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Il cardinale Arborelius incanta il Meeting raccontando la minoranza cattolica in Svezia

Il cardinale Arborelius al Meeting  |  | Meeting 2018 Il cardinale Arborelius al Meeting | | Meeting 2018

Per la prima volta al Meeting dell’amicizia tra i popoli, in corso a Rimini, il cardinale  Anders Arborelius, vescovo di Stoccolma, ha entusiasmato i presenti, parlando della speranza che viene dalla Svezia.

Battezzato luterano, il cardinale  ha raccontato di aver visto il volto di Cristo in quello delle suore Brigidine che la Provvidenza ha messo sul suo cammino; quindi si è fatto cattolico, poi carmelitano. Vescovo di Stoccolma è il primo cardinale di un Paese che, per centinaia di anni, aveva messo al bando la Chiesa cattolica.

Nella sua terra, il cardinale da alcuni anni ha notato alcuni segni di speranza: “Nella notte oscura collettiva che può penetrare nel cuore dei cristiani abbiamo bisogno della speranza per proseguire il pellegrinaggio in questo mondo. La speranza ci aiuta a vedere il nostro cammino in una prospettiva di eternità”. Però prima di spiegare cosa significa essere cattolici in Svezia, il card. Arborelius ha voluto fare un discorso sulla speranza, richiamandosi allo scrittore francese Peguy: “Parliamo molto della carità e della fede, ma dimentichiamo spesso la speranza che però è una forza enorme specialmente nella società secolarizzata... La speranza è la sorella più piccola delle tre ma è quella che decide la direzione del cammino della nostra vita, perchè ci aiuta a sopravvivere nei momenti più difficili dell'esistenza. La speranza è sempre necessaria”.

Quindi per il card. Arborelius la scarsa importanza che è data alla speranza sarebbe una delle conseguenze della crisi spirituale dell’Europa, riprendendo l’immagine della ‘notte oscura’ di san Giovanni della Croce: “Nel mondo secolarizzato l’oscurità può entrare nel cuore dei cristiani. Vediamo, ad esempio, il calo delle vocazioni e le chiese vuote in questa nostra cara Europa, perciò, abbiamo davvero bisogno di questa ‘piccola sorella’ per poter continuare il nostro pellegrinaggio. Per noi è un privilegio sapere che la speranza ci aiuta a vedere l’eternità come la realtà ultima e definitiva”. Il cardinale scandinavo ha fatto un accenno al fenomeno degli abusi sessuali: "Quando oggi sentiamo di abusi nella Chiesa non perdiamo la speranza perchè sappiamo che il Signore ci aiuta a prendere la strada della purificazione”.

Poi ha tratteggiato l’esperienza dei cattolici svedesi come messaggio di speranza per i fedeli europei: “Nell’Europa di oggi tra i cristiani c’è una mancanza di speranza. Ne soffrono persino alcuni vescovi. Forse può essere la vocazione provvidenziale del piccolo gregge di cattolici in Svezia portare un messaggio di speranza alle altre chiese d’Europa. Bisogna farlo con umiltà e spirito realistico”. E questa speranza è dovuta all’immigrazione: “Quella di Svezia è una piccola chiesa, che tuttavia è testimone di speranza.

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Il fatto decisivo per la chiesa cattolica è l’apertura di questo stato all’immigrazione, nonostante il recente irrigidimento delle opportunità di ingresso. I migranti, in Svezia, sono infatti per la maggioranza cattolici (polacchi, ucraini, siriani, sudamericani). Questi infoltiscono il numero dei fedeli, portando una testimonianza di fede che attrae anche gli svedesi. Grazie all'immigrazione la fede è diventata qualcosa di concreto anche in Svezia. L’80% dei cattolici sono immigrati di prima o seconda generazione”. Ma non è un fenomeno che riguarda solo i fedeli cattolici: “Anche gli altri migranti che sono arrivati hanno quasi tutti una fede. In questo modo gli svedesi hanno scoperto che la religione è una realtà per tanti anche oggi, e non un qualcosa che appartiene al Medioevo”.

