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Fondazione Centesimus Annus: “Necessario ritrovare creatività e soddisfazione sul lavoro”

Domingo Bickel | Domingo Bickel, Presidente Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice | Bohumil Petrik / ACI Group Domingo Bickel | Domingo Bickel, Presidente Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice | Bohumil Petrik / ACI Group

La cultura dello scarto e il ruolo della cultura cristiana nel riscoprire l’austerità. L’economia informale. La necessità di una ulteriore riflessione sul tipo di crescita che ci si può permettere nel contesto attuale. La necessità di coinvolgere maggiormente l’economia privata nelle opere di solidarietà. Parla di questo e molto altro Domingo Sugranyes Bickel, presidente della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, in una intervista al Gruppo ACI nel giorno in cui inizia la Conferenza Internazionale Annuale della Fondazione: dedicata a “Ripensare i temi importanti della vita economica e sociale,” la Conferenza si tiene a Roma, nell’Aula Nuova del Sinodo e nel Palazzo della Cancelleria, dal 25 al 27 maggio, e vede la presenza, tra gli altri, dei Cardinali Parolin (Segretario di Stato), Marx (Coordinatore del Consiglio per l’Economia) e Calcagno (Presidente dell’APSA). Nella giornata di martedì, verrà conferito il Premio Internazionale “Economia e Società” al finanziere francese Pierre de Lauzun.

Il Papa parla spesso di "cultura dello scarto" che diventa nel vostro campo di lavoro una "economia dello scarto" . Come è oggi davvero la situazione, che divario c'è tra paesi poveri e ricchi? e rimane la divisione tra nord e sud o sono cambiate le linee di confine?

Nei paesi sviluppati c’è la necessità di fare una riflessione culturale ed educativa sul consumo e sull’assuefazione consumistica. È indubbio che l’industria dei beni di consumo di massa e la distribuzione hanno sviluppato tecniche di persuasione che sfruttano il desiderio dei consumatori, adulti, giovani o bambini, per avere l’ultima versione di unosmart phone o una scarpa dai colori fosforescenti… Le aziende, senz’altro, devono analizzare se queste tecniche sono eticamente difendibili. Ma il fattore piú decisivo sta nella cultura dei consumatori e nella riscoperta della vera “vita buona”, dove è piú importante ‘essere’ che ‘avere’ e dove la ricerca della qualità riprende il primo posto. L’economia di mercato è flessibile per natura e le imprese faranno ciò che gli verrà richiesto dal mercato: per bilanciare questa tendenza, l’azione delle associazioni di consumatori, per esempio, può essere importantissima, in taleprospettiva. L’educazione di stampo cristiano ha un ruolo essenziale nel riscoprire le virtù di una relativa austerità.

Il luogo di nascita rimane la causa principale di disuguaglianza nel mondo, anche se il numero di persone che vivono nella povertà estrema è diminuito in modo importante. Il divario all’interno dei paesi ricchi è spesso di natura più soggettiva, anche se è vero che la crisi iniziata nel 2008 ha reso fragile per molti una situazione di relativo benessere. Nello sforzo di dialogo che porta avanti la Fondazione Centesimus Annus - Pro Pontifice tra i principi della dottrina sociale cattolica, le ricerche del mondo accademico e l’esperienza vissuta dai professionisti, emerge in questo momento la necessità di ritrovare la strada della creatività e della soddisfazione sul lavoro. Per far questo ci vuole l’impegno di tutti: politici, amministratori, imprenditori, sindacati, università e scuole, affinché ognuno, nel suo contesto, possa esercitare le proprie capacità e abbia l’opportunità di svilupparle. Per esempio:occorrono riforme urgenti nei paesi del Sud Europa al fine di reinserire i giovani che abbandonano i percorsi di educazione formale senza avere acquisito nessuna preparazione concreta, rischiando così l’esclusione definitiva. Per superare tale criticità è necessario attuare un deciso rilancio della formazione professionale e una collaborazione molto più intensa tra settore pubblico e settore privato.

Che cosa si intende per "economia informale" ? E quale è il ruolo che possono avere gli economisti cattolici per la crisi globale che stiamo vivendo?

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Per economia ‘informale’ intendiamo tutte quelle attività che non rientrano in forme di lavoro tradizionali, ma che spesso assicurano la solidarietà e la coesione sociale: pensiamo naturalmente al lavoro in famiglia, all’aiuto intergenerazionale, ma anche all’immenso slancio di solidarietà che si è manifestato – anche se sempre insufficiente – nella crisi attuale. Ci sono purtroppo anche attività informali non accettabili, il riferimento è a quelle illegali, all’economia ‘in nero’. Nei paesi poveri l’attività economica ‘informale’,di fatto occupa la maggior parte della popolazione. Tutta questa problematica relativamente poco conosciuta deve essere analizzata se si vogliono capire quali sono le vere dimensioni del mondo del lavoro. Su questo, come su altre domande essenziali, come il futuro dell’occupazione nell’attuale sviluppo tecnologico o la concorrenza vincente dei paesi emergenti nelle produzioni tradizionali sono temi sui quali gli economisti cattolici debbono fare un passo avanti nella direzione di una riflessione pratica, ispirata ai principi della dottrina sociale, per tradurre l’idea di bene comune in politiche concrete.

La teoria della "decrescita felice" è una proposta utile? 

Non credo che si possa parlare veramente di ‘decrescita’ economica. Infatti, ogni impresa umana come la vita stessa non può fare a meno dell’aspirazione alla crescita. La questione da porsi è invece la seguente: che tipo di crescita possiamo permetterci?  Come fare affinché la crescita continui ad estendersi ai paesi poveri? È una questione di qualità. La crescita economica in un contesto istituzionale equilibrato e regolato è l’unica strada conosciuta per uscire dalla povertà.

Le attività no profit possono fare la differenza facendo entrare nel mondo economico una nuova mentalità? 

La nuova mentalità si sta già diffondendo e, malgrado il giudizio pessimista che generalmente si sente, credo che nel mondo delle imprese ci sia una tendenza a cercare una nuova definizione delle mete della propria attività e dei criteri che definiscono il successo imprenditoriale. Il trionfo del concetto di ‘sostenibilità’ ne è un indicatore. C’è ancora molto da fare per coinvolgere maggiormente l’economia privata nelle opere di solidarietà: crediamo, che da questo ambito, si possa sperare molto di più, piuttosto che da una politica, che usa come unica arma la maggiore imposizione fiscale.

Oltre i grandi temi della economia e della finanza qual è oggi il ruolo delle piccole imprese, dell'artigianato, delle micro società che specialmente in occidente sono spesso l'unico modo per creare lavoro?

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Certo; una parte essenziale delle riforme consiste nel favorire più efficacemente la creazione e lo sviluppo delle piccole imprese e dell’imprenditorialità in generale. La complessità dell’iter amministrativo e fiscale per le nuove imprese è un ostacolo tremendo nelle nostre società ‘corporativiste’.  La proliferazione di regolamenti e di controlli per ogni tipo di attività ne è un altro. C’è una reazione in corso, ma anche questo èun campo che necessita di riforme urgenti se vogliamo creare un’economia di mercato che siaal servizio dello sviluppo umano.

Il Premio Economia e società di quest' anno per quali motivi è stato assegnato?

Il premio ‘Economia e Società’ di quest’anno è stato assegnato in primo luogo ad un finanziere francese che, senza tralasciare le sue importanti responsabilità professionali ha saputo portare nei suoi libri una riflessione cristiana originale, piena di freschezza sulla storia economica e, in particolare, sulle vicende recenti della finanza mondiale. Nel libro premiato (Finance, un regard chrétien) – ancora non è stato tradotto in italiano, ma speriamo che lo sia presto - Pierre de Lauzun propone un ricchissimo insieme di proposte per una cultura finanziaria rifondata sulla scelta etica delle singole persone e su una visione critica di molte strutture di remunerazione o di incentivi pericolosi. Ci sono anche due premi complementari andati a due giovani autori di tesi di dottorato ancora non pubblicate. Entrambi i lavori si collocano sulla stessa linea di applicazione pratica e di diffusione della dottrina sociale della Chiesa.

Come imprenditori che cosa vi attendete dalla enciclica del Papa che sarà "ecologica" e quindi anche legata alla dottrina sociale della Chiesa cattolica?

Gli aderenti alla Fondazione non sono solo imprenditori; ci sono anche molti professionisti, dirigenti, universitari e funzionari. Aspettiamo di conoscere il contenuto dell’enciclica annunciata e subito cercheremo di portare il nostro sforzo di riflessione pratica anche seguendo le indicazioni di papa Francesco. Siamo una fondazione “pro Pontifice”!