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Giovanni Paolo II in Giappone, il grido della pace e il grazie ai martiri cristiani

Da Hiroshima aTokyo con un colloquio con Hirohito, l'Imperatore della II Guerra Mondiale

Giovanni Paolo II e Hirohito  |  | Giancarlo Giuliani / CPP Giovanni Paolo II e Hirohito | | Giancarlo Giuliani / CPP

“Di fronte alla calamità creata dall’uomo che è ogni guerra, dobbiamo affermare e riaffermare, ancora e ancora che il ricorso alla guerra non è inevitabile o insostituibile. L’umanità non è destinata all’autodistruzione. Le divergenze di ideologie, aspirazioni ed esigenze possono e devono essere appianate e risolte con mezzi che non siano la guerra e la violenza. L’umanità è in obbligo verso se stessa di regolare differenze e conflitti attraverso mezzi pacifici”.

Giovanni Paolo II lo disse il 25 febbraio del 1981 davanti a Peace Memorial di Hiroshima. Lo spettro dell’atomica è stato uno dei punti centrale del viaggio del Papa in Giappone. Anche in questo caso si trattava della tappa finale di un viaggio di dieci giorni che dal Pakistan, alle Filippine fino a Guam poi al Giappone avevo portato il Pontefice in Asia. Ultima tappa in effetti era stata Anchorage per uno scalo tecnico.

Giovanni Paolo II era papa da poco più di un anno, la sua energia era travolgente, ma già c’era chi progettava al posto della pace una guerra diretta al Papa stesso. Il 13 maggio successivo lo sparo in Piazzo San Pietro avrebbe tentato di cambiare il corso del pontificato.

In Giappone il Papa polacco arriva dopo aver addirittura beatificato Lorenzo Ruiz catechista morto martire in Giappone nel 1637. Un ponte di pace rappresentato dal Pontefice stesso.

É il primo viaggio in Estremo Oriente di Giovanni Paolo IIed ha un intento missionario, far conoscere meglio il messaggio del Vangelo, dialogare con le religioni senza condizionamenti politici.

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Quando arriva a Tokyo c’è una sottile pioggia, non c’è una accoglienza trionfale e alcuni cronisti registrano anche delle contestazioni tra la folla.

Al suo arrivo alla cattedrale un gioiello architettino anni ’60. All’epoca i cattolici sono meno di cento mila, oggi sono mezzo milione ai quali si aggiungono i 600 mila presenti per motivi di lavoro.

Nel 1981 Giovanni Paolo II proprio in cattedrale incontra un novantenne missionario polacco. Frate Zeno Zebrowski. Era arrivato con padre Kolbe . E’ lui che per decenni ha speso la sua vita nei “formicai” di periferia, luoghi di povertà ai margini della sfavillante Tokyo.

All’epoca in Giappone gira una frase: “ In Giappone si nasce shintoista, ci si sposa cattolico, e si muore buddista”.

Ma Giovanni Paolo II non ha paura di parlare di fede, di Chiesa universale di dottrina cattolica.

Si ferma a pregare sulla Collina dei martiri e dice: “Oggi, Io, Giovanni Paolo II, Vescovo di Roma e Successore di Pietro, vengo a Nishizaka per pregare affinché questo monumento possa parlare all’uomo moderno come le croci su questa collina parlarono a coloro che furono i testimoni oculari secoli fa. Possa questo monumento parlare al mondo per sempre, dell’amore, parlare di Cristo”.

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Nella messa per la commemorazione dei martiri aggiunge: “Il Giappone è un Paese che da più di un secolo gode della libertà religiosa elargita dall’imperatore Meiji. Sono venuto qui come Vescovo di Roma, un secolo dopo la riapertura delle frontiere del Giappone al messaggio cristiano. Sono venuto a Nagasaki come pellegrino. Qui, i fedeli di cento anni fa, i cui antenati dei due secoli precedenti, hanno conservato segretamente la fede dei martiri, perseverarono con la forza conferita loro dal Vangelo. Per grazia di Dio i cristiani hanno meditato sul Vangelo per mezzo dei misteri del Rosario. Sapevano che c’era un uomo molto lontano da loro chiamato Papa. Oggi egli viene per rendere omaggio alla tradizione dei cristiani di Nagasaki e per dire personalmente ai loro discendenti che egli li ama nel cuore di Cristo Gesù". 

Significativo l’incontro con Hirohito, l’imperartore che allora era da 56 anni sul trono del Sol Levante. Venti minuti di colloquio intorno al quale nascono anche delle polemiche, ma tutto si limita alle pagine di alcuni giornali.

Un commentatore giapponese dice: “ Qui in Giappone abbiamo un benessere materiale invidiabile. Ciò che ci manca ora sono i valori spirituali. Perché non approfittare di questa occasione del Papa per andarne alla ricerca?”

Nel novembre del 2016 alla chiusura dell’ Anno della Misericordia celebrato solennemente in Giappone durante la messa nella cattedrale di Tokyo vi è stata l’esposizione delle reliquie di san Giovanni Paolo II. Il santo papa polacco è una figura molto stimata dai giapponesi.