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La Sindone e il grande flop della datazione medioevale, la parola agli studiosi

La sindonologa Emanuela Marinelli ci accompagna a conoscere la verità

Una immagine della Sindone di Torino  |  | CNA
Una immagine della Sindone di Torino | | CNA
Emanuela Marinelli in un conferenza  |  | FB/  Roman Hontaryk
Emanuela Marinelli in un conferenza | | FB/ Roman Hontaryk

Che la Sindone sia difficile da datare e definire non è un segreto per nessuno.

Ma c’è stato un esame in particolare nel 1988 che sembrava prevalere sugli altri: l’esame del radiocarbonio. Oggi però è sempre più chiaro che quell’esame è stato sbagliato.

Acistampa ne ha parlato con Emanuela Marinelli, sindonologa e autrice di molti libri sui diversi studi sindonici. A maggio a Catania in una appassionata conferenza ha presentato le novità proprio su quella datazione che oggi si considera errata.

Professoressa Marinelli, ci vuole spiegare di che esame si tratta e come venne eseguito?

L’esame utilizza l'esistenza in natura di piccole quantità di carbonio radioattivo, il 14C, che si combina con l'ossigeno formando anidride carbonica radioattiva. Questa viene assimilata dalla piante e finisce di conseguenza negli animali e negli uomini.

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Il 14C decade con il tempo; alla morte dell'essere vivente cessa l'assimilazione di nuovo 14C e prosegue solo il decadimento. Più passa il tempo e meno 14C rimane nei resti dell'organismo. Misurando il 14C residuo si attribuisce un’età radiocarbonica in proporzione.

Se però il campione è contaminato da altro 14C di varia provenienza, finisce anche questo nel conteggio; l'oggetto risulta così più radioattivo e quindi, ai fini della datazione, più “giovane”. Gli scienziati sono perciò molto cauti nel valutare i risultati delle analisi condotte con il metodo del 14C, perché alcune contaminazioni non sono eliminabili con i normali metodi di pulizia del campione. La letteratura scientifica contiene casi clamorosi di datazioni radiocarboniche errate.

L'analisi della Sindone, effettuata nel 1988 con il metodo del radiocarbonio, ha avuto larga risonanza perché il risultato collocava l’origine della reliquia fra il 1260 e il 1390 d.C.

Al prelievo dei campioni per il test si era giunti dopo anni di discussioni e contrapposizioni fra gli enti preposti e interessati. Alla fine furono scelti tre laboratori, quelli dell’Università di Tucson (Arizona), dell’Università di Oxford e del Federal Institute of Technology di Zurigo. Tutti e tre usavano il nuovo metodo dell’acceleratore Tandem, ancora poco sperimentato sui tessuti.

      Il prelievo dei campioni avvenne il 21 aprile 1988. Gli esperti tessili presenti concordarono che il taglio avvenisse nell’angolo a sinistra dell’immagine frontale. I campioni furono consegnati ai rappresentanti dei laboratori, che erano presenti. Iniziò una lunga attesa che si protrasse per sei mesi. In questo periodo vi furono violazioni dell’obbligo della riservatezza e fughe di notizie, che fecero scalpore sui giornali inglesi.

      Vennero completamente disattesi gli accordi che erano stati presi a gennaio 1988 a Londra. I laboratori non solo non completarono le misure nei tre mesi previsti e non mantennero la confidenzialità, ma non inviarono nemmeno i dati all’Istituto “Colonnetti” di Torino per l’analisi statistica.

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      I rappresentanti dei laboratori non si riunirono a Torino, com’era previsto, per la redazione di una comunicazione scientifica e per rendere noti i risultati al Custode, il Cardinale Anastasio Ballestrero, che venne informato dal fisico Michael Tite, direttore del laboratorio di ricerca del British Museum e coordinatore della ricerca, con una lettera recapitata a mano il 28 settembre.

L’annuncio del risultato fu fatto a Torino dal cardinal Ballestrero la mattina del 13 ottobre 1988. Il pomeriggio dello stesso giorno Tite e i rappresentanti del laboratorio di Oxford tennero una conferenza stampa a Londra. Dietro di loro campeggiava una lavagna, su cui era scritta la data seguita da un punto esclamativo.

Quali sono i dubbi  su quell’esame?

Molti studiosi erano contrari a sottoporre la Sindone alla datazione con il metodo del 14C, a causa della particolarità del reperto, che ha attraversato mille peripezie ed è contaminato da molte sostanze. Muffe, ife di funghi, fumo di candele, sudore, incendi, acqua, contatto con stoffe più recenti, restauri, possono avere alterato notevolmente il lino, compromettendo la validità dell'esame radiocarbonico. Inoltre l’angolo da cui è stato prelevato il campione era una delle parti più manipolate durante le ostensioni.

Il reliquiario d’argento che conteneva la Sindone fu avvolto dalle fiamme nell'incendio del 4 dicembre 1532 a Chambéry; l'alta temperatura in ambiente chiuso può provocare scambi di isotopi che portano ad un arricchimento di carbonio radioattivo, facendo risultare in proporzione più “giovane” il tessuto. La reazione è favorita dalla presenza dell’argento.

Alcuni batteri operanti sulla superficie del lino possono, attraverso la loro attività enzimatica, legare chimicamente gruppi alchilici alla cellulosa. Questi gruppi contengono carbonio derivato dall'ambiente locale. Anche se i batteri vengono rimossi dalla pulizia, le modificazioni della cellulosa restano. Va sottolineato che le trasformazioni del lino dovute all'incendio e all'azione microbica sono di natura chimica e non fisica: perciò i solventi e le tecniche di pulizia usati dai laboratori della radiodatazione, che rimuovono la contaminazione di tipo fisico, come la sporcizia, non rimuovono i gruppi contenenti carbonio che si sono aggiunti, perché questi gruppi formano legami chimici direttamente con le molecole della cellulosa stessa.

Leoncio Garza Valdés, ricercatore dell’Istituto di Microbiologia dell’Università di San Antonio (Texas), affermava di aver identificato su alcuni fili della Sindone la presenza di un complesso biologico composto da funghi e batteri che ricopre come una patina i fili e non è eliminabile con i normali trattamenti di pulizia. Esso, perciò, avrebbe falsato la datazione radiocarbonica.

Interessanti analisi, i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Thermochimica Acta nel 2005, sono state condotte dal chimico statunitense Raymond N. Rogers, il quale ha riscontrato incrostazioni di coloranti e fibrille di cotone nel lino proveniente dalla zona del prelievo per l’analisi radiocarbonica, indizio di un rammendo invisibile che ha inficiato la validità di tale prova.

Già nel 1982 un filo della Sindone proveniente da quella zona fu datato con il metodo radiocarbonico presso l’Università della California. Una metà del filo appariva coperta da amido. Il filo fu diviso a metà: la parte non inamidata risultò del 200 d.C., mentre la parte inamidata fornì una data del 1000 d.C.

Lei lo mise in luce subito che c’erano degli errori....

La cronaca di tutta la vicenda e le perplessità della comunità scientifica sono state raccolte in un libro, il primo a uscire dopo l’annuncio dei risultati della datazione. Ho scritto quel testo con un grande giornalista, Orazio Petrosillo, vaticanista de Il Messaggero, purtroppo prematuramente scomparso. Il volume, pubblicato da Rizzoli nel 1990, aveva la prestigiosa prefazione dello scrittore Vittorio Messori. Ormai è esaurito, ma una sintesi aggiornata si può trovare on line. 

Fine della prima parte. 

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