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Papa Francesco: “Rifiuto ogni forma di conflitto”

Papa Francesco e Mauricio Macrì | Papa Francesco nell'incontro con il presidente argentino Mauricio Macrì | L'Osservatore Romano / ACI Group Papa Francesco e Mauricio Macrì | Papa Francesco nell'incontro con il presidente argentino Mauricio Macrì | L'Osservatore Romano / ACI Group

“Rifiuto ogni forma di conflitto”. Papa Francesco lo dice a chiare lettere al cronista politico de La Naciòn, il quotidiano nazionale argentino, arrivato appositamente da Buenos Aires a Santa Marta in Vaticano per chiedere al Papa dei presunti cattivi rapporti con il presidente Guillermo Macrì e per mettere fine alla strumentalizzazione della persona del Papa, perché in Argentina in molti dalle forze politiche si sono proclamati come portavoce della volontà papale.

Tra le varie domande, ce n’è una che invece tocca aspetti profondamente ecclesiali, ovvero il rapporto con gli ultratradizionalisti. È probabile che l’intervistatore – con un linguaggio molto politico - pensi a quanti vengono definiti settori conservatori della Chiesa, quelli che frenerebbero “l’ansia di rinnovamento” di Papa Francesco. E’ tutto da comprendere a chi si riferisca in concreto Papa Francesco, considerando che tra gli ultradizionalisti possono essere annoverati anche i lefevbriani, che hanno recentemente fatto un passo indietro riguardo la possibile riconciliazione con Roma tanto cara al Papa.

Il Papa risponde che “loro fanno il loro lavoro e io faccio il mio. Io desidero una Chiesa aperta, inclusiva, che accompagni le famiglie ferite. Loro dicono no a tutto. Io proseguo nel mio cammino senza guardarmi sui lati. Non taglio teste. Non mi è mai piaciuto. Rifiuto il conflitto. I chiodi si rimuovono facendo pressione verso l’alto. Eppure gli si mette a riposo, a lato, quando arriva l’età della giubilazione”.

Riguardo i rapporti con il governo del presidente Mauricio Macrì, il Papa dice che - quando era arcivescovo di Buenos Aires - lo ha “incontrato solo una volta in sei anni” da capo del governo della capitale, e sottolinea che “di alcuni altri problemi parliamo in privato e li risolviamo in privato, e rispettiamo sempre questo accordo con la privacy”.

L’intervistatore incalza con domande sempre di carattere politico, temi che hanno fatto discutere in Argentina, dove il dibattito politico si è fatto non da poco incandescente. Gli chiede perché abbia ricevuto ben tre ministri del governo Macrì nelle ultime settimana, e il Papa spiega che alcuni sono “vecchi amici”. Gli chiede perché ha ricevuto Hebe de Bonafini, la fondarice della Mamme di Plaza de Mayo, visto che molti lo hanno criticato per la scelta. “Lei mi ha chiesto perdono, e io non gliel’ho negato”, dice il Papa. E si riferisce a quando la Mamme di Plaza de Mayo – che sono le madri dei desaparecidos argentini – occuparono la cattedrale, come protesta per l’atteggiamento della Chiesa, ma anche alle critiche lanciate al Papa per il suo comportamento durante la dittatura militare argentina, quando era provinciale dei gesuiti.

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Composto con molti retroscena politici e ideologici che delineano lo scenario di una guerra politica difficile da descrivere per il lettore europeo, l’articolo / intervista poi affronta il tema dei portavoce del Papa, e in particolare di Gustavo Vera, descritto da alcune pubblicazioni come un “portavoce non ufficiale di Papa Francesco”. “C’è molta confusione sui miei portavoce in Argentina. Circa due mesi fa, la Sala Stampa del Vaticano ha informato ufficialmente che sono loro gli unici portavoce del Papa. Non ce ne sono altri”.

E infine, il tema della donazione del governo Macrì alle Scholas Occurentes, la fondazione che include circa 430 mila scuole nel mondo per promuovere integrazione e cultura dell’incontro: il Papa la seguiva in Argentina e che continua a seguire da Papa – la fondazione ha avuto anche approvazione pontificia.

Il governo aveva decretato una donazione 16 milioni e 666mila pesos, pari a poco più di un milione di euro, rispondendo ad una richiesta delle Scholas: la cifra corrispondeva alle spese necessarie per ristrutturare la sede centrale della fondazione in Argentina e per l’assunzione di 36 impiegati. La fondazione ha deciso di rifiutare, dopo un confronto con il Papa.

Ma fu il Papa a chiedere alla fondazione di rifiutare la donazione? Fu questa scelta in polemica con il governo? Il Papa vuole fare chiarezza, dice che le interpretazioni date sono “scorrette”, sottolinea che “ha detto ai responsabili delle Scholas, con tutta la mia gentilezza, che gli stavo mettendo in guardia riguardo eventuali tentazioni ed errori nella gestione della fondazione. In nessun modo ho alluso al governo”.

In pratica – spiega il Papa – Macrì ha saputo della fondazione dal Papa quando venne a trovarlo in Vaticano, e per questo ha accettato la richiesta delle Scholas. Ma – aggiunge il Papa – “continuo a credere che non abbiamo diretto a chiedere un peso al governo argentino quando questo ha tanti problemi sociali da risolvere”.

E il Papa chiude la porta anche ad un eventuale appoggio papale ai giudici argentini. “C’erano giudici da tutto il mondo” ad un recente convegno sulla tratta delle persone nella Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, e sei di questi erano argentini. “Alcuni hanno chiesto di potermi salutare in privato, e io ho detto sì. È successo questo e niente altro”, dice il Papa.

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