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Papa Francesco in Slovacchia: “La croce non sia un simbolo politico"

A Presov Papa Francesco ha presieduto la Divina Liturgia Bizantina

La Divina Liturgia presieduta dal Papa  |  | Andrea Gagliarducci - ACI Stampa
La Divina Liturgia presieduta dal Papa | | Andrea Gagliarducci - ACI Stampa
La Divina Liturgia presieduta dal Papa  |  | Andrea Gagliarducci - ACI Stampa
La Divina Liturgia presieduta dal Papa | | Andrea Gagliarducci - ACI Stampa

Agli occhi del mondo la croce è un fallimento. E anche noi rischiamo di fermarci a questo primo sguardo, superficiale, di non accettare la logica della croce; non accettare che Dio ci salvi lasciando che si scateni su di sé il male del mondo. Non accettare, se non a parole, il Dio debole e crocifisso, e sognare un dio forte e trionfante. È una grande tentazione. Quante volte aspiriamo a un cristianesimo da vincitori, a un cristianesimo trionfalistico, che abbia rilevanza e importanza, che riceva gloria e onore. Ma un cristianesimo senza croce è mondano e diventa sterile”. Lo ha ricordato Papa Francesco, stamane a Prešov, presiedendo la Divina Liturgia Bizantina.

Gesù – ha aggiunto il Papa – ha scelto la croce “per salvare chiunque è disperato ha voluto lambire la disperazione, per fare suo il nostro più amaro sconforto ha gridato sulla croce: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?. Un grido che salva. Salva perché Dio ha fatto suo perfino il nostro abbandono. E noi, ora, con Lui, non siamo più soli, mai”.

Davanti alla croce bisogna aprire il cuore e piangergli dinanzi, è l’appello del Pontefice: “Se non facciamo così, la croce rimane un libro non letto, di cui si conoscono bene il titolo e l’autore, ma che non incide nella vita. Non riduciamo la croce a un oggetto di devozione, tanto meno a un simbolo politico, a un segno di rilevanza religiosa e sociale. Dal contemplare il Crocifisso scaturisce il secondo passo: il testimoniare”.

“Se si immerge lo sguardo in Gesù – ha proseguito Papa Francesco - il suo volto comincia a riflettersi sul nostro: i suoi lineamenti diventano i nostri, l’amore di Cristo ci conquista e ci trasforma. Penso ai martiri, che hanno testimoniato in questa nazione l’amore di Cristo in tempi molto difficili, quando tutto consigliava di tacere, di mettersi al riparo, di non professare la fede. Ma non potevano non testimoniare. Quante persone generose hanno patito e sono morte qui in Slovacchia a causa del nome di Gesù! Una testimonianza compiuta per amore di Colui che avevano lungamente contemplato. Tanto da somigliargli, anche nella morte”.

Oggi “la testimonianza può essere inficiata dalla mondanità e dalla mediocrità. La croce esige invece una testimonianza limpida. Perché la croce non vuol essere una bandiera da innalzare, ma la sorgente pura di un modo nuovo di vivere. Quello del Vangelo, quello delle Beatitudini”.

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“Conservate – ha concluso Francesco - il ricordo caro di persone che vi hanno allattato e cresciuto nella fede. Persone umili, semplici, che hanno dato la vita amando fino alla fine. Sono loro i nostri eroi, gli eroi della quotidianità, e sono le loro vite a cambiare la storia. I testimoni generano altri testimoni, perché sono donatori di vita. È così che si diffonde la fede: non con la potenza del mondo, ma con la sapienza della croce; non con le strutture, ma con la testimonianza”.