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Papa Francesco in Sud Sudan con gli sfollati, per la pace non si può attendere

L'incontro del Papa con i rifugiati interni nella Freedom Hall di Giuba

Papa Francesco a Giuba |  | Elias Turk- EWTN
Papa Francesco a Giuba | | Elias Turk- EWTN
Papa Francesco e i rifugiati interni  |  | Vatican media
Papa Francesco e i rifugiati interni | | Vatican media
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Papa Francesco e i rifugiati interni | | Vatican media
Papa Francesco e i rifugiati interni  |  | Vatican media
Papa Francesco e i rifugiati interni | | Vatican media

"Il futuro non può essere nei campi per sfollati". E' netto Papa Francesco nel suo discorso agli sfollati interni alla “Freedom Hall, l'edificio costruito nel 2011 dopo l’indipendenza del Paese, sala riunioni dall’Assemblea Legislativa Nazionale di Transizione.

Testimonianze, canti e il grazie del Papa nella tipica atmosfera africana, per il 2500 presenti e il Papa che ripete: "solo con la pace, la stabilità e la giustizia potranno esserci sviluppo e reintegrazione sociale. Ma non si può più attendere: un numero enorme di bambini nati in questi anni ha conosciuto soltanto la realtà dei campi per sfollati, dimenticando l’aria di casa, perdendo il legame con la propria terra di origine, con le radici, con le tradizioni". No alle marginalizzazioni, ai ghetti, si all'aiuto di tutti.

Il Papa saluta la Vice Rappresentante speciale delle Nazioni Unite Sara Beysolow Nyanti che "ha guardato negli occhi le madri assistendo al dolore che provano per la situazione dei figli".

E a chi sceglie la fraternità e il perdono il Papa dice: " state coltivando un domani migliore" e "sarete voi gli alberi che assorbiranno l’inquinamento di anni di violenze e restituiranno l’ossigeno della fraternità".

E parla di "una nuova narrativa dell’incontro" Papa Francesco "dove quanto si è patito non sia dimenticato, ma venga abitato dalla luce della fraternità; una narrativa che metta al centro non solo la tragicità della cronaca, ma il desiderio ardente della pace". Un grazie agli operatori umanitari e una benedizione speciale ai bambini.

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I "rifugiati interni" o meglio "Internally Displaced Persons" iniziano il loro calvario nel 2013, quando conflitti e violenze su larga scala in tutto il Paese hanno portato le persone a fuggire dalle proprie case in cerca di sicurezza. Molti hanno trovato riparo in prossimità delle basi dell’UNMISS,

la missione delle Nazioni Unite nel Sud Sudan. In diverse località del Paese, tra cui Giuba, Melut, Wau, Bor, Bentiu e Malakal, la Missione ha accolto le popolazioni nei, siti per la protezione dei civili. L’UNMISS ha poi gradualmente trasferito alcuni siti in campi di sfollamento convenzionali sotto il controllo del governo. In questi campi per sfollati interni le autorità hanno fornito sicurezza e protezione, nonostante tutta una serie di problematiche, legate alle cattive condizioni di vita, al

sovraffollamento, agli alti livelli di criminalità, alla mancanza di accesso a servizi di base e strategie di risposta limitate. A gennaio 2022 erano circa 33.000 le persone presenti nei campi per sfollati interni di Giuba, rispetto alle 31.000 segnalate nel gennaio 2021.

In questa come nelle altre tappe del viaggio erano presenti l’Arcivescovo di Canterbury e il Moderatore dell’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia.