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Libia, Mons. Martinelli: 'Io resto qui'

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Da mesi ormai l’opinione pubblica convive con lo stillicidio di notizie che arrivano dal Medio Oriente. E in particolare dalla Siria e dal Nord dell’Iraq dove i miliziani jihadisti dello Stato Islamico stanno compiendo i loro massacri, non risparmiando nessuno. Cristiani compresi.

Le milizie del Califfato hanno raggiunto anche il Nord Africa, arrivando apertamente a minacciare Roma, simbolo e culla della Cristinianità.

Dalle coste libiche le minacce e le violenze sono quotidiane. Ma i cristiani del luogo, esposti come veri e propri bersagli, continuano a vivere la loro vita e a testimoniare con la parola e con le opere la loro fede.

A confermarlo è l’Amministratore Apostolico di Tripoli, Monsignor Giovanni Innocenzo Martinelli, che tenta di gettare acqua sul fuoco.

‘La situazione – ci racconta a metà febbraio il prelato – è calma, non c'è niente di straordinario. Assolutamente tutto normale. La vita scorre nella forma ordinaria. Non si nota niente di particolare’.

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Mons. Martinelli vive da tempo in Libia e non ha intenzione di lasciare il Paese: ‘Per il momento non ne ho intenzione e non ho idea di che tipo di difficoltà potrebbero esserci. Io non posso giudicare nulla perchè attualmente la situazione è tranquilla. Nella Chiesa non ho problemi. Quindi non vedo perchè dovrei scappare!’

Il pastore deve curare il proprio gregge e Mons. Martinelli non si tira indietro: ‘I cristiani presenti a Tripoli sono circa 2.000-3.000 persone. Non ci sono dati precisi. Sono tutti impegnati negli ospedali. In particolare le signore filippine che lavorano negli ospedali’.

Ma le violenze contro i cristiani aumentano ogni giorno in tutta l’area conquistata dall’ISIS. Riferendosi ai 21 copti decapitati dai miliziani, l’Amministratore Apostolico di Tripoli ci spiega che ‘innanzi tutto c'è un fattore di ignoranza. Per i musulmani pensare ad un arabo cristiano è impossibile. Quindi una delle ragioni per cui sono stati uccisi è perchè erano cristiani. Ora, per il copto ortodosso è un vanto poter esser cristiano, invece loro lo concepiscono come un tradimento. Tu hai tradito la nostra fede. Se vengono montati dal fanatismo, allora la situazione diventa difficile’.

Tuttavia bisogna ricordare che anche ai tempi del regime del Colonnello Gheddafi la vita per i cristiani era tutt’altro che facile: ‘Al tempo di Gheddafi i cristiani avevano delle difficoltà. Gheddafi per i cristiani è stato un problema. Non erano capaci di accettare cristiani arabi. Gheddafi sapeva esser buono con i cristiani arabi, li accettava solo ne traeva una convenienza. La politica del colonnello verso i cristiani era ondeggiante, in base alla propria utilità. Ma in genere la vita dei cristiani con Gheddafi è stata molto difficile’.

Al termine del nostro colloquio Mons. Martinelli smentisce di aver ricevuto minacce. Spesso invece gli è stata rivolta una semplice domanda: perché sei qui?

‘Io sono qui per i cristiani. Sono qui – ha concluso – al loro servizio. E i cristiani sono al servizio dei libici negli ospedali. E con questo chiudevo loro la bocca. Non potevano più dirmi niente’.

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