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La fede, le opere, l’ecumenismo culturale. Il Cardinale Koch scrive agli armeni

Per la prima volta, i rappresentanti delle comunità armene di tutto il mondo si sono riuniti a Venezia. Per comprendere come portare il messaggio di Dio anche in un mondo dispersivo come quello di oggi. Il messaggio del Cardinale Koch

Riunione degli armeni | Foto di gruppo dei partecipanti alla riunione degli armeni a San Lazzaro di Venezia | VK Riunione degli armeni | Foto di gruppo dei partecipanti alla riunione degli armeni a San Lazzaro di Venezia | VK

La caratteristica del monaco Mechitar, fondatore della Congregazione dei Padri Mechitaristi, era quella dell’ecumenismo culturale. E, secondo il Cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, è stata quella la caratteristica del primo incontro dei rappresentanti delle comunità armene di tutto il mondo.

Proprio sull’isola di San Lazzaro degli Armeni a Venezia, sede della Congregazione Mechitarista, una cinquantina di rappresentanti del popolo appartenente alla più antica nazione cristiana si sono incontrati per discutere su “Fede ed Opere”, per mettere su idee e sviluppare progetti all’interno della comune identità armena.

È la prima volta che avviene un incontro di questo tipo, che si collega fortemente al recentemente stabilimento a Roma di una legazione della Chiesa Apostolica Armena, con un “ambasciatore” presso la Santa Sede, l’arcivescovo Khajag Barsamian. Ed è un incontro che acquisisce automaticamente un sapore ecumenico, sia per l’identificarsi con il lavoro di Mechitar, sia perché la legazione ha voluto coinvolgere il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Ed è in questa cornice che si inserisce il messaggio del Cardinale Kurt Koch.

Il cardinale Koch ci tiene a sottolineare il legame del progetto con la congregazione mechitarista, ricorda come Paolo VI chiamò Mechitar “strumento di autentico e genuino apostolato ecumenico”, e sottolinea che Mechitar era convinto che “la rinascita spirituale fosse indissociabile dalla rinascita culturale”, tanto che fece sì “che l’isola di San Lazzaro diventasse una fucina di cultura – una cultura pervasa di spiritualità e punto di riferimento per gli armeni di tutto il mondo”, offrendo così “alla cultura armena un impulso fondamentale per il rinnovamento, la riscoperta e ridefinizione della propria identità”.

Non è stato dunque un caso che gli armeni di tutto il mondo abbiano deciso proprio di riunirsi a San Lazzaro. I circa cinquanta partecipanti provengono dal settore filantropico, umanitario e caritativo, sono accademici, sacerdoti, volontari, giornalisti, scrittori, artisti, rappresentanti di organizzazioni pubbliche e di beneficenza.

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“In un mondo sempre più dispersivo, in cui le identità e il senso religioso si perde nelle grandi città – ha detto ad ACI Stampa Vartan Karapetian, organizzatore dell’evento – abbiamo pensato fosse necessario incontrarci e ripartire dalla nostra comune identità”.

Le discussioni si sono suddivise in quattro sessioni tematiche, con un particolare focus sulla fede in epoca digitale e alla fede nelle grandi metropoli. È la sfida del futuro, dato che nei prossimo venti anni le popolazioni si concentreranno nella megalopoli, e già oggi il 90 per cento degli armeni vivono nei grandi consessi urbani.

La scelta dell’isola di San Lazzaro è simbolica, perché “la Congregazione Mechitarista situata sull’isola di San Lazzaro dal XVIII secolo offre un esempio pratico di come il rapporto tra fede ed opere sia stata tramandato di generazione in generazione”.

La Congregazione dei Padri Armeni Mechitaristi basa il suo lavoro sui tre pilastri dell’amore per lo studio, la conservazione di un patrimonio culturale inestimabile e la diffusione e declinazione contemporanea di uno stile ecumenico.

“Fede e cultura – ha scritto il Cardinale Koch nel suo messaggio – sono inscindibili. In questo senso, l’ecumenismo del venerabile Mechitar è un esempio di quello che può essere definito ecumenismo culturale. Egli ha realizzato nella sua opera una sintesi, o meglio, ciò che oggi chiameremmo uno scambio di doni, un respiro a due polmoni, tra la teologia sapienziale monastica della tradizione armena e la teologia sistematica occidentale, tra l’ideale umanistico armeno e quello classico occidentale”.

L’esempio di Mechitar è stata la guida per la sfida più impegnativa per le comunità cristiane, che è quella di esprimere la propria fede all’interno di società secolarizzate.

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Al termine del convegno, si sono cominciate a studiare iniziative concrete, progetti che possano permettere alla comunità cristiana di esprimersi. L’auspicio è che l’appuntamento del 7 – 8 febbraio possa essere un appuntamento annuale, sempre più concreto, per permettere di combinare fede ed opere.