Advertisement

La devozione a Sant'Elia invocato in tempi di siccità e il monastero Curinga

Un antico monastero carmelitano oggi in rovina racconta la devozione al Santo eremita in Calabria

Sant'Elia Vecchio a Curinga |  | Wikicommons Sant'Elia Vecchio a Curinga | | Wikicommons

"Nemmeno i piovaschi gelati che di tanto in tanto si rovesciavano dal Monte Contessa, formando pozzanghere livide tra le muraglie affiorate nel corso dello scavo, riuscivano a scoraggiare, in quell’incerto tramonto del sabato 26 ottobre 1991, i primi gruppi di curiosi che cominciavano a salire al Sant’Elia Vecchio. Per tutta la mattinata la frusta del grecale non aveva dissuaso l’archeologo dall’insistere, steso sul ventre, con bisturi e pennellino, sui resti che andavano delineandosi". Così scrive Sebastiano Angruso, nelle sue Lettere dal Carmelo descrivendo i primi scavi moderni del 1991, dell' Eremo di Sant' Elia costruito dai monaci basiliani intorno all'anno 1000 a Curinga in Calabria.

Nel mese di luglio dominato dalla festa della Madonna del Carmelo visitiamo insieme questo piccolo ma importante rudere che può diventare meta per una gita estiva. 

Ci accompagna il professor Francesco Antonio Cuteri Docente Beni Culturali presso Accademia di Belle Arti di Catanzaro. 

"I resti del monastero - scrive Cuteri- si conservano in località Corda, non lontano dall’abitato di Curinga, in una piccola radura posta a margine della strada che conduce verso il Monte Contessa e che è delimitata ad occidente dalle solcature prodotte dal torrente Turrina". Tutti lo definiscono basiliano anche se i primi documenti arrivano nel 1493. Con una bolla Papa Alessandro VI Borgia da il monastero in commenda al tredicenne Lodovico Serra.

Il convento, era parte della di S. Eufemia dell’Ospedale di San Giovanni Gerosolimitano, diventò nel 1632 struttura della Riforma carmelitana di Monte Santo

Advertisement

Dopo il terremoto del 1659 venne abbandonato e "da quel momento nella chiesa, il cui titolo di S. Elia risultava dismesso, si celebrava di tanto in tanto “per divozione”".

Come si presentava questo eremo calabro?  Leggiamo ancora le descrizioni di Cuteri: "L’elemento architettonico che maggiormente caratterizza il complesso monastico è il grande vano cupolato, Sancta Sanctorum dell’edifico ecclesiastico mai portato del tutto a compimento. (…) All’interno dell’ambiente, di

forma quadrata, nei resti della pavimentazione in dura malta, erano stati ricavati nelle ultime fasi d’uso, ma pur sempre successive all’abbandono del monastero, dei profondi tagli finalizzati ad alloggiare elementi lignei destinati al ricovero di animali.

Le superfici interne del corpo di fabbrica, quasi integralmente intonacate, conservavano, prima che moderni vandali ne ricoprissero le superfici di nera vernice, graffiti, incisioni e, appena a destra dell’ingresso, nella parte bassa, labili tracce di pittura che mostravano elementi circolari, forse le ruote del fiammeggiante carro del profeta Elia, come compare nella più tradizionale iconografia".

Il monastero è grande, con cucine, refettorio e le varie stanze di uso die monaci.

Ad un lato della chiesa rimasta incompiuta una cappelletta conserva "un pozzetto di forma quadrata, posto all’interno di una nicchia, munito di un particolare accorgimento che consentiva alle acque che tracimavano di essere canalizzate e

More in Storie

fatte defluire dalla scalinata di accesso all’ambiente sacro.

L’acqua, con tutta probabilità, doveva giungere a questo bacino per mezzo di un lungo acquedotto che la intercettava a monte del monastero". Sebastiano Augruso, ne spiega il senso simbolico: "quasi alla lettera sono ripresi alcuni elementi del

primo oratorio del Carmelo, nel quale un canaletto portava l’acqua della Fonte di Elia, sul modello – come evidenziava Bruno Secondin – del Tempio della nuova alleanza di Ezechiele, dalla cui porta defluisce l’acqua". E l’acqua che scorre ricorda anche, la nuvoletta che Elia vede scendere dal Mediterraneo, per il Carmelo simbolo di Maria gravida della vera pioggia, Cristo, capace di dissetare i campi riarsi della storia.

E spiega ancora Cuteri "ricorda ancora la figura stessa del profeta, considerato in Calabria e nel mondo slavo custode celeste del fuoco e delle acque e per questo invocato in tempi di grande siccità". Quanto di più attuale?. Eppure oggi il monastero e la chiesa sono in abbandono, e servirebbe davvero poter pregare per scongiurare la piaga della siccità.