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La missione del Papa: pace per il Nagorno-Karabakh

La regione del Nagorno-Karabakh |  | Wikicommons La regione del Nagorno-Karabakh | | Wikicommons

Una regione montuosa di circa 10.000 km quadrati inserito nell’Altopiano del Caucaso Meridionale. Parliamo del Nagorno Karabakh, una zona contesa tra l’Armenia e l’Azerbaijan teatro di una aspra guerra, il cui focolaio - mai spento - si è ultimamente riacceso. E di pace parlerà sicuramente il Papa nella sua visita - domenica - in Azerbaijan, un auspicio espresso da Francesco già il 25 giugno scorso durante il Viaggio Apostolico in Armenia.

Il Nagorno Karabakh, a maggioranza armena, è una repubblica autoproclamatasi indipendente dall’Azerbaijan e finora non riconosciuta né dalle Nazioni Unite, né da nessun Stato membro. La dichiarazione di indipendenza venne annunciata il 6 gennaio 1992 a seguito di un referendum popolare celebrato il 10 dicembre 1991, nel mezzo della dissoluzione politica dell’Unione Sovietica.

La guerra del Nagorno Karabakh  scoppia ufficialmente il 31 gennaio 1992 con l’invasione delle truppe azere nella regione. Da lì sarà una escalation di scontri e violenze. 

Il Il 25 febbraio 1992 la cittadina di Khojaly, sede di un nevralgico aeroporto, viene contesa da armeni e azeri. Il bilancio è drammatico: i morti sono almeno 400, ma alcune fonti parlano di 600 vittime, tra cui molte donne e bambini.

La guerra - spesso dimenticata dalla comunità internazionale - va avanti fino alla fine dell’inverno 1994. Nel maggio di quell’anno Azerbaijan e Armenia siglano gli accordi di Bishkek che regolano il cessate il fuoco. Un armistizio spesso violato. Scontri a fuoco riprendono nel 1999, per poi verificarsi nuovamente per tutti gli anni 2000. 

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L’ultima battaglia - detta anche seconda guerra del Nagorno Karabakh - risale all’aprile scorso. Le truppe azere hanno sferrato una massiccia offensiva nella regione e le violenze si sono verificate dal 2 al 5 aprile quando la Russia con l’appoggio degli Stati Uniti è riuscita a far cessare le ostilità. Imprecisato il numero dei morti, ma fonti non ufficiali li stimano fino a 1500 in soli quattro giorni.