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Il Papa in Georgia: "Ricevere e portare consolazione è missione urgente della Chiesa"

Il Papa presiede la Messa a Tbilisi |  | Alan Holdren CNA
Il Papa presiede la Messa a Tbilisi | | Alan Holdren CNA
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Il Papa presiede la Messa a Tbilisi |  | Alan Holdren CNA
Il Papa presiede la Messa a Tbilisi | | Alan Holdren CNA
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Il Papa presiede la Messa a Tbilisi | | Alan Holdren CNA
Il Papa presiede la Messa a Tbilisi |  | Alan Holdren CNA
Il Papa presiede la Messa a Tbilisi | | Alan Holdren CNA
Il Papa presiede la Messa a Tbilisi |  | Alan Holdren CNA
Il Papa presiede la Messa a Tbilisi | | Alan Holdren CNA
Il Papa presiede la Messa a Tbilisi |  | Alan Holdren CNA
Il Papa presiede la Messa a Tbilisi | | Alan Holdren CNA

La prima messa in terra georgiana Papa Francesco l’ha celebrata stamane - nella memoria liturgica di Santa Teresa di Lisieux - nello stadio Meskhi di Tbilisi.

“Come una madre prende su di sé i pesi e le fatiche dei suoi figli, così Dio ama farsi carico dei nostri peccati e delle nostre inquietudini”. Così il Papa ha esordito, nell’omelia. “La consolazione di cui abbiamo bisogno è la presenza di Dio nel cuore. Perché la sua presenza in noi è la fonte della vera consolazione, che rimane, che libera dal male, porta la pace e fa crescere la gioia. Per questo, se vogliamo vivere da consolati, occorre far posto al Signore nella vita. E perché il Signore abiti stabilmente in noi, bisogna aprirgli la porta e non tenerlo fuori”. 

Il Papa ricorda che “ci sono delle porte della consolazione da tenere sempre aperte, perché Gesù ama entrare da lì: il Vangelo letto ogni giorno e portato sempre con noi, la preghiera silenziosa e adorante, la Confessione, l’Eucaristia. Attraverso queste porte il Signore entra e dà un sapore nuovo alle cose. Ma quando la porta del cuore si chiude, la sua luce non arriva e si resta al buio. Allora ci abituiamo al pessimismo, e finiamo per rinchiuderci nella tristezza, nei sotterranei dell’angoscia, soli dentro di noi. Se invece spalanchiamo le porte della consolazione, entra la luce del Signore!”.

La consolazione di Dio riguarda anche la comunità nel suo insieme. “Quando siamo uniti - osserva il Pontefice - quando c’è comunione tra noi agisce la consolazione di Dio. Nella Chiesa si trova consolazione, la Chiesa è la casa della consolazione: qui Dio desidera consolare. Il cristiano è sempre chiamato a portare la luce di Gesù, il ristoro del suo perdono. C’è bisogno dell’unzione del cuore, di questa consolazione del Signore che non toglie i problemi, ma dona la forza dell’amore, che sa portare il dolore in pace. Ricevere e portare la consolazione di Dio: questa missione della Chiesa è urgente. Non fa bene abituarsi a un microclima ecclesiale chiuso; ci fa bene condividere orizzonti ampi e aperti di speranza, vivendo il coraggio umile di aprire le porte e uscire da noi stessi”. 

Per ottenere la consolazione di Dio - spiega ancora il Papa - occorre la “piccolezza di cuore. La vera grandezza dell’uomo consiste nel farsi piccolo davanti a Dio. Perché Dio non si conosce con pensieri alti e tanto studio, ma con la piccolezza di un cuore umile e fiducioso. Per essere grandi davanti all’Altissimo non bisogna accumulare onori e prestigio, beni e successi terreni, ma svuotarsi di sé. Il bambino è proprio colui che non ha niente da dare e tutto da ricevere. È fragile, dipende dal papà e dalla mamma. Chi si fa piccolo come un bimbo diventa povero di sé, ma ricco di Dio. I bambini, che non hanno problemi a capire Dio, hanno tanto da insegnarci: ci dicono che Egli compie grandi cose con chi non gli fa resistenza, con chi è semplice e sincero, privo di doppiezze”. 

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Concludendo l’omelia Francesco invita a non perdere “mai il desiderio e la fiducia delle sorprese di Dio! E ci farà bene ricordare che siamo sempre e anzitutto figli suoi: non padroni della vita, ma figli del Padre; non adulti autonomi e autosufficienti, ma figli sempre bisognosi di essere presi in braccio, di ricevere amore e perdono. Beate le comunità cristiane che vivono questa genuina semplicità evangelica! Povere di mezzi, sono ricche di Dio. Beati i Pastori che non cavalcano la logica del successo mondano, ma seguono la legge dell’amore: l’accoglienza, l’ascolto, il servizio. Beata la Chiesa che non si affida ai criteri del funzionalismo e dell’efficienza organizzativa e non bada al ritorno di immagine. Piccolo amato gregge di Georgia, che tanto ti dedichi alla carità e alla formazione, accogli l’incoraggiamento del Buon Pastore, affidati a Lui che ti prende sulle spalle e ti consola!”.

Su questa strada ecco l’esempio di Santa Teresa di Lisieux. Guardando a lei - auspica il Papa - chiediamo un “cuore semplice, che crede e vive nella forza mite dell’amore; chiediamo di vivere con la serena e totale fiducia nella misericordia di Dio”.