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Il cardinale Piacenza ricorda ai confessori, converte il fascino di una proposta chiara

La Lettera di Natale del Penitenziare Maggiore ai Confessori

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Non è "l’elenco di norme da seguire, pur necessarie e legittime, ad avere la forza di convertire, ma il fascino di una proposta chiara, positiva, luminosa e coerente, convinta e convincente, di chi, anche con il proprio tratto umano e con le poche espressioni consentite nel colloquio sacramentale, ha a cuore unicamente l’incontro salvifico del penitente con Cristo Salvatore, rendendo ogni confessione un palpitante incontro con Gesù, una “scintilla” che accende, riaccende o rinfocola la fiamma della fede e che, così, riscalda il cuore".

Lo scrive il Penitenziere Maggiore, il Cardinale Mauro Piacenza nella Lettera di Natale ai Penitenzieri ed a tutti i Confessori. Una occasione per riflettere sul senso e lo scopo della Confessione sacramentale alle luce delle nuove necessità spirituali che emergono più forti nell'avvicinarsi del Natale. "Una Luce, quella del Natale di Nostro Signore Gesù Cristo, - scrive Piacenza- che, misteriosamente ma realmente, ha ancora il potere d’interrogare gli uomini, di farli stare di fronte al senso della vita, al misterioso dono che la vita è, attraverso l’inimmaginabile scelta di Dio, di presentarsi a noi come un indifeso neonato, capace di sconfiggere ogni timore, di far abbassare ogni difesa nei confronti del Dio-Amore, che in Lui si rivela".

E spiega anche ai confessori: "non incontreremo sempre fratelli dalla fede pienamente matura, dalla consapevolezza strutturata, dalla capacità critica sulla propria reale condizione morale. Non di rado l’accostarsi al sacramento della riconciliazione non è preceduto da un adeguato esame della coscienza, e l’analisi della situazione, dopo le prime parole, è affidata alla sensibilità e capacità maieutica del confessore". In un mondo di "pluri-patologie spirituali" che vanno "dall’incertezza sull’esistenza stessa di Dio, che pure non impedisce di affacciarsi al confessionale, al disorientamento sulla specificità del cristianesimo, rispetto ad ogni altra tradizione religiosa o culturale; dalla difficoltà a fidarsi della Chiesa, in questo tempo crudelmente ferita ed umiliata dalle colpe pubbliche di alcuni suoi membri, alla non comprensione dell’agire di Cristo stesso, risorto e vivo, nell’agire sacramentale del Suo Corpo mistico; dall’assunzione di criteri e mentalità totalmente mondani, nella valutazione dell’agire morale, al più radicale soggettivismo, che ha come riferimento unico il proprio piacere o la propria opinione, spesso molto distanti dagli insegnamenti evangelici" sono molti coloro che grazie alla forza dello Spirito Santo scelgono di "accostarsi al sacramento della riconciliazione, soprattutto in questo tempo forte dell’Avvento e del Natale".

Certo non tutto si può risolvere nel " breve colloquio della confessione" ma  può "essere sapientemente utilizzato non per alimentare dubbi o confermare del disagio-disorientamento del nostro tempo, ma per dare luminose certezze, la prima delle quali deve essere la presenza misericordiosa del Signore, nella vita di ciascuno".

Serve accendere la scintilla che accende "la fiamma della fede e che, così, riscalda il cuore".

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Il Cardinale conclude ricordando che nel sacramento della riconciliazione il confessore, in un unico atto, deve "esercitare contemporaneamente i tria munera sacerdotali (docendi, insegnando la verità rivelata, sanctificandi con l’assoluzione sacramentale e regendi con le indicazioni morali e di vita, al penitente)" e " se il calo generale del numero dei sacerdoti rappresenta un’oggettiva difficoltà, sia almeno curata ed accurata la loro formazione; siano almeno zelanti nell'essenziale! Ci siano orari e luci accese in quella “capanna di Bethlemme” che è il confessionale, unico vero “distributore” di pace e di santo gaudio. Tutti abbiamo ed hanno bisogno di tale “carburante”".

La Lettera di chiude con la gratitudine per i confessori "che si spendono, generosamente e costantemente, al servizio dei fratelli e delle sorelle", e con l'affidamento a Maria "Mater Misericordiae perché Madre della Misericordia fatta carne, Lei, che ha compiuto perfettamente ogni divina volontà e perfettamente ha creduto, ci sostenga ed accompagni in questa “opera pastorale” della riconciliazione, che, primariamente, realizza il nostro stesso sacerdozio cattolico".