Nuovo progetto di Aiuto alla Chiesa che Soffre in Iraq. Alla fine di giugno la fondazione pontificia ha donato pacchi viveri a 13mila famiglie cristiane rifugiate nel Kurdistan iracheno, per un totale di 690mila euro. Dall’inizio dell’avanzata di Isis nel giugno 2014, ACS ha sostenuto la Chiesa irachena con oltre 7milioni e 300mila euro. Nella sola arcidiocesi caldea di Erbil, dove hanno trovato rifugio i cristiani fuggiti da Mosul e dalla Piana di Ninive, la sola fondazione ha contribuito ad oltre il 60% degli aiuti ricevuti a livello internazionale.

"Il supporto di ACS ha avuto un grande impatto sulla vita della nostra comunità - ha scritto l’arcivescovo caldeo di Erbil, monsignor Bashar Matti Warda, dopo l’invio dei pacchi viveri - Dal profondo del nostro cuore vi ringraziamo per essere vicini alle nostre famiglie in un momento tanto drammatico". I doni sono stati distribuiti da gruppi di volontari di età compresa tra i 15 ed i 18 anni. Ognuna delle famiglie ha avuto di che vivere per almeno un mese: riso, zucchero, olio, fagioli, carne, formaggio e acqua. Aiuto alla Chiesa che Soffre continuerà a raccogliere fondi per garantire il costante invio di viveri nei prossimi mesi.

Nel Kurdistan iracheno i cristiani si preparano al primo triste anniversario della fuga dalla Piana di Ninive. Nella notte tra il 6 ed il 7 agosto 2014, oltre 120mila fedeli sono stati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni a causa dell’avanzata dello Stato Islamico. Dopo i primi mesi trascorsi nelle tende, nelle chiese o in palazzi abbandonati, grazie al contributo di Aiuto alla Chiesa che Soffre, le famiglie cristiane hanno trovato alloggio in case in affitto o nelle strutture prefabbricate fornite dalla fondazione. E tra pochi giorni inizierà l’anno scolastico, nelle otto scuole prefabbricate donate da ACS per garantire un futuro ai piccoli rifugiati.

Piccoli segni di speranza che aiutano i cristiani a sopportare l’incertezza e le difficoltà quotidiane, come le alte temperature estive e la mancanza di elettricità anche per 14 ore al giorno. La Chiesa continua a rappresentare l’unico punto di riferimento per le migliaia di famiglie di rifugiati, "assieme – nota monsignor Warda - alla vicinanza e alle preghiere dei cristiani di tutto il mondo".