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Papa Francesco in Giappone, un incontro con i coreani sopravvissuti all’atomica

Erano circa 20 mila i coreani che si trovavano in Giappone e che hanno subito le conseguenze della bomba atomica. L’incontro potrebbe anche rappresentare un mezzo di riconciliazione

Papa Francesco in viaggio | Papa Francesco scende dalla scaletta di un aereo durante uno dei suoi viaggi internazionali | Edward Pentin / ACI Group Papa Francesco in viaggio | Papa Francesco scende dalla scaletta di un aereo durante uno dei suoi viaggi internazionali | Edward Pentin / ACI Group

Hibakusha è un termine giapponese che significa “persona colpita dalla bomba”. Dallo sganciamento delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, è diventato un termine tristemente noto e sta ad indicare i sopravvissuti. Che non furono solo giapponesi. C’erano, infatti, molti coreani deportati in Giappone. Anche loro furono colpiti dalla bomba atomica. E alcuni di questi sopravvissuti potrebbero essere portati a Nagasaki.

Il progetto è di Pax Christi Corea, e rappresenterebbe un segnale molto forte. Non solo perché gli hibakusha coreani hanno profondamente faticato a farsi riconoscere il fatto di essere stati delle vittime, ma anche tra Corea e Giappone non corre buon sangue. Tanto che una recente disputa commerciale è nata dal risentimento tra i coreani per le azioni di guerra dei giapponesi.

Papa Francesco viaggerà in Giappone dal 23 al 26 novembre, dopo una tappa in Tailandia dal 20 al 23 novembre. Il tema del viaggio in Giappone è “Proteggere tutte le vite”. Durante il viaggio, Papa Francesco toccherà le città di Hiroshima e Nagasaki, colpite dalla bomba atomica nel 1945. È in quella occasione che si dovrebbe avvenire l’incontro.

Nelle intenzioni di Pax Christi Corea, gli Hibakusha che vivono in Corea dobrebbero partecipare alla Messa di Papa Francesco in Nagasaki, e il giorno dopo incontrarsi con gli hibakusha cattolici giapponesi nel Centro Cattolico di Nagasaki. In seguito, dovrebbero muoversi a Nagasaki per incontrare gli Hibakushas giapponesi anche nella città che fu la prima vittima della bomba.

Ma perché c’erano così tanti coreani in Giappone? Durante la guerra, il Giappone portò molti coreani coscritti a Hiroshima e Nagasaki per i lavori forzati. Si stima che circa 20 mila coreani furono uccisi ad Hiroshima dalla bomba, e si stima che una vittima di Hiroshima su sette aveva antenati coreani. A Nagasaki, morirono invece 2 mila coreani. Per molti anni, i coreani hanno avuto difficoltà per essere riconosciuti come vittime della bomba atomica, e quindi gli erano stati negati benefici sanitari. Sono state molte le cause fatte allo Stato, spesso vinte.

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L’incontro tra coreani e giapponesi si andrebbe anche ad inserire in un’altra disputa tra Tokyo e Seoul. Si tratta di una disputa commerciale che riguarda un vecchio risentimento tra i coreani per le azioni di guerra dei giapponesi. La Corte Suprema della Corea del Sud ha emesso una serie di sentenze dall’ottobre 2018 che ordinano alle compagnie giapponesi di risarcire i coreani usati nei lavori forzati durante la Seconda Guerra Mondiale. Secondo il governo giapponese, la questione dei risarcimenti sarebbe invece stata risolta con un accordo delle due nazioni del 1965.

Il vescovo Tajii Katsuya di Sapporo, presidente del Consiglio per la Giustizia e la Pace della Conferenza Episcopale Giapponese, ha chiesto ai leader politici di Giappone e Corea del Sud di ridurre le tensioni tra le nazioni in una dichiarazione in lingua giapponese e coreana dal titolo “Verso la riconciliazione della relazioni governative di Giappone e Corea”.Il testo è stato diffuso il 15 agosto. Il vescovo Katsuya ha sottolineato che “Giappone e Corea dovrebbero essere importanti vicini, e i politici non devono danneggiare l’amicizia tra i popoli agendo in maniera avventata”.

Si tratta – ha detto il vescovo – di una tensione “profondamente connessa a questioni non risolte riguardo il regolamento coloniale giapponese sulla penisola coreana e il suo processo di liquidazione. Dovremmo fare attenzione a questo”. E ha poi aggiunto che l’unico modo di risolvere la crisi è con “un calmo e razionale dialogo di mutuo rispetto”.