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I teologi cattolici stanno con l’Ucraina. E si spacca il fronte dei teologi ortodossi

Non è una posizione ufficiale vaticana, ma per peso specifico dei teologi ha un senso profondo. Nel mondo ortodosso, invece, Mosca sembra sempre più isolata

Kiev | Una veduta di Kiev prima della guerra | Wikimedia Commons Kiev | Una veduta di Kiev prima della guerra | Wikimedia Commons

La lettera aperta con cui lo scorso 2 marzo 19 teologi avevano chiesto la fine dell’aggressione militare russa sull’Ucraina ha rappresentato il primo segnale che la linea della Santa Sede stava prendendo una definizione precisa, meno prudente, più orientata a condannare la situazione. Perché di quei 19 teologi, 14 sono parte della Commissione Teologica Internazionale. La loro non era la posizione ufficiale della Commissione. Ma rappresentava un segnale molto chiaro di quale era la posizione dei teologi.

Dal 2 marzo, molte cose sono cambiate. Il mondo ortodosso ha visto prima una iniziativa di 226 tra sacerdoti e diaconi del Patriarcato di Mosca chiedere la fine della guerra; poi, il 13 marzo, una presa di posizione di 65 teologi, pubblicata sul sito Public Orthodoxy, che condannava come eretica la visione della “Grande Russia”.

Nel mezzo, le condanne del Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, ma anche del metropolita Onufry della Chiesa Ortodossa Ucraina del Patriarcato di Mosca. Gli aiuti mandati dalla Chiesa Ortodossa Serba direttamente ad Onufry, un segnale chiaro della posizione che stava prendendo il patriarca Porfirije.

Papa Francesco, da parte sua, ha preso posizione sempre più forte sulla situazione in Ucraina, arrivando a decostruire la narrativa sulla “operazione militare” russa e definendo quello che accade sul territorio come “aggressione”.

In tutti questi accadimenti, la presa di posizione di 19 teologi cattolici, provenienti da facoltà degli Stati Uniti, del Libano, della Polonia, del Sudamerica, ha avuto sicuramente un peso specifico da non sottovalutare.

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I teologi hanno voluto associarsi con gli appelli delle Chiese cristiane in Ucraina, chiedendo di fermare la “aggressione militare russa”, e condannando “questa guerra contro lo Stato sovrano dell’Ucraina nei più forti termini possibili”.

I teologi sottolineano che “questo attacco non provocato è già costato migliaia di vite”, e che “ne costerà molte più se continuerà”; definiscono l’attacco “ingiustificato” e “un crimine contro la legge internazionale, contro i diritti umani, contro la libertà e contro l’umanità”.

L’appello afferma che l’attacco contro l’Ucraina è “un attacco alle vere fondamenta della civiltà umana nutrita dalla guida morale del cristianesimo e di altre religioni mondiali” e che “tutti i responsabili di questo atto devono essere chiamati per nome portati di fronte alla giustizia”.

I teologi si schierano a fianco del popolo ucraino “in questo tragico momento della loro storia”, chiedono di pregare per l’Ucraina e gli ucraini ma anche per il popolo russo, “sia per quanti hanno il coraggio di contrastare il male, che per quelli che hanno subito lavaggio del cervello dalla viziosa propaganda diffusa dalla macchina mediatica del loro Stato” e per questo “si sono trasformati in strumenti dell’attività criminale del loro leader”.

L’appello chiede inoltre a tutti i leader mondiali di “esercitare la più forte pressione possibile sul Cremlino perché fermi immediatamente questa guerra e ritiri tutte le truppe dal territorio ucraino”.

Nel testo, ci si rivolge anche ai leader religiosi di Russia perché “dicano chiare parole di condanna su questa guerra ingiusta e criminale e sulla sofferenza che il loro Stato ha portato ad una città vicina e all’Europa”.

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Infine, si chiede a tutti i popoli di buona volontà di “sostenere le vittime dell’aggressione”.

La lettera, passata in basso profilo nella stampa, è in realtà firmata da 14 teologi della Commissione Teologica Internazionale. La Commissione è nata nel 1967, su suggerimento del Sinodo dei vescovi, è stata stabilita ad interim la prima volta nel 1969, e poi fu stabilita definitivamente da Giovanni Paolo II nel 1982. Dal 2004, anche le donne possono essere parte della Commissione.

Attualmente, la commissione è formata da 28 membri, e dunque la metà ha firmato la dichiarazione. Ma la lettera aperta può essere sottoscritta anche da altri.

Come detto, molte cose sono cambiate dal 2 marzo. Anche nel fronte ortodosso ci sono state prese di posizione. In particolare, è da notare l’ampia dichiarazione sul “Mondo Russo” (Russkii Mir) di 65 teologi ortodossi comparsa sul portale Public Orthodoxy della Fordham Universiy.

I teologi ortodossi che hanno firmato la dichiarazione sono quasi tutti collegati al Patriarcato di Costantinopoli e vivono negli Stati Uniti o in occidente. Le loro parole, però sono particolarmente forti.

Secondo i firmatari, “il supporto di molti della gerarchia del Patriarcato di Mosca per la guerra del presidente Vladimir Putin contro l’Ucraina trova radici nel fondamentalismo religioso etnofiletista ortodosso, dal carattere totalitario, chiamato Russkii Mir o Mondo Russo, un insegnamento falso che attrae molti nella Chiesa Ortodossa ed è stato persino fatto proprio dall’Estrema Destra e dai fondamentalisti cattolici o protestanti”.

Sono argomenti che hanno giustificato la guerra e l’annessione della Crimea nel 2014, la guerra per procura in Donbas, e quello che sta succedendo in Ucraina, dove “Putin e il Patriarca Kirill hanno usato l’ideologia del Mondo Russo come una principale giustificazione per l’invasione”.

Questa ideologia ha “un comune centro politico (Mosca), un comune centro spirituale (Kiev come madre di tutta la Rus’), un linguaggio comune (il russo), una Chiesa comune (il Patriarcato di Mosca) e un patriarca (il Patriarca di mosca) che lavora in sintonia con un presidente comune e leader nazionale (Putin) per governare questo mondo russo, così come mantenere una comune spiritualità, moralità e cultura distintiva”.

Il mondo russo promuove la Santa Rus’, che includerebbe Russia, Ucraina, Belarus e in alcuni casi anche Moldova a e Kazakhstan.

Secondo i fautori dell’ideologia del Mondo Russo, dall’altra pare c’ è il “corrotto occidente” contro i quali si staglia il Patriarcato di Mosca con Vladimir Putin, presentandosi entrambi “come i veri difensori dell’insegnamento ortodosso”.

I teologi, con una dichiarazione in sei punti, rifiutano l’eresia di un “insegnamento del mondo russo”, e paragonano l’invasione di Putin in Ucraina a quella del Patriarcato di Mosca in Africa.

L’appello è solo una delle molte rotture interne al mondo ortodosso maturate durante il conflitto. Il Patriarcato di Mosca, alla fine, appare sempre più solo.

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