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Il Cardinale Montenegro: “Imitiamo il coraggio di Sant’Agata”

Festa di Sant'Agata a Catania | Festa di Sant'Agata a Catania | Public Domain Festa di Sant'Agata a Catania | Festa di Sant'Agata a Catania | Public Domain

Lasciate che, subito, rivolga il pensiero mio e della Chiesa di Agrigento alle sorelle e ai fratelli dei paesi dell’Etna che sono stati colpiti dal terremoto. Sentano il nostro affetto e la nostra solidarietà e noi agrigentini preghiamo e vogliamo fortemente con voi che la vita di tutti ritorni alla normalità e la serenità prenda finalmente il posto dell’amarezza e della paura”. Il Cardinale Francesco Montenegro inizia così la sua omelia per il Solenne Pontificale che si celebra nel Duomo di Catania per la Patrona della città, Sant'Agata.

Presenti tantissimi fedeli, le autorità cittadine, Monsignor Salvatore Gristina, gli arcivescovi e vescovi di Sicilia. Oltre al tema del terremoto, l’Arcivescovo di Agrigento tocca vari argomenti come i migranti, la mafia. Temi scottanti per la terra siciliana.

“Come Agata – sottolinea il Cardinale Montenegro - dobbiamo avere il coraggio di andare controcorrente in una società in cui ciò che conta è il potere, il denaro e il piacere; una società, la nostra, che pur definendosi ‘cristiana’ non sempre sa o vuole reagire dinanzi alla diffusione della cultura della morte!”.

“Pensiamo ai mali che affliggono la nostra terra di Sicilia, dalle varie mafie alle tante forme di ingiustizia sociale –aggiunge l’Arcivescovo– dalla violenza che si fa contro l’ambiente al lavoro nero o allo sfruttamento degli operai, dal pizzo alle estorsioni, dai costumi disonesti alle tante forme di corruzione che inquinano il vivere sociale. Il coraggio di Agata deve spingerci a essere più coerenti, più forti, piu’ decisi, piu’ determinati nel dire ‘no’ alle logiche di morte per schierarci col Vangelo, costi quel che costi”.

“In questa nostra drammatica fase storica – il monito conclusivo – come cristiani abbiamo bisogno di rialzare la testa; abbiamo bisogno di coscienze libere che sappiano far sentire la loro voce rivendicando la dignità della vita umana in ogni sua forma e denunciando ciò che non funziona”.

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Santa protettrice di Catania, dove è tuttora invocata in occasione delle ricorrenti eruzioni dell’Etna, Agata fu mandata a morte dal console Quinzano, per aver rifiutato la sua proposta di sposarlo. Subì un martirio particolarmente crudele (il taglio dei seni), tema ricorrente nella successiva rappresentazione iconografica della santa.

Nei giorni dal 3 al 6 febbraio i catanesi indossano un tradizionale abito bianco composto da camici e guanti bianchi con in testa una papalina nera. La tradizione vuole che l'abito votivo altro non è che un saio penitenziale, indossata il 17 agosto, quando due soldati riportarono le reliquie a Catania da Costantinopoli.

Il fercolo d'argento con i resti della Santa posto su un carro legato da due cordoni di oltre 100 metri viene sostenuto da centinaia di "Devoti". La Vara viene portata in processione insieme a dodici candelore appartenenti ciascuna alle corporazioni degli artigiani cittadini. Tutto avviene fra ali di folla che agita bianchi fazzoletti e grida Cittadini, cittadini, “semu tutti devoti tutti”. È considerata tra le tre principali feste cattoliche a livello mondiale per affluenza.