Quindi anziché essere assimilati dal paese ospite, sono gli svedesi che si assimilano ai nuovi arrivati con un aumento del numero delle conversioni e di conseguenza quello dei fedeli, favorendo l’ecumenismo, a livello istituzionale, ma soprattutto personale: numerosi pastori luterani si convertono al cattolicesimo “e ci sono addirittura sei pastori cattolici sposati, che hanno ottenuto dal papa la dispensa dal celibato”: tutti questi sono segnali di speranza. Ecco allora che la migrazione (‘ma non si può accogliere tutti ma alcuni che hanno veramente bisogno’) diventa veicolo di ecumenismo e di speranza, anche in un paese secolarizzato: “E’ un segno dell’ecumenismo.

Possiamo dire che tutte le chiese cristiane sono unite in favore dell'immigrazione. C'è un'unità cristiana su questo… L’80% dei cattolici in Svezia vengono da fuori e sono soprattutto polacchi,croati, sudamericani e mediorientali… Il mio compito più grande  è quello di unificare questi fedeli e religiosi venuti da tutto il mondo. Senza lo Spirito Santo sarebbe impossibile ma viviamo il mistero della Pentecoste ogni giorno nelle nostre parrocchie”. Però il card. Arborelius non ha nascosto le difficoltà di questo processo: “Come Chiesa cattolica in Svezia viviamo conflitti culturali ogni giorno, dobbiamo abituarci a questo e impegnarci a trovare una soluzione pacifica. Noi li viviamo in piccolo in ogni parrocchia.

Qui gli svedesi sono minoranza, dunque avviene un’integrazione al rovescio rispetto a quanto succede in Italia… E’ difficile ma utile perchè la Svezia ha sempre pensato di essere la coscienza del mondo ma adesso sta vivendo una realtà di umiltà”. Per il porporato scandinavo, l’immigrazione è la risposta alla crisi demografica dell’Europa: “Non abbiamo abbastanza figli; c’è bisogno di trovare altre persone per i nostri lavori. In Svezia, ad esempio, nelle case per anziani c’è quasi sempre personale straniero, mai nativo… Qui la famiglia è debole quindi grazie ai migranti c’è speranza per gli anziani. Nei quartieri dove gli svedesi vanno via e arrivano i migranti, molti anziani restano proprio grazie a questa presenza. Gli anziani svedesi hanno scoperto di trovare più aiuto tra i migranti che tra i loro connazionali”.

Quindi il card. Arborelius ha chiesto ai presenti di non spaventarsi per il calo di vocazioni e il numero più ridotto di fedeli, rievocando un concetto che richiama quello di papa Ratzinger delle ‘minoranze creative’: “In Europa la Chiesa diventa più piccola ma anche più dedicata a Cristo. Il numero non è tanto importante come la fede, la carità e la speranza”. Ed infine ha affermato che il dialogo con le altre confessioni cristiane si è evoluto con il contributo di papa Francesco: “L’ecumenismo grazie alla presenza del Santo Padre, ha fatto un passo in avanti. Ora c’è un clima di amicizia e possiamo lavorare specialmente nell'ambito della spiritualità e della dottrina sociale”. 

Non nascondendo le difficoltà del dialogo ecumenico il cardinale ha ribadito che esso ha favorito una conoscenza più approfondita tra le fedi: “Ci sono difficoltà dogmatiche ed etiche ma se c’è l’amicizia possiamo lavorare insieme per i poveri e per i rifugiati… Ciò che è importante in Svezia è che anche in una realtà secolarizzata dove la Chiesa è più piccola, c’è una possibilità di vivere la comunione con Cristo in maniera molto intensa e anche con gli altri cristiani….

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Molti non cattolici in Svezia hanno ammirazione per la nostra Chiesa perchè viene vista come l'unica che può unire tutte le nazioni. E questo è un aspetto della cattolicità che diventa attuale in tutta Europa, non solo in Svezia”. Una preghiera, con l’uditorio tutto in piedi, ha chiuso l’incontro.