli Musulmani - gli estremisti islamici e l’ISIS in particolare con ripetuti attentati - gli ultimi sanguinari il giorno della Domenica delle Palme - cercano di destabilizzare il governo.

Il generale Abdel Fattah Al Sisi governa l’Egitto dal luglio del 2013 quando da ministro della Difesa rovesciò con un colpo di stato il presidente eletto della Fratellanza Musulmana Mohammed Morsi. 

Al Sisi si è formalmente insediato come presidente nel giugno 2014, dopo le elezioni presidenziali con una maggioranza bulgara, pari a quasi il 97% dei voti.

Mentre ha represso con la forza numerose manifestazioni delle opposizioni, Al Sisi si è speso in prima persona per il rispetto del diritto della libertà religiosa. Il presidente non manca mai - ad esempio - alle celebrazioni religiose del Natale copto. 

L’Egitto è una repubblica - formalmente semipresidenziale - dal 1953. Nel Paese nordafricano si sono succeduti tra il 1956 e il 2011 tre presidenti: Gamal Abdel Nasser, leader egiziano delle guerre del 1956 e dei Sei Giorni, Anwar Sadat - primo leader arabo a riconoscere lo Stato d’Israele e assassinato dai Fratelli Musulmani nel 1981 - ed Hosni Mubarak, che ha governato per 30 anni per essere poi deposto dalle rivolte nate dalla cosiddetta Primavera Araba.

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L’Egitto è anche sede del quartier generale della Lega Araba, una organizzazione internazionale che riunisce i Paesi del Nord Africa, del Corno d’Africa e del Medio Oriente. Tra il 1979 e il 1989 l’Egitto fu sospeso dall’organizzazione per aver riconosciuto lo Stato d’Israele. Durante quel decennio la sede della Lega Araba fu trasferita in Tunisia.