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Incontrare Gesù nel Vangelo grazie ad una lettura "immersiva" ?

A colloquio con Alessandro Ginotta autore di: Gli ultimi cento giorni con Gesù’

Alessandro Ginotta  |  | Labuonaparola.it Alessandro Ginotta | | Labuonaparola.it

Dopo ‘Cento Giorni con Gesù’ ed ‘Altri cento giorni con Gesù’, nei giorni scorsi è uscito ‘Gli ultimi cento giorni con Gesù’, che completa la trilogia ed apre orizzonti inesplorati dentro lo stesso Vangelo.

Cento episodi, che sono anche ‘cento viaggi nello spazio e nel tempo’, perché Alessandro Ginotta (giornalista, scrittore e ‘pescatore di uomini digitale’ con il blog www.labuonaparola.it, nonché curatore dell’ufficio stampa della Società di San Vincenzo De Paoli e formatore di volontari) offre al lettore una forte esperienza immersiva, ricreando con la sua penna i paesaggi della Galilea al tempo di Gesù.

All’autore abbiamo chiesto di spiegarci cosa raccontano questi ‘Ultimi 100 giorni con Gesù’: 

“Il mio in(solito) commento. E’ così che inizia ogni capitolo del libro. Solito, perché riprende un appuntamento quotidiano ormai consolidato da molti anni con i lettori che, ogni sera, possono leggere sui miei canali social il commento al Vangelo del giorno dopo. E’ il mio modo di dare la ‘buona notte’, o meglio #Santanotte, con un pensiero che non vuole mai essere banale, ma che mi sforzo di scrivere in modo che risulti interessante, coinvolgente, emozionante, vivo. Sì, ‘vivo’ com’è la Parola, quella con la ‘P’ maiuscola, dalla quale ogni commento parte per svilupparsi in qualcosa che spesso risulta inaspettato. Perché con uno stile che cerco di mantenere sempre molto colloquiale e con un linguaggio alla portata di tutti, prendo per mano il lettore e lo conduco con me in un viaggio, nello spazio e nel tempo, che ci conduce fino alla Galilea di 2000 anni fa. Lì, insieme al lettore, riviviamo le pagine più significative dei quattro Vangeli, non come spettatori, ma da protagonisti. Ci mescoliamo alle folle che seguono Gesù, lo osserviamo salire lungo le strade polverose, ammiriamo i paesaggi incontaminati e viviamo, per qualche istante, proprio le esperienze che provarono i discepoli. Poi il viaggio di ritorno: in ogni capitolo, dopo aver vissuto la Parola, la riportiamo dentro di noi ai nostri giorni, nelle nostre città, nelle nostre case. E ci confrontiamo con i problemi della vita quotidiana, spesso trovando risposte ad alcune delle nostre domande più profonde.

Un capitolo è dedicato a san Giuseppe: quale figura emerge?

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“Se è vero che i commenti che scrivo sono insoliti, non potevo certo rassegnarmi a ritrarre un san Giuseppe silenzioso, come quello che emerge dai quattro Vangeli canonici. Così ho deciso di attingere al grande patrimonio letterario dei testi apocrifi. Frammenti, libri e manoscritti che risalgono ad epoche antichissime e dalle quali abbiamo tratto molte più informazioni di quanto pensiamo. Il bue e l’asinello; il nome dei santi Anna e Gioacchino, i genitori della Madonna; quello di san Disma, il buon ladrone; la discesa di Cristo agli inferi, sono solo alcune delle informazioni che la Chiesa ha tratto da questi testi che, pur non potendosi a tutti gli effetti considerare ‘sacri’, portano con sé un buon profumo di sacralità. Così, il lettore de ‘Gli ultimi cento giorni con Gesù’ potrà incontrare un san Giuseppe ‘inedito’, e leggere tutta la tenerezza, la generosità, la mitezza, la bontà d’animo che emerge da questi racconti. E sarà perfino possibile camminare tra le strade di una Nazareth fuori dal tempo e visitare il laboratorio di falegnameria dove il padre putativo di Gesù fabbricava sgabelli, sedie e tavoli. Un’esperienza fuori dal comune per una pagina decisamente inusuale”.

Perché è difficile riconoscere Gesù?

“Questa è una delle risposte ‘coraggiose’ che propongo ai lettori del libro. Vorrei sottolineare che non si tratta di certezze ‘imposte’ dall’alto, ma del punto d’arrivo di un percorso condiviso con il lettore. Perché è proprio il lettore il protagonista di questo libro, è lui che potrà calcare le orme di Cristo lungo le strade della Galilea e perfino infilare le proprie dita nelle piaghe del Risorto. La risposta è il punto in cui giungiamo insieme, lettore e scrittore, dopo esserci interrogati, aver meditato, pregato e consultato le scritture. E’ sempre un’offerta di una possibile spiegazione, senza la pretesa che sia l’unica, ma, al momento, è la più plausibile che scaturisce da un cammino comune. Ora non voglio svelare troppo, perché con questa risposta si chiude il volume. Però posso anticipare che abbiamo bisogno di Dio per capire Dio. Abbiamo bisogno di Dio per avere un riferimento preciso, uno scopo nella vita. La risposta… la cerchiamo insieme nell’ultimo capitolo”.