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La drammatica situazione dei cristiani nel Corno d'Africa, tra guerra e persecuzioni

L’arresto del vescovo, senza motivazioni dichiarate come finora ha fatto il governo di Asmara, può essere interpretato come un segnale alla Chiesa cattolica, rimasta ormai l’unica voce critica all’interno del Paese.

Il vescovo Fikremariam Hagos |  | Aiuto alla Chiesa che soffre
Il vescovo Fikremariam Hagos | | Aiuto alla Chiesa che soffre
Il vescovo Fikremariam Hagos |  | Aiuto alla Chiesa che soffre
Il vescovo Fikremariam Hagos | | Aiuto alla Chiesa che soffre

Nelle scorse settimane ha fatto scalpore l’arresto di abune Fikremariam Hagos, vescovo cattolico di Segheneiti, culla della diffusione del cattolicesimo nel paese, devastata dalle operazioni di reclutamento forzato di uomini di ogni età da inviare in Tigray, a dar manforte all’esercito etiopico nella guerra civile che si combatte da ormai due anni nella regione. L’arresto del vescovo, senza motivazioni dichiarate come finora ha fatto il governo di Asmara, può essere interpretato come un segnale alla Chiesa cattolica, rimasta ormai l’unica voce critica all’interno del Paese. 

Infatti il fondatore dell’Agenzia Habeshia, p. Mussie Zerai, da pochi mesi a Montreal, ha descritto il regime autoritario dell'Eritrea come uno dei più repressivi al mondo: “Ci sono migliaia di prigionieri detenuti per la loro fede. In Eritrea, più cristiani e musulmani sono perseguitati dagli apparati di sicurezza del regime per la loro fede che nel resto del mondo insieme. La persecuzione religiosa è iniziata pochi mesi dopo l’indipendenza nel 1991, un gran numero di credenti di entrambe le fedi sono stati detenuti arbitrariamente e in alcuni casi sono ‘scomparsi’ o sono stati giustiziati extra giudizialmente”.

E ci ha raccontato la situazione in Eritrea: “La situazione in Eritrea va dal male in peggio con la guerra ai confine; il regime ha trascinato il paese in questa assurda guerra. In Eritrea, una prigione può essere qualsiasi cosa e dovunque; fosse sotterranee, container metallici, buche nel terreno, caserme militari, carceri a cielo aperto, stazioni di polizia e ville private. Ai prigionieri non sono consentite visite, nessuna rappresentanza legale, cure mediche minime e strutture igienico-sanitarie inadeguate. La maggior parte dei prigionieri è sottoposta a lavori forzati come scavare cave, trasportare pietre e rocce pesanti, lavorare in fattorie di proprietà del governo e scaricare rifornimenti militari. Nessuno di questi è mai stato assicurato alla giustizia né ufficialmente accusato”.

Quale è il motivo degli attacchi alla Chiesa? 

“Motivo ideologico e politico, misto al sciacallaggio per indebolire la voce della coscienza nella società. Il regime eritreo continua costantemente ad opprimere la chiesa cattolica eritrea, confiscando le scuole gestite dalla Chiesa cattolica. Nello scorso agosto il regime ha rilevato molte scuole: asili nido e scuole materne, scuole, tra cui la ‘Hagaz Agro-Technical School’ (HATS) e la ‘Don Bosco Technical School’ a Dekemhare. Tutte queste cliniche e scuole servivano la gente dell'Eritrea senza differenza di razza e di religione. Lo scorso 4 settembre sono avvenuti rastrellamenti di assistenti di chiesa dai luoghi di culto come è avvenuto nell’Eparchia di Segheneity, nel villaggio di Akrur presso la parrocchia cattolica di Medhanie Alem. Il 15 ottobre gli agenti di sicurezza hanno arrestato il vescovo Fikremariam Hagos Tsalim all’aeroporto internazionale di Asmara dopo il suo arrivo dall’Europa. Sono stati detenuti anche due sacerdoti cattolici, padre Mihretab Stefanos, parroco della parrocchia di San Michele dell’Eparchia di Segheneity, e Aba Abraham Habtom, membro dei Frati Francescani. Fino ad oggi nessuno sa perché e dove siano stati arrestati il ​​Vescovo e i due sacerdoti. I vescovi cattolici in Eritrea hanno alzato la voce per protestare contro la confessione illegale di proprietà della Chiesa e per impedire alla Chiesa di svolgere la sua missione al servizio del popolo. Il vescovo Fikremariam Hagos è una delle poche persone che difende la verità e vive per la sua vocazione religiosa”.

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Quale è la situazione per la libertà religiosa nel Corno d’Africa? 

“Le situazioni sono molto variegate e cambiano da Paese a Paese. In Eritrea si può dire che c’è per alcune religioni libertà di culto, ma non piena libertà religiose; per altre confessione neanche quello. Il regime eritreo riconosce solo quattro confessioni: ortodossi, mussulmani sunniti, cattolici, luterani/evangelisti. Tutto il resto è fuori legge; ma anche queste confessione riconosciute hanno una serie di limitazione nella libertà religiose e nell’azione della carità cristiana. In Etiopia fino ad ora c’è la libertà religiosa anche se ogni tanto nelle zone del centro sud ci sono attacchi contro le chiese cristiane. In Somalia la situazione è molto complessa. Le recenti violazioni dei diritti umani includono l'incarcerazione dei genitori; reclutamento militare energico e impiego sui fronti di guerra di minorenni e anziani; e confisca di animali a coloro che si sono rifiutati di andare in guerra”.

Ed intanto l’Europa respinge i migranti che fuggono dal Corno d’Africa: per quale motivo? 

“Chi proviene del Corno d’Africa fugge da guerra, dittatura e carestia; quindi ci sono tutte le condizioni per essere riconosciuto rifugiato secondo la Carta Europea per diritti dell’Uomo, la Convenzione ONU del 1951 e la Costituzione Italiana… Però l’Europa non cerca di affrontare le cause di questi esodi alla radice, anzi spesso coopera con coloro che sono la causa della fuga di milioni di persone. L’Europa vuole ‘la botte piena con la moglie ubriaca’: non si può pretendere dagli africani che restino nell’incendio, che divampa a casa loro con le armi vendute da molti Paesi europei per interessi di parte senza pensare alla conseguenza di tutto ciò”.

Quanto incide la guerra in Ucraina nel Corno d’Africa? 

“La guerra incide sotto molti aspetti, in primis per la carenza del grano e semi di girasole per olio, mangimi per animali … ma anche sul piano geopolitico, perchè l’Africa è uno scacchiere molto importante per le sue risorse naturali che tutti vogliono: da qui nasce un braccio di ferro micidiale per gli africani”.

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Quali sono le ‘reazioni’ dei Paesi occidentali di fronte alla ‘persecuzione’ dei cristiani in Eritrea?

“Nell’occidente secolarizzate non ci sono reazioni degne di nota. L’Occidente da tempo ha abdicato dal sentirsi in obbligo morale di difendere i cristiani, relegando i diritti religiosi in un fatto privatistico. Dimenticano che è diritto fondamentale dell’uomo vivere e praticare liberamente la propria fede sia in privato che in pubblico”.