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Gänswein, Benedetto XVI ha confidato solo nella “mite forza della verità”

La messa celebrata nelle Grotte Vaticane ad un mese dalla morte del Pontefice

L'arcivescovo Gänswein celebra la messa nella Grotte Vaticane ad un mese dalla morte di Benedetto XVI |  | AA
L'arcivescovo Gänswein celebra la messa nella Grotte Vaticane ad un mese dalla morte di Benedetto XVI | | AA
L'arcivescovo Gänswein celebra la messa nella Grotte Vaticane ad un mese dalla morte di Benedetto XVI |  | AA
L'arcivescovo Gänswein celebra la messa nella Grotte Vaticane ad un mese dalla morte di Benedetto XVI | | AA

"Uno dei più grandi e più influenti teologi di tutti i tempi sulla cattedra di Pietro si è messo sotto la protezione di un santo per il quale non esisteva teologia, solo adorazione".

L'arcivescovo Georg Gänswein lo ha detto questa mattina nella omelia della messa per il trigesimo di Benedetto XVI celebrata nelle Grotte Vaticane accanto alla tomba del Pontefice. Una cerimonia intima con pochi fedeli per la maggior parte persone che avevano collaborato con il cardinale Ratzinger prima e Papa Benedetto poi.

Chi è il santo cui fa rifermento Gänswein? Giuseppe Benedetto Labre. La sua festa cade il 16 aprile giorno della sua morte e giorno della nascita di Joseph Ratzinger. Giuseppe appunto come è stato battezzato e Benedetto come ha scelto di chiamarsi da Pontefice.

" Che sorpresa, che mistero, che umiltà, ma anche che lezione" dice Gänswein. E prosegue: Benedetto XVI vedeva la Chiesa e la vita della Chiesa non come qualcosa da trattare secondo le opportunità politiche o ecclesiastiche e per questa fermezza e questo coraggio è stato spesso oggetto di aspre critiche e non mancavano anche parole ingiuriose, dei veri insulti. Il mite e cauto sacerdote non è scappato dal suo dovere di ricordare come egli stesso da Papa non avesse il potere di cambiare la fede rivelata e affidata alla Chiesa per annunciarla e testimoniarla - opportune, importune.

Dai Papi del medioevo si aspettava che avessero sempre un “orecchio aperto” alle richieste o ai desideri degli imperatori di quel tempo. Papa Benedetto vedeva la sua missione e il suo impegno nel rammentare e, se necessario, anche nell’ammonire i teologi e i vescovi, di non soccombere alle correnti teologiche pericolose ma di rimanere nell'unità della Chiesa Universale e fedeli al depositum fidei.

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Sapeva che a causa di questo atteggiamento c'era una certa avversione contro il suo pontificato. Ma nello stesso tempo aveva suscitato una grande onda di conversione e di vocazioni al sacerdozio e alla vita contemplativa. Anche i suoi amici qualche volta non capivano perché avesse rinunciato al potere conferito al Ministero Petrino e non abbia voluto governare con ordini; infatti non voleva impartire ordini. Ha confidato solo nella “mite forza della verità”. Senza la quale tutte le riforme nella Chiesa sono costruite sulla sabbia. “Era questo un idealismo ingenuo e fuori dal mondo o il comportamento adeguato ad un sacerdote, ad un vescovo, ad un Papa?"

Alle deformazioni, che hanno colpito la sua persona e anche il magistero da diverse parte appartengono i sospetti che egli simpatizzasse con un certo antigiudaismo ecclesiastico del passato. Tutt’altro: è stato proprio Benedetto XVI che nella relazione fra Chiesa e Ebraismo, già da Teologo e Vescovo, ha fatto molti passi in avanti. Ha flagellato l’antisemitismo non solo come macchia nella Chiesa, ma come un attacco al suo proprio fondamento. Non si è stancato di dimostrare che il Nuovo Testamento è connesso con la tradizione ebraica. Antico e Nuovo Testamento erano per lui un solo Libro. Noi sappiamo che una grande parte delle sue ricerche teologiche e delle sue meditazioni è stata dedicata alla persona di Gesù Cristo. E la più bella testimonianza teologica ma anche personale è il libro di “Gesù di Nazaret”.

L'arcivescovo ha poi parlato della spiritualità di Benedetto Giuseppe Labre, e di come avesse eco nella spiritualità di Papa Benedetto. Il segreto della vita soprannaturale di San Giuseppe Benedetto Labre era: “Bisogna avere tre cuori riuniti in uno solo: un cuore per l’amore di Dio, un cuore per lo zelo verso il prossimo e un cuore che da’ testimonianza per la bellezza della fede.” Era questo anche il segreto della vita spirituale di Benedetto XVI. C’è una sola differenza fra il Santo francese  - per cui non esisteva teologia, solo adorazione - e il Papa bavarese per il quale la teologia esisteva ed era proprio ha la teologia che ha aperto per lui la porta all’adorazione”.

La messa è stata concelebrata da molti sacerdoti, tra cui Padre Federico Lombardi, presenti le Memores Domini che hanno assistito Benedetto XVI negli anni del pontificato e poi al Monastero Mater Ecclesiae, la sua segretaria suor Birgit Wansing. Al termine un commovente un momento di preghiera sulla sua tomba.