Advertisement

Georgia, un poeta spiega la fede che ha tenuto insieme un popolo fino all’indipendenza

Il 25 dicembre 1991, la Georgia veniva riconosciuta come uno Stato indipendente. Ma cosa ha tenuto insieme la nazione durante l’impero sovietico? E cosa lo farà ancora? Lo spiega la poesia di Dato Magradze

Ambasciata di Georgia presso la Santa Sede | La presentazione dell'edizione italiana dell'opera Ambasciata di Georgia presso la Santa Sede | La presentazione dell'edizione italiana dell'opera "Il Ponte sull'Orizzonte" di Dato Magradze, Palazzo della Cancelleria, 23 novembre 2021 | Ambasciata di Georgia presso la Santa Sede

C’era anche il patriarca ortodosso Ilia, nel 1989, in piazza a sfilare contro il massacro di Tbilisi. E con lui c’erano anche giovani cattolici, e si disse anche una messa nella chiesa cattolica dei Santi Pietro e Paolo, l’unica che era rimasta in funzione durante il buio sovietico. Il massacro che unì la nazione unì anche le chiese, e non potrebbe essere stato altrimenti. Perché è la fede che tenuto in piedi il popolo georgiano, ed è su quella fede che si è costruita una nazione, la cui indipendenza è stata riconosciuta il 25 dicembre 1991.

Tra i costruttori della Georgia c’è stato anche il poeta Dato Magradze. Diversi i riconoscimenti per il poeta che è anche autore dell’inno della Georgia, e che per tre volte è stato candidato al Nobel per la letteratura. La sua è una poesia civile, profonda, in cui attualità e versi si uniscono. Ma è anche una poesia fortemente religiosa, centrata sull’essere umano, critica dello Stato e delle sue possibili derive totalitarie.

Non è un caso che l’Ambasciata di Georgia presso la Santa Sede abbia deciso di promuovere la traduzione del libro “Il ponte sull’orizzonte” (Giuliano Ladolfi Editore), un libro in cui oriente e occidente si fondono e in cui “la tradizione della patria – scrive l’editore – è profondamente radicata come il suo impegno politico”.

Un impegno politico che ha portato il poeta a scrivere Tavisupleba (Libertà), l’inno nazionale della Georgia, che ha appunto al centro il tema della fede.

Perché è la fede – secondo il poeta – che può emancipare il popolo, con il suo potere di mettere lo Stato e altri poteri terreni al loro posto. Come lui stesso scrive “lo Stato non cerca più l’uomo nei cittadini”.

Advertisement

“Quello che voglio spiegare – ha spiegato Magradze al National Catholic Register – è che Dio ha creato la persona umana, mentre lo Stato ha creato i cittadini, a volte dimenticandosi della sua dimensione sacra. Per compensare a questa mancanza, la principale missione della poesia è di salvare l’umano nel cittadino. È quello che un poeta cerca sempre di fare”.

Non solo. Per il poeta, la “civiltà cerca nell’uomo un criminale. La civiltà ha crocifisso Gesù. Invece la cultura, di cui la poesia è parte, cerca nel criminale una persona e, simbolicamente, un uomo”.

C’è, dunque, questa dimensione religiosa che è come scolpita nella consapevolezza del popolo georgiano. Magradze ricorda che, quando ha scritto l’inno della Georgia, aveva bene in mente i sentimenti di come si era stati privati delle libertà in Unione Sovietica, e così “non pensavo solo al presente, ma ero imbevuto di passato, presente e futuro. Perciò tre tempi: quando ci si cancella l’uno con l’altro, si da luce al tempo divine, e si guardano alla verità senza tempo”.

Ed ancora, Magradze sottolinea che “fede e libertà sono intrinsecamente connessi, e lo spiega Pico della Mirandola nel discorso che immagina Di abbia fatto ad Adamo. Dio non ci ha posto in un posto specifico della gerarchia cosmica: tu scegli chi vuoi essere in terra o cielo. È un tema molto ampio, ma può essere tutto riassunto nella scelta tra cielo è terra. Sono le basi della fede”.

Invece, oggi c’è un’altra tendenza, e alcune “nuove ideologie vogliono assicurare che gli esseri umani non hanno più la loro fondamentale libertà di scelta del bene e del male. Sembra come se non abbiamo più la necessaria esperienza di distinguere il bene dal male, la bellezza dalla bruttezza. La nostra volontà è annichilita dalle nostre società. C’è una battaglia, una lotta tra civiltà e culture. La civiltà crocifigge simbolicamente la poesia. Ma la cultura e la poesia hanno questa facoltà di crescere sempre in tutti i tempi e preservare le verità senza tempo della persona umana”.

E si torna dunque al tema della fede, così cruciale per il popolo georgiano, che sin dall’inizio ha vissuto “nel circolo dell’Islamismo, ed è sempre stato costretto a difendere la propria fede. Questa è la storia della mia nazione, e questa è l’origine di quel fuoco, quella passione che abbiano nel difendere il cristianesimo. È una fede che brucia. È ancora molto viva in Georgia. Per noi, la tradizione è il cristianesimo, e tutto riguarda il trasmettere questto fuoco alla prossima generazione, invece di venerare le ceneri”.

More in Storie