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Le stazioni quaresimali, il martire Lorenzo e il grande cimitero di Roma

La settimana di Pasqua

San Lorenzo fuori le mura  |  | Wikimedia commons San Lorenzo fuori le mura | | Wikimedia commons

Nei tempi antichi la Chiesa di Roma andava in pellegrinaggio alla tomba del martire e diacono Lorenzo il mercoledì dopo Pasqua. Lì infatti si celebra la “stazione” di quel giorno nel calendario delle stazioni quaresimali, che vanno dal Mercoledì delle Ceneri alla Domenica “in albis”.

La chiesa che si vede oggi ha come presbiterio una chiesa costruita nel VI secolo da Papa Pelagio II, mentre le navate sono state aggiunte da Papa Onorio III nel Duecento. Nella sua guida alle stazioni quaresimali del 1588, Pompeo Ugonio parla molto della tomba d questo importante martire del terzo secolo, tra i più importante di tutti i martiri romani.

“Pendono sopra il sacro sepolcro di San Lorenzo dodici lampade attorno, che ne i giorni più solenni tutte si sogliono accendere. Questa chiesa di San Lorenzo fu da Pelagio II ingrandita, & fatta più longa.”

“”Questa”, continua Ugonio, è quella parte più rilevata dietro l’altar grande, che con un arco assai alto si divide dal resto della chiesa. Ma prima di là su arrivare, si sale per alcuni gradi ad esso altar grande, quale ornano quattro vistose colonne ne i canti, & sopra un bel ciborio di marmo.”

“In questo altare”, spiega Ugonio, “il Papa solo celebra, se egli per spetial gratia non concede altrui licentia di celebrarvi.”

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In realtà nella tomba di San Lorenzo ci sarebbero le reliquie di due diaconi: Lorenzo stesso, e Santo Stefano Protomartire, forse, riferisce Ugonio, portato qui da “Eudoxia Imperatrice, moglie di Theodosio il giovane”, che avrebbe portato a Roma “questa santa Reliquia quando che ella tornà da Gierusalemme.”

“Et scrivono alcuni,” racconta Ugonio, “che quando fu per mettersi il corpo di S. Stefano nella medesima cassa con quello di S. Lorenzo, il corpo di S. Lorenzo si scanzò da una parte, & lasciò la metà del sepolcro vuoto, quasi facendogli luogo, & rallegrandosi della venuta di cosi nobil compagno.”

“O dunque meritamente detta felice Roma,” commenta Ugonio, “la quale due così cari pegni, Stefano & Lorenzo chiudi in un medesimo sepolcro.”