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Migrazioni, gli italiani over 50 senza lavoro lasciano il paese

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Se è vero che aumentano i migranti che arrivano in Italia, è anche vero che tanti italiani emigrano. Il dato emerge dalle ricerche della fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana che ogni anno presenta un rapporto sulla presenza degli italiani nel mondo. Dal 2006 al 2018 la mobilità italiana è aumentata del 64,7% passando da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) a più di 5,1 milioni.

Il Rapporto è stato presentato oggi e racconta in primo luogo la necessità di provvedere alla precarietà lavorativa degli italiani dai 50 anni in su rimasti disoccupati e soprattutto privi di prospettive in patria.  Si tratta di persone lontane dalla pensione o che hanno bisogno di lavorare per arrivarvi e che, comunque, hanno contemporaneamente la necessità di mantenere la famiglia, la disoccupazione può coinvolgere anche i figli, ad esempio, già pronti per il mondo del lavoro o ancora studenti universitari.

In questo stato di cose si inseriscono gli anziani per risolvere o tamponare la precarietà: la famiglia, cioè, si amplia fino a comprendere i nonni.

Con il passare del tempo e l’evoluzione della mobilità italiana stanno emergendo nuove strategie di sopravvivenza tra i genitori-nonni che sono inizialmente il trascorrere periodi sempre più lunghi all’estero con figli e nipoti già in mobilità, fino al completo trasferimento di tutto o di buone parti dell’anno.

Un profilo che emerge è il “migrante di rimbalzo”. Chi torna in Italia per un periodo e poi la lascia di nuovo sempre per ragioni economiche e poi il “migrante previdenziale”, pensionati che scelgono paesi dove il clima è piacevole e la vita costa meno: Marocco, Thailandia, Spagna, Portogallo, Tunisia, Santo Domingo, Cuba, Romania.

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Rapporto Italiani nel Mondo 2018 pone l’attenzione su una precisa categoria di migranti italiani oggi in partenza: i giovani e i giovani adulti, tra i 20 e i 40 anni e che hanno lasciato l’Italia nell'ultimo anno o, al massimo, negli ultimi 5 anni spostando la propria residenza in determinati paesi del mondo.

Si parla spesso di “cervelli in fuga”, dando per scontato un titolo di studio medio-alto e la positiva riuscita del progetto migratorio. Purtroppo non è così per tutti e i dati definiscono una “categoria” composita ed eterogenea.

Ci sono molti paesi che offrono di più a chi va alla ricerca dell’indipendenza economica ma anche di soddisfar il bisogno di sentirsi professionalmente realizzati all’urgenza di inseguire nuove opportunità di vita, dal voler confrontarsi con altre realtà al rifiuto di un sistema nazionale, quello italiano per l’appunto, in cui non ci si identifica più.

Certo c’è il rischio dello spaesamento I grandi spazi metropolitani cosmopoliti, portano con sé la promessa di una libertà illimitata contemporaneamente il rischio di un forte anonimato, specialmente per i più vulnerabili.

E quando lo spaesamento metropolitano e la sofferenza urbana non vengono riconosciuti e “accolti”, si passa a patologie ben più gravi come lo stato di povertà e di abbandono, la perdita dell’autonomia e dell’equilibrio nella propria vita fino alla vita in strada e diventa non difficile incontrare dei senza fissa dimora italiani nelle principali capitali europee oppure degli italiani illegalmente presenti sul territorio di una nazione che vengono messi in stato di detenzione ed espulsi.

Al 1 gennaio 2018 gli italiani residenti all’estero e iscritti all’AIRE sono 5.114.469, l’8,5% dei quasi 60,5 milioni di residenti totali in Italia alla stessa data.

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La crescita nell’ultimo anno corrisponde a +2,8%, a +6,3% nell’ultimo triennio e al +14,1% negli ultimi cinque anni. Non si deve pensare che si tratti di una mobilità prevalentemente maschile,  si rileva il peso importante delle partenze dei nuclei familiari.

Nell’ultimo anno gli italiani sono partiti da 107 province differenti e sono andati in 193 località del mondo di ciascuna realtà continentale.

I dati relativi alle partenze dell’ultimo anno comunicano che in questo momento stiamo assistendo ad un cambiamento: a partire dall’Italia sono sicuramente i giovani (37,4% sul totale partenze per espatrio da gennaio a dicembre 2017) e i giovani adulti (25,0%), ma le crescite più importanti le si notano dai cinquant’anni in su: +20,7% nella classe di età 50-64 anni; +35,3% in quella 65-74 anni; +49,8% in quella 75-84 anni e +78,6% dagli 85 anni in su.