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Padre Antonio Canavesi, "Papà Antonio" della Repubblica Centrafricana

Religioso betharramita, è morto lo scorso agosto dopo una vita spesa per gli altri

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Il 1° agosto scorso, nella comunità di Albiate (MB), è spirato padre Antonio Canavesi (1936-2019). Aveva 83 anni. Sacerdote e religioso betharramita, nella sua vita di strada ne aveva percorsa tanta, per portare la Parola del vangelo sulle vie dell'uomo.

Inviato in diverse comunità, tra cui anche quella di Roma, in questa città prestò il proprio servizio sacerdotale, presso la chiesa di Santa Maria dei Miracoli, in piazza del Popolo, affidata ai religiosi del Sacro Cuore di Betharram.

Seppur di carattere riservato, era sempre disponibile per amministrare il sacramento della Riconciliazione o quanto altro. Ma se questo riempie la vita di ogni ministro di Dio, il suo ricordo più gioioso era legato all'esperienza vissuta, in prima persona, nella fondazione della missione a Niem, nella Repubblica Centrafricana, avviata da questi religiosi.

Era il Natale del 1986 ed insieme a padre Arialdo Urbani, missionario tutt'ora impegnato in quella  Nazione, davano vita a quel campo di apostolato, cosi vasto.

Se da quel giorno di tempo ne è passato, ha lasciato un segno di bene in quella terra,nella quale hanno voluto celebrare una messa per ricordare questo sacerdote che, per il bene fatto, veniva chiamato dalle persone “Baba Antoine” che significa Papà Antonio. Ciò testimonia il suo impegno per la popolazione in cerca di una risposta alle tante domande.

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E dal nulla i Betharramiti in quei luoghi hanno dato vita e tutt'ora sostengono diverse attività fra cui è bene ricordare un progetto per garantire la scuola ai bambini del luogo, un collegio, con la medesima finalità, a Katiola, un ospedale per tutti coloro che necessitano di cure e la loro presenza che si fa pane per la gente, che tutti i giorni incontrano.

Prima di approdare in quella missione padre Antonio, a metà degli anni Ottanta, era stato in Terra Santa, a Nazareth ed in Costa D'avorio. Tanto era forte il suo amore per la vita missionaria, che seppur alla sua età, nella Repubblica Centrafricana era  voluto ritornare, anche se per un breve periodo, per sostituire un confratello. Era il 2014.

Dopo una lunga malattia, sopportata con pazienza e disponibilità, ha preso la via del cielo, che ha sempre illuminato il suo cammino di missionario e religioso, sulle orme di San Michele Garicoits, suo padre fondatore.