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Padre Francesco Pitocchi, uomo della Confessione

Redentorista, fu confessore del futuro Giovanni XXIII

La tomba di P. Pitocchi  |  | Frosinone Today - Filippo Rondinara La tomba di P. Pitocchi | | Frosinone Today - Filippo Rondinara

Un sacerdote, è sera inoltrata, bussa alla porta del Collegio di Sant'Alfonso all'Esquilino, retto dai Padri Redentoristi.

Accolto dalla gentilezza del rettore padre Douglas, il suo nome don Francesco Pitocchi.

Ricordare la testimonianza di vita di questo sacerdote è collegare il suo servizio alla Chiesa, come confessore del Seminario Romano Maggiore e vari altri incarichi. Tra i suoi alunni, cardinali,  vescovi , ma anche gente comune si ricorda  il Pontefice Giovani XXIII.

Oltre a ciò, padre Pitocchi fu un autentico religioso redentorista ed un grande innamorato del suo fondatore, Sant'Alfonso Maria de Liguori, curandone quasi da solo l'edizione critica delle opere.

Uomo di fede e di cultura, visse ed incarnò la Regola redentorista e questa fu la sua vita,  null'altro

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Nato il 22 settembre 1852, a Vico nel Lazio, prestissimo rimase orfano dei genitori vivendo con la nonna.

Donna di fede e di pietà lo educò alla religione e ad amare Dio nei fratelli che vedeva in difficoltà.

Alunno diligente, presto, scelse di diventare sacerdote. Ordinato fra il clero secolare, fu parroco della chiesa del suo paese, ma qualcosa nel suo cuore non andava o meglio, andava per il verso giusto:quello della vita religiosa.

Amatissimo dai suoi parrocchiani, con il permesso del suo vescovo, di notte uscì dal paese, per raggiungere Roma e coronare il suo sogno, divenendo redentorista.

Presbitero fu ammesso al noviziato ed inviato, con vari incarichi in diverse comunità della Provincia romana, tra cui oltre al Collegio maggiore, quella di Monterone e la parrocchia di San Gioacchino in Prati, nel quale visse, quasi dieci anni, del suo apostolato sacerdotale.

In questa sede fu, più volte, visitato dal Angelo Giuseppe Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII, in veste di alunno del Seminario Maggiore.

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Sul venerato sacerdote, suo confessore, scrisse una pagina bellissima, trattegiandone l'umiltà e quell'acutezza della mente, che altro non era che il frutto della sua santità.

Nel corso dell'esistenza fu sempre confessore e molti, religiosi che laici, attinsero alle sorgenti del suo cuore.

Il confratello Antonio Milan che visse con lui, nella casa di Sant'Alfonso, racconta che, alle volte, era talmente richiesto vi erano, anche, trenta persone in fila ad attenderlo fuori alla porta della sua stanza:riceveva tutti e sempre.

Poverissimo e paziente, visse di Dio e questo insegnò ai molti nei colloqui, ricordando come è la fiducia e la speranza la bussola che il cristiano deve guardare, per poter camminare spediti nelle tempeste della vita.

Innamorato della Madonna ne insegnò la devozione e quell'amore che lo faceva piangere di affetto, quando parlava della Bella mamma del cielo.

Moltissime le testimonianza di stima per il religioso che, alla sua morte, lasciò numerosi figli ma di più, grazie al suo insegnamento, ottimi cristiani.

Spirò 13 giugno 1922 anelando di ritrovarsi con il suo fondatore, amato in vita e ritrovato in quel Regno, nel quale la gioia è il leitmotiv dell'eterno esistere.

E' in corso il processo di canonizzazione.