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Il Papa in Colombia, contro la tratta e alla ricerca della pace per il Venezuela

Il Papa prega davanti alla tomba di Pietro Claver |  | Antonio Spadaro / TW
Il Papa prega davanti alla tomba di Pietro Claver | | Antonio Spadaro / TW
Papa Francesco non chiostro con i gesuiti  |  | OR/Sala Stampa
Papa Francesco non chiostro con i gesuiti | | OR/Sala Stampa
Papa Francesco non chiostro con i gesuiti  |  | OR/Sala Stampa
Papa Francesco non chiostro con i gesuiti | | OR/Sala Stampa

Incontri che “mi hanno fatto tanto bene perché lì si può toccare con mano l’amore di Dio che si fa concreto, si fa quotidiano” Papa Francesco racconta così la sue esperienza nelle case dei più emarginati, nella casa della signora Lorenza e lo fa davanti alla Madonna di Chiquinquirá.

Una immagine che “per un lungo periodo di tempo questa immagine è stata abbandonata, ha perso il colore ed era rotta e bucata. Era trattata come un pezzo di sacco vecchio, usata senza alcun rispetto finché finì tra le cose scartate. Fu allora che una donna semplice, la prima devota della Vergine di Chiquinquirá, che secondo la tradizione si chiamava María Ramos, vide in quella tela qualcosa di diverso. Ebbe il coraggio e la fede di collocare quell’immagine rovinata e rotta in un luogo a parte, restituendole la sua dignità perduta”.

E’ l’esempio di Pietro Claver che stava con gli schiavi, con gli ultimi, quello che il Papa indica nelle beve riflessione prima della preghiera di mezzogiorno, dell’ Angelus.

Lo fa nel santuario dedicato al gesuita. La chiesa e il monastero di San Pietro Claver appartengono alla Compagnia di Gesù che arriva in città nel 1604. La Chiesa, è considerata uno dei gioielli architettonici più rappresentativi della Città coloniale. Dopo l’espulsione dei gesuiti, nel  1767, gli edifici vengono affidati all’Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio. Negli anni il chiostro diventa prima un ospedale e poi una caserma militare, fino a quando Mons. Eugenio Biffi, vescovo di Cartagena, nel 1888 riesce a recuperare e restaurare tutto il complesso religioso. La chiesa viene intitolata al gesuita missionario spagnolo Pietro Claver vissuto tra il ‘500 e il ‘600 difensore dei diritti degli schiavi, canonizzato da Papa Leone XIII.  Le sue reliquie riposano in un altare dentro la chiesa.

Al suo ritorno, nel 1989, la Compagnia di Gesù recupera gli edifici religiosi. Per mantenere l’eredità di San Pietro Claver, il monastero diventa una Casa Museo, mentre la sua stanza una piccola cappella. Oggi, il museo accoglie importanti reperti archeologici con oggetti d’arte precolombiana, coloniale e afroamericana oltre a una collezione di arte religiosa di diversi periodi.

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Al mondo afroamericano si rivolge il Papa e ricorda che la donna che recupera l’immagine di Maria  è “paradigma di tutti coloro che, in vari modi, cercano di recuperare la dignità del fratello caduto per il dolore delle ferite della vita, di quelli che non si rassegnano e lavorano per costruire loro un’abitazione dignitosa, per assisterli nei bisogni impellenti e, soprattutto, pregano con perseveranza perché possano recuperare lo splendore di figli di Dio che è stato loro strappato”.

Nella Chiesa si trovano circa 300 esponenti della comunità afroamericana assistita dai gesuiti. Dopo la preghiera davanti alle reliquie di Claver il Papa incontra in forma privata una rappresentanza della comunità della Compagnia di Gesù. San Pietro Claver, trascorse gli ultimi anni della sua vita nell’edificio, che è meta di pellegrinaggi.

Pellegrini, poveri e umili “che contemplano la presenza di Dio, coloro a cui si rivela il Mistero dell’amore di Dio con maggiore nitidezza”.

La preghiera a san Pietro Claver, “lo “schiavo dei neri per sempre”, come si fece chiamare nel giorno della sua professione solenne” il Papa la fa ricordando come “aspettava le navi che arrivavano dall’Africa al principale mercato di schiavi del nuovo mondo. Molte volte li accoglieva solamente con gesti evangelizzatori, per l’impossibilità di comunicare, per la diversità delle lingue”.

Il linguaggio della carità che aiuta a “comprendere la verità e la verità esige gesti di carità”.

Il Papa parla di Claver “austero e caritatevole fino all’eroismo, dopo aver confortato la solitudine di centinaia di migliaia di persone, trascorse gli ultimi quattro anni della sua vita malato e nella sua cella, in uno spaventoso stato di abbandono, è così che il mondo paga, ma Dio lo ha pagato diversamente. Non solo, dice il Papa, è  stato “accusato ingiustamente di essere indiscreto nel suo zelo e ha dovuto affrontare dure critiche e una persistente opposizione da parte di quanti temevano che il suo ministero minacciasse il ricco commercio degli schiavi.

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Ancora oggi, in Colombia e nel mondo, milioni di persone sono vendute come schiavi, oppure vanno mendicando un po’ di umanità, un momento di tenerezza, prendono la via del mare o si mettono in cammino perché hanno perso tutto, a cominciare dalla loro dignità e dai loro diritti”.

Un appella contro ogni forma di tratta “specialmente per i poveri e gli scartati dalla società, per quelli che sono abbandonati, per gli emigranti, per quelli che subiscono la violenza e la tratta. Tutti costoro hanno la loro dignità e sono immagine viva di Dio”.

Poi la preghiera per il Venezuela: “Esprimo la mia vicinanza ad ognuno dei figli e delle figlie di quella amata nazione, come pure a coloro che hanno trovato in questa terra colombiana un luogo di accoglienza. Da questa città, sede dei diritti umani, faccio appello affinché si respinga ogni tipo di violenza nella vita politica e si trovi una soluzione alla grave crisi che si sta vivendo e che tocca tutti, specialmente i più poveri e svantaggiati della società”.

Prima della benedizione il Papa ha chiesto a tutti di pregare per le persone che si amano ma sopratutto per le persone che non si amano.

Dopo la vista al santuario il Papa si è ritirato nella comunità dei gesuiti per il pranzo e per farsi medicare del piccolo incidente occorso la mattina, quando ha urtato contro uno sportello della vettura panoramica. Solo una tumefazione, come ha detto il direttore della Sala Stampa vaticana Burke: “ ferita sullo zigomo e sul sopracciglio” ed subito stato trattato con il ghiaccio. Il Papa ci ha scherzato subito su: qualcuno mi ha dato un pugno, ha detto dopo la medicazione alla gente che lo salutava